Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza
/

Roma non alza muri

La situazione dei transitanti nella capitale e le attività di Baobab Experience, di Roberto Viviani

Roma è una città che dorme. O meglio, le sue istituzioni dormono. Dormono quel sonno di chi ha riposato troppo, di chi sa che dovrebbe fare tante cose e, spaventato, continua a rimanere a letto.

baobab_1.jpg

(Marcia dei piedi scalzi – 11 settembre 2015)

Questo post parla della situazione dei migranti transitanti e di quello che è successo e sta succedendo intorno a via Cupa, perché questo è il terreno in cui ci muoviamo. Non dimentichiamo, però, le altre realtà che da anni soffrono del sonno delle istituzioni: dalle occupazioni di Selam Palace, di via Curtatone, della Collatina e le altre in giro per la città fino ai centri di accoglienza istituzionali, dove gli operatori sono spesso senza stipendio e costretti ad improvvisare l’accoglienza con i pochissimi mezzi che vengono forniti loro.

Quello che c’è stato

L’emergenza del 2015: da ponte mammolo a via Cupa
Domani, 11 maggio 2016, sarà passato esattamente un anno dallo sgombero della baraccopoli di Ponte Mammolo, punto di inumano alloggio temporaneo per migliaia di migranti diretti verso altre destinazioni nel Nord Europa: nessuna soluzione alternativa per l’accoglienza dei transitanti è ancora stata realizzata né progettata o almeno pensata.
Contemporaneamente, però, una grande parte della cittadinanza ha preso coscienza della presenza di coloro che erano chiamati “invisibili”, relegati fino a qualche settimana prima ai margini della città e si è attivata per garantire loro un’accoglienza degna, per reagire alle ruspe mandate a Ponte Mammolo e alle cariche della polizia contro i migranti alla stazione Tiburtina.

Così è nato, poco meno di un anno fa, quel movimento spontaneo chiamato Baobab Experience.

baobab_2.jpg
(L’opera di Alice Pasquini in via cupa, di fronte al centro Baobab settembre 2015)

Pensavamo di dover solamente aspettare che le istituzioni si svegliassero, di doverci limitare a pochi giorni di aiuto, ed invece siamo ancora in prima linea nell’accoglienza dei migranti, transitanti e non, a Roma.
Nel frattempo le istituzioni locali hanno cambiato rappresentanti, ma il commissariamento della città non ha alterato l’immobilismo e l’ingiustificata atarassia del Campidoglio, culminata con lo sgombero e la chiusura del centro Baobab (per motivi legati alla restituzione dello stabile al proprietario delle mura) e il tradimento delle promesse fatte da parte del Commissario Tronca e del Subcommissario Vaccaro nell’incontro privato con gli attivisti tenutosi il 6 Dicembre 2015.
Il piano (o forse è meglio dire “improvvisazione”) di sgombero del Baobab prevedeva l’individuazione immediata e la preparazione di una nuova struttura per i transitanti entro la primavera 2016, con un tavolo che coinvolgesse anche le diverse realtà che, durante l’emergenza dell’estate 2015, avevano contribuito a garantire non solo l’accoglienza ai migranti, ma anche l’ordine pubblico e a tenere sotto controllo le condizioni sanitarie.
Come detto, nulla è ancora stato fatto.
Il comportamento delle istituzioni romane non si discosta da quello delle istituzioni europee: si muovono lente in un contesto di emergenza che loro stesse hanno creato, creando ciclicamente una nuova emergenza. Un cane che si morde la coda.

