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Sanatoria: commento alle recenti circolari dei Ministeri del Lavoro e dell’Interno

Le recentissime circolari diramate dal Ministero dell’Interno e del Lavoro solo ufficialmente e formalmