Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Saluzzo – Sanatoria generalizzata, diritti e sistemazione dignitosa per i braccianti agricoli

Photo credit: Federico Tisa e Ilaria Ippolito

Saluzzo, 13 aprile 2020 – L’agricoltura italiana, al nord come al sud, ha bisogno di manodopera straniera, sembra un paradosso ma è la realtà. A Saluzzo ormai da dieci anni questa manodopera la assicurano i braccianti provenienti dall’Africa sub-sahariana che puntualmente, al loro arrivo, suscitano polemiche a non finire legate soprattutto alla precarietà delle condizioni di vita che sono costretti a subire, privi di una sistemazione abitativa, in bilico tra lavoro e non-lavoro, ostaggi della burocrazia legata al permesso di soggiorno.

A complicare ulteriormente una situazione insostenibile per chiunque, quest’anno è arrivata la pandemia da Covid-19 che ha imposto norme severe sul distanziamento sociale, la mobilità delle persone, l’uso dei dispositivi di protezione individuale. L’inizio della stagione di raccolta non è poi così lontano: a fine maggio si comincia con i piccoli frutti, sono già in corso le operazioni di diradamento, la sistemazione delle reti antigrandine e altri lavori preparatori propri di questo primo scorcio di stagione. Chi è riuscito a fermarsi sul territorio sta lavorando, alcuni datori di lavoro telefonano ai propri braccianti di fiducia sparsi per l’Italia o che hanno svernato nei paesi d’origine affinché raggiungano le aziende locali. Da sempre aprile è il mese degli arrivi e l’area del Foro Boario a Saluzzo è solitamente il primo luogo di approdo per le avanguardie di chi è in cerca di un’occupazione nelle campagne.

Il PAS (progetto Prima Accoglienza Stagionali) negli anni 2018 e 2019 è stato il tentativo istituzionale per far fronte al problema abitativo e contenere gli insediamenti informali. Quest’anno, ovviamente, non potrà aprire i battenti vista la situazione attuale e i seri problemi di sovraffollamento e di condizioni igienico-sanitarie precarie che lo hanno caratterizzato. Verrà quindi a mancare il pilastro delle politiche di accoglienza a livello locale, il cosiddetto “Modello Saluzzo” che, come a Rosarno, si basa sulla “forma campo” (se là è una tendopoli azzurra, qui è una caserma dismessa di proprietà comunale).
Se le braccia necessarie all’agricoltura non potranno arrivare, chi la raccoglierà la frutta? Ecco allora il grido di allarme del sindaco di Saluzzo, le immediate richieste delle organizzazioni imprenditoriali preoccupate di restare senza la preziosa manodopera e le prese di posizione strumentali delle forze politiche di destra.

Molti pensano che il problema si possa risolvere attraverso un decreto flussi e la creazione di “corridoi verdi” per far arrivare i lavoratori dai paesi europei ben sapendo che i flussi non sono mai stati realmente una risorsa in tal senso perché troppo macchinosi e perché l’offerta di manodopera a buon mercato già presente sul territorio nazionale è sempre stata ampiamente sufficiente: molto più semplice e senza troppi obblighi per le imprese. Contemporaneamente Coldiretti ne approfitta per tornare alla carica con i famigerati voucher agricoli e per chiedere una maggiore flessibilità e semplificazione per le assunzioni. Dove per semplificazione e flessibilità solitamente significa smantellare le poche tutele rimaste ai lavoratori stagionali. All’insegna “del prima gli italiani” potranno lavorare nelle campagne: pensionati, studenti, disoccupati, cassintegrati, percettori del reddito di cittadinanza; ammesso che qualcuno di loro accetti un lavoro così duro, mal pagato ed estremamente precario.

Sono anni che diciamo che il cuore del problema è il lavoro e forse ci voleva proprio una situazione tragica come quella attuale per far emergere tutti i nodi irrisolti e le contraddizioni. In questi giorni ci arriva forte la voce dei migranti bloccati nei ghetti del sud, in condizioni indecenti aggravate dall’obbligo di dimora, molti dei quali conosciuti gli anni scorsi a Saluzzo e con i quali abbiamo costruito relazioni e condiviso percorsi di resistenza. Con loro e per loro lanciamo un appello a tutti i soggetti coinvolti per affermare ancora una volta che i braccianti africani sono indispensabili per l’economia locale e producono ricchezza per il territorio e quindi chiediamo:

– un provvedimento di sanatoria generalizzata per tutte le persone sprovviste di titolo di soggiorno e per coloro che hanno procedure in corso al fine di favorire la libertà di movimento su tutto il territorio;

– di adottare dei provvedimenti concreti per una sistemazione dignitosa dei lavoratori presso le aziende; di superare la creazione di grandi concentrazioni di lavoratori in un unico luogo e di favorire l’accoglienza diffusa sul territorio; di istituire dei fondi di garanzia per chi vuole affittare una casa e avviare percorsi di vita autonoma al di fuori dell’assistenzialismo;

– la tutela dei diritti di tutti i lavoratori, italiani e stranieri, in primo luogo il diritto ad un salario equo, contratti congrui ed alla sicurezza sui luoghi di lavoro, affinché non siano ancora una volta i lavoratori a pagare il prezzo più alto dell’ennesima crisi. Da questo punto di vista il requisito iniziale è l’incontro tra domanda e offerta di lavoro attraverso i centri per l’impiego pubblici.

In questi tempi bui, la solidarietà, quella sì, sia contagiosa. Sperando di incontrarci presto all’uscita del tunnel!