Il presidio davanti ai cancelli
Dallo sgombero ad oggi, abbiamo continuato a presidiare i cancelli chiusi del centro utilizzando due piccoli gazebo e un camper donato da MEDU. Il numero di arrivi di migranti in città è diminuito a causa della stagione invernale, ma via Cupa ha continuato a rimanere un crocevia per i nuovi arrivati. Così il presidio di fortuna è servito a (cercare di) trovare un tetto ai migranti insieme alla Sala Operativa del dipartimento alle politiche sociali del Comune.
Anche in questo caso il Campidoglio si è rivelato impreparato e del tutto inconsapevole di ciò che stesse accadendo. Per venire incontro alla chiusura del Baobab è stato anticipato di qualche settimana l’inizio del “piano freddo” con l’apertura o l’ampliamento di strutture comunali destinate all’accoglienza: l’ennesima toppa messa lì per tentare di arginare una falla ben più grande che riguarda tutto il sistema dell’accoglienza romana.
I posti previsti si sono rivelati troppo pochi (oltre che dislocati nelle periferie-ghetto), per cui in moltissimi casi non si è trovato un tetto per i migranti passati da via Cupa. Altre volte, un tetto è stato trovato solo grazie all’attivazione di canali “personali”: tra dicembre, gennaio e febbraio molti migranti in transito hanno temporaneamente alloggiato in istituti religiosi, in palestre private e addirittura in sedi di partiti ed associazioni, improvvisate come dormitori.
L’inverno ci ha messo di fronte ad una nuova situazione: la presenza di migranti stanziali, la quasi totalità in possesso di permesso di soggiorno ed esclusi da qualsiasi programma di accoglienza, o per sopraggiunti termini del progetto a cui erano stati assegnati o, semplicemente, per mancanza di posti.
Parallelamente, per i cosiddetti transitanti, l’unica sede di accoglienza è rimasta la struttura della Croce Rossa Italiana in via del frantoio (55 posti letto), nel quartiere Tiburtino III.
L’assurdità sta nella classificazione di “transitante” imposta dal dipartimento delle politiche sociali: non in base alla permanenza a Roma per un tempo limitato, ma alla provenienza. Per cui siriani ed eritrei sono “transitanti” e possono alloggiare lì, ma etiopi, somali, nordafricani e afghani –ad esempio- no, nonostante la loro volontà di andarsene dopo pochi giorni e la disponibilità del personale della Croce Rossa ad ospitarli.
Se non c’è malafede o incompetenza, c’è sicuramente uno uso arbitrario delle definizioni.

Una nuova sede, una nuova accoglienza: l’ex istituto ittiogenico
Preso atto della totale incapacità da parte delle istituzioni di comprendere il fenomeno migratorio a cui sta andando incontro la città di Roma, abbiamo iniziato a lavorare in maniera autonoma per trovare una soluzione di lungo periodo, strutturata e progettuale. Già il 15 dicembre, nell’unico incontro concessoci dal subcommissario Vaccaro in Campidoglio, abbiamo presentato il nostro progetto per continuare ad offrire un modello di accoglienza alternativo, che coinvolga le professionalità del settore, soprattutto per il supporto sanitario (MEDU, MSF, IMES…), legale (CIR, A buon diritto) e per i minori non accompagnati (Intersos, Save The Children) e che non si limiti a fornire assistenza.

La prima necessità è stata individuare un sito abbastanza grande da accogliere, soprattutto nei mesi estivi, centinaia di persone. Il Comune di Roma ha imposto un vincolo ai volontari: la sede non deve appartenere a privati, ma all’amministrazione capitolina o ad un’altra istituzione pubblica. Inoltre – parole testuali del commissario Tronca-la struttura deve trovarsi vicino ad una delle due principali stazioni di Roma, Termini o Tiburtina, con quest’ultima come prima scelta.

Su queste basi abbiamo individuato nell’ex Istituto Ittiogenico un luogo che corrisponde ai criteri indicati dal Comune e soddisfa i requisiti necessari per replicare e migliorare l’accoglienza degli ultimi 7 mesi.
L’ex Istituto Ittiogenico è un vecchio centro di ricerca (aperto nel 1895) nel quale si allevavano pesci d’acqua dolce al fine di ripopolare fiumi e laghi. E’ situato in via della stazione tiburtina 11, adiacente alla stazione dei bus, ed è di proprietà della Regione Lazio. L’area, attualmente in stato di abbandono, comprende due stabili e un grande giardino, per un totale di più di 6.000 m2: attualmente è una discarica a cielo aperto.

baobab_3.jpg

L’ex istituto ittiogenico ha le caratteristiche per poter essere il luogo fisico dove riproporre il nuovo modello di accoglienza sperimentato quest’estate.
Il modello di accoglienza che proponiamo è nuovo perché non si limita all’assistenzialismo o ad una gestione prettamente burocratica dei migranti che molte volte hanno i centri istituzionali.

Non è solo di una maglietta pulita e di un pasto caldo, quello di cui ha bisogno chi arriva qui.

Gli ospiti che sono passati e che passano a Roma vengono da un viaggio terribile di 6, 8 o 10 mesi e si trovano ad un solo giorno di distanza dalla loro meta finale. Alcuni di loro non vedono l’ora di arrivare a destinazione e togliersi le scarpe, senza aggiungere altro carico emotivo al loro bagaglio.
Ma al tempo stesso qui incontrano il primo contatto umano dopo essere passati da trafficanti a militari o polizia. Non possiamo limitarci a seguire protocolli e offrire loro cibo e vestiti, non vogliamo che trovino solo formalità ed assistenza.

baobab_4.jpg
(Partita di basket in via cupa – agosto 2015)

Il museo della migrazione
L’ampio spazio dell’ex-istituto ittiogenico e la presenza di due edifici all’interno del comprensorio, consentirebbero inoltre di portare avanti un altro progetto pensato da tempo: la creazione di un museo della migrazione, dove raccogliere testimonianze e studi, organizzare seminari ed incontri e soprattutto coinvolgere gli istituti scolastici per lo sviluppo di attività didattiche da svolgere all’interno insieme agli alunni.
L’obiettivo è sviluppare un luogo in cui memoria storica e presente viaggino fianco a fianco, dove i visitatori del museo possano poi ascoltare le storie dei migranti appena sbarcati, vedere i loro volti segnati e non solo pensarli come numeri o ricordi conservati in un museo.
La collaborazione con gli istituti scolastici, rientra nelle attività già sperimentate questa estate: sono passati da via Cupa a vedere da vicino l’accoglienza ai migranti, istituti elementari, scuole medie e licei.
La diffusione di una cultura dell’accoglienza è di certo quello a cui bisogna tendere nel lungo termine.

Lo sgombero
Nessuna delle nostre richieste di incontro e di approfondimento è stata presa in considerazione.
Di contro, in questi 12 lunghi mesi in cui i cittadini di Roma si prendevano carico dell’accoglienza dei transitanti, il Campidoglio non ha saputo far altro che sbagliare (del 400%) una stima sui lavori per il riqualificazione del Ferrhotel (individuato già Giugno 2015 dall’ex assessore alle politiche sociali Francesca Danese) in centro di accoglienza.

Con la primavera gli arrivi al presidio di via cupa, sono andati via via aumentando e ci siamo resi conto che non c’era più tempo per aspettare: proprio perché rifiutiamo la logica emergenziale, sappiamo che l’ex istituto ittiogenico necessita di alcuni interventi prima di poter ospitare almeno una tendopoli all’interno del suo giardino.
Per questo sabato 16 Aprile abbiamo deciso, dopo più di 4 mesi di silenzio e mancate risposte, di entrare all’interno senza ulteriori attese: nonostante la Regione non abbia richiesto la nostra uscita dall’immobile di sua proprietà, le forze dell’ordine hanno eseguito gli ordini, provenienti direttamente dal ministero dell’interno, sgomberando l’ex-centro ittiogenico dopo poche ore.

baobab_5.jpg
L’entrata nell’ex istituto ittiogenico – 16 Aprile 2016

La riqualifica di un giardino abbandonato, la possibilità di farlo diventare un centro di nuova accoglienza col coinvolgimento della cittadinanza tutta, suscita evidentemente molta più indignazione e preoccupazione dei migranti costretti a dormire in strada.

Quello che ci sarà

“L’esperienza non è ciò che accade a un uomo. È quello che un uomo fa con ciò che gli accade.” (Aldous Huxley)

Roma continua a dormire pesantemente e noi siamo costretti a recitare l’odioso ruolo di chi cerca di svegliarla, cercando in tutti i modi di far capire che è già tardi, molto tardi.
L’occupazione dell’ex istituto ittiogenico non è stata tentata per toglierci uno sfizio, ma perché da mesi tutti i dati a disposizione ci mostrano come gli sbarchi sulle coste italiane siano in aumento rispetto allo scorso anno e come il sistema “hotspot+relocation” sia l’ennesima soluzione improvvisata dall’Unione Europea che sta fallendo in tutti i suoi scopi, eccetto quello di privare di dignità e libertà i migranti.

Il risultato è quello della foto qui sotto: la tendopoli che poteva essere realizzata con calma, organizzazione e partecipazione nello spazio chiuso e protetto dell’ex istituto ittiogenico, è invece nata spontaneamente davanti i cancelli chiusi del centro Baobab, sull’asfalto. Stanotte (10 maggio 2016) saranno 25 i migranti a dormire in strada.

baobab_6.jpg

Tendopoli in via cupa (9 Maggio 2016)

I muri sulla rotta balcanica non fermano la marcia dei migranti e uno sgombero non ferma la nostra idea di accoglienza e convivenza. E’ ora di svegliarsi.