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Samos – Il sostegno solidale degli isolani ai rifugiati

Report giornalieri dalla staffetta #overthefortress (in aggiornamento).

31 dicembre

Oggi è stata la prima vera giornata di lavoro. Dopo una rapida colazione ci siamo divisi in due gruppi. Due di noi sono andati alla warehouses, una sorta di grande magazzino concesso dal comune in cui vengono portate le donazioni. Anche se apparentemente secondario, qui il lavoro è molto importante: tutti i beni vengono suddivisi per poi essere immediatamente ridistribuiti al porto. Le cose di cui le persone che sbarcano sull’isola hanno più bisogno, essendo costantemente in viaggio, sono scarpe, calzini, giacconi, zaini, biancheria intima che però scarseggiano.
Questo grande lavoro di raccolta e distribuzione di donazioni è partito spontaneamente da un gruppo di cittadini solidali di Samos, i quali hanno anche dato il via ad una catena di raccolta che si è estesa in tutta Europa. Attualmente questa rete spontanea di volontari è il principale gruppo organizzato che distribuisce vestiti al porto.
Il lavoro al porto, a cui si sono dedicati gli altri due attivisti, non è molto difficile anche se è decisamente duro sia umanamente che fisicamente. L’attività primaria consiste nel dare supporto a tutte quelle persone che sbarcano in giornata, le quali, il più delle volte, giungono a riva bagnate dal mare. Queste persone hanno la precedenza nel ricevere pantaloni, scarpe e calzetti asciutti. L’operazione si tiene nella “cabina” che è aperta dalle prime ore del mattino fino alle 21 circa per poter far fronte agli arrivi improvvisi.
Un’altra attività che si svolge al porto è la distribution che consiste nel dare ai rifugiati ciò di cui hanno bisogno tenendo sempre conto che i beni scarseggiano e che questi vanno tenuti per le emergenze o per coloro che si stanno imbarcando per la penisola greca, da dove continueranno la lunga odissea verso gli altri Stati europei. Grazie alla distribution i migranti che sostano più a lungo nell’isola hanno la possibilità di poter scegliere alcuni capi di cui hanno più bisogno, come cappotti, maglioni, pantaloni ecc.
Il gruppo di cui facciamo parte si occupa anche della distribuzione dei pasti. Questi vengono preparati dalle donne di Samos direttamente nelle loro abitazioni. Un’importante figura che è spesso presente al porto è il dottor Manos, l’unico medico che effettivamente visita i profughi in caso di emergenza.
Tra le molteplici e differenti nazionalità presenti al porto incontriamo anche qualche persona curda e yazida. Alcune di loro sono scappate dal massacro di Shengal (gli attacchi delle bande di ISIS a Shengal sono iniziati il 3 agosto 2014 costringendo centinaia di migliaia di persone ad abbandonare le loro terre. Il 14 novembre 2015, un giorno dopo dopo la liberazione della città da Daesh grazie alle forze curde e yezide, è stata scoperta una fossa comune di decine di donne giustiziate da ISIS).
Un ragazzo curdo di circa 25 anni – non riveleremo il suo nome per una questione di tutela – ci racconta brevemente la sua storia. Ci racconta della crisi siriana e del suo viaggio iniziato più di due anni fa. In Siria studiava ingegneria petrolifera e allo scoppio dei conflitti è partito in aereo con la sua famiglia per il Libano dove ha soggiornato per due anni in attesa del visto per la Turchia. Dalle coste turche, dopo ben sette tentativi falliti a causa della marina turca, ha finalmente raggiunto le coste greche e la “fortezza europea”.
Ci rimangono impresse queste sue parole: “Alcune persone non capiscono che noi amiamo la nostra casa ma siamo costretti ad andare via. In Siria potevamo essere uccisi ogni giorno, bastava uscire di casa e magari incontravi qualcuno con una pistola e… bum, eri morto! Per noi essere qui è come un sogno”.

Il primo giorno dell’anno è incominciato con una grande festa organizzata dai volontari all’interno del tendone principale del campo, allestito per l’occasione con un grande albero di Natale pieno di regali per i bambini. La festa è proseguita per tutta la giornata con musica balli e divertimento.
Nel pomeriggio siamo stati di turno all’emergency room. A causa delle condizioni climatiche non ci sono stati nuovi arrivi, poiché imbarcarsi con questo freddo è molto pericoloso vista la poca stabilità e il sovraffollamento delle imbarcazioni. Queste, infatti, potrebbero ribaltarsi o rompersi e le persone rischierebbero di rimanere in acqua diverse ore prima dell’arrivo dei soccorsi. Abbiamo comunque distribuito abiti pesanti e scarpe a chi la sera avrebbe preso il traghetto verso Atene.
Quando i profughi arrivano a Samos devono fornire le proprie generalità alla polizia greca presente al porto, farsi identificare e raccogliere le impronte digitali. A ciascuno viene assegnato un numero identificativo: da questo momento in poi devono aspettare di essere richiamati per ricevere un permesso di viaggio con il quale possono poi acquistare il biglietto per la nave verso Atene e continuare il loro viaggio verso la rotta balcanica.
Il tempo di attesa varia a seconda della nazionalità di provenienza. I primi ad essere richiamati sono i siriani, il cui tempo di attesa di solito è di un paio di giorni, poi ci sono gli iracheni e gli afgani che restano sull’isola per circa una settimana; di seguito tutti gli altri di diversa nazionalità.
Nella serata abbiamo assistito alla partenza di alcuni rifugiati verso Atene. Questo è un momento veramente emozionante visto il legame che viene a crearsi con loro. Molti volontari sono presenti in questo momento per accompagnarli all’imbarco e augurare a tutti loro buona fortuna.

4 gennaio

Nonostante il mal tempo, che si è manifestato tramite pioggia e forte vento, nella nottata tra il 2 e 3 gennaio sono arrivati nuovi rifugiati. Alcuni si sono persi sulle montagne dell’isola ma sono stati recuperati, dopo diverse ore, da alcuni persone dell’isola. Diversi migranti ci hanno riferito che non volevano salire sulla barca a causa del mare mosso e delle condizioni atmosferiche avverse, ma sono stati costretti a salire a forza dai trafficanti di esseri umani armati di pistole. Veniamo a conoscenza dell’ennesimo episodio tragico: un bambino di due anni è morto affogato, faceva parte di un gruppo di 39 persone che hanno tentato di raggiungere l’isola di Agathonisi. I feriti, che si erano temporaneamente riparati sotto una baracca sull’isola sono stati trasportati qui, a Samos. Queste sono le conseguenze di un Europa chiusa, che affida la vita di migliaia di esseri umani a spietati scafisti mossi solo dalla brama di denaro. La stessa Europa che stanzia miliardi al terrorista Erdogan per bloccare il flusso migratorio in quella prigione a cielo aperto che sta diventando la Turchia.

Isola di Samos – staffetta #overthefortress

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