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Sanatoria 2012 – Permesso per attesa occupazione quando il rigetto è causa del datore di lavoro

a cura dell'Avv. Claudio Falleti

In premessa pare opportuno fare alcune precisazioni sulle regioni che giustificano l’impugnazione dei provvedimenti di rigetto delle istanze di riesame ai fini dell’applicazione della disciplina introdotta dall’art. 9, comma 10, d.l. 28 giugno 2013, convertito dalla legge del 9/8/2013 n. 99, volta al rilascio del permesso di soggiorno per attesa occupazione, precisazioni necessarie in riferimento all’attività istruttoria condotta dalle Prefetture.
Con il d.lgs. 109/12 in attuazione della direttiva 2009/52/CE, vengono introdotte le norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare.
L’art. 5 del sopracitato decreto prevede anche una disposizione transitoria che dà ai datori di lavoro, che già impiegano irregolarmente lavoratori stranieri extracomunitari, la possibilità di ravvedersi per non incorrere nelle nuove e più severe sanzioni penali oggi previste, presentando dal 15 settembre al 15 ottobre 2012 una dichiarazione di emersione per regolarizzare i rapporti di lavoro irregolari che siano in corso da almeno 3 mesi alla data di entrata in vigore del d.lgs. 109/2012 e dunque almeno dal 9 maggio 2012.
Il Decreto Interministeriale dell’Interno del 29 agosto 2012 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 7.9.2012) ha stabilito le modalità di presentazione della dichiarazione di emersione del rapporto di
lavoro irregolare, le modalità di pagamento del contributo forfetario di € 1.000 per ciascun lavoratore, per la regolarizzazione delle somme dovute dal datore di lavoro a titolo retributivo, contributivo e fiscale e i limiti di reddito imponibile richiesti per il datore di lavoro per l’emersione del rapporto di lavoro irregolare.

La finalità perseguita dall’art. 5 del d.lgs. 109/2012 è quella di fare emergere il lavoro irregolare.
Con la successiva emanazione del decreto legge n. 76/13 convertito in L. 9.08.13 n. 99, le modifiche introdotte al d.lgs. 109/12, dall’art.9 comma 10: tutelano i lavoratori destinatari della regolarizzazione dalle conseguenze di carenze e/o inadempienze a loro non imputabili”.
La ratio della norma è evidente, tutelare il lavoratore difronte a carenze ed inadempienze commesse dal datore di lavoro.
Il DL 76/13 prevede pertanto il rilascio di un permesso di soggiorno per attesa occupazione in favore del lavoratore la cui domanda di emersione sia stata rigettata per “causa imputabile esclusivamente al datore di lavoro”, laddove per imputabilità s’intende un fatto che può essere attribuito a qualcuno o del quale qualcuno può essere ritenuto responsabile.

Ai fini dell’applicazione della disciplina prevista dal DL 76/13, i lavoratori stranieri depositano presse la Prefettura istanze di riesame ed annullamento in autotutela nei confronti dei provvedimenti con i quali gran parte degli Sportelli Unici per l’Immigrazione rigettano la domande di emersione da lavoro irregolare per insufficienza reddituale del datore di lavoro ravvisando l’assenza dei requisiti previsti dal DL. 76/13 senza argomentare in maniera logica ed approfondita i motivi di questa esclusione.

E’ importante sottolineare che il datore di lavoro ha degli obblighi ben precisi richiamati dalle disposizioni normative, dalle quali emergono altresì specifiche responsabilità che le Prefetture omettono di considerare sussistenti per attribuire l’imputabilità della causa di rigetto esclusivamente al comportamento del datore di lavoro.
Il primo riferimento ad una responsabilità datoriale emerge dalla Direttiva comunitaria 2009/52/CE “madre” del d.lgs. 109/12, la quale stabilisce che “bisogna garantire che il datore di lavoro, per ogni violazione del divieto di assunzione illegale, sia responsabile:

  • a) del pagamento delle retribuzioni nei confronti del lavoratore assunto illegalmente, in misura almeno pari a quella prevista dalle legge o dalla contrattazione collettiva, nel rispetto delle disposizioni nazionali ( art. 6, par. 1, lett. a );
  • b) del pagamento di tutte le imposte ed i contributi previdenziali, incluse le penalità di mora e le sanzioni amministrative (art. 6, par. 1, lett. B ).

Il secondo riferimento alla responsabilità del datore di lavoro emerge con il d.lgs. 109/12 il quale afferma in via legislativa la sussistenza dell’obbligo del datore di lavoro di versare i contributi previdenziali per la prestazione di lavoro resa dallo straniero “irregolare”.
In tal modo il legislatore, pur se con una ellisse, ha riconosciuto espressamente – in piena attuazione delle specifiche prescrizioni sul punto fissate nella direttiva comunitaria – che nelle ipotesi di rapporto di lavoro con uno straniero privo di valido titolo di soggiorno è comunque dovuta dal datore di lavoro la retribuzione, che questa costituisce base imponibile per l’obbligazione fiscale e contributiva, e che su dette somme sono dovuti gli accessori di legge.

Da quanto premesso emergono chiaramente precisi doveri in capo al datore di lavoro con puntuali responsabilità in caso di sua inadempienza.
La procedura di emersione da lavoro irregolare è rivolta, in special modo, alla tutela degli interessi del lavoratore irregolare, ai fini della sua eventuale regolarizzazione sul territorio nazionale…. La sanatoria non può essere lasciata alla discrezione del datore di lavoro che potrebbe non aver più interesse a perfezionare il contratto di soggiorno ……

Diversamente si darà atto del perfezionarsi della procedura di regolarizzazione e del tempo di durata del contratto di lavoro e dovrà trovare applicazione il principio di generale favor per il lavoratore straniero di cui all’art. 22, comma 11, del d.lgs. n. 286 del 1998, norma che – come è noto – consente allo straniero che abbia perso il posto di lavoro la possibilità di ottenere, comunque, un permesso di soggiorno per attesa occupazione (cfr. TAR Lombardia, Milano, sez. IV, n. 7528 del 2010; TAR Piemonte, sez. II, n. 1315 del 2011, n. 358 del 2012 e n. 84 del 2013 Tar Piemonte, Torino, sez. II, n. 218 del 2013).

Sul punto la Prefettura di Alessandria – Sportello Unico per l’Immigrazione, pronunciandosi sull’istanza di emersione dal lavoro irregolare presentata ai sensi dell’art. 5 del D.lgs. n. 109/2012, la respingeva sul rilievo che il datore di lavoro era risultato sprovvisto del reddito imponibile minimo richiesto dalla normativa di settore ai fini della regolarizzazione dello stesso.
Il lavoratore straniero proponeva istanza di riesame allo stesso Ufficio, invocando i disposti dell’art. 9 comma 10 del D. L. 28 giugno 2013, n. 76.

Con successivo provvedimento, la Prefettura di Alessandria – Sportello Unico per l’Immigrazione respingeva l’istanza di riesame rilevando che non era risultata comprovata la sussistenza del rapporto di lavoro, così come richiesto dal predetto D. L. 76/2013, dal momento che l’interessato non aveva documentato la “correntezza e correttezza” dei versamenti previdenziali, avendo documentato i predetti contributi solo con riferimento al secondo trimestre 2012, mentre non era stato documentato il versamento degli stessi contributi in relazione alla restante parte del 2012 e al primo trimestre 2013.

Il lavoratore straniero ha quindi impugnato quest’ultimo provvedimento dinanzi al TAR Piemonte e ne ha chiesto l’annullamento sulla scorta di sei motivi, con i quali ha dedotto l’illegittimità dell’atto impugnato sotto plurimi profili di violazione di legge e di eccesso di potere.
All’udienza in camera di consiglio del 23 gennaio 2014, la causa è stata trattenuta per essere decisa con sentenza in forma semplificata, sussistendone i presupposti di legge e datone avviso alle parti presenti.
Il ricorso è stato ritenuto fondato e per l’effetto è stato disposto l’annullamento dell’atto impugnato ai fini del rilascio al ricorrente di un permesso di soggiorno per attesa occupazione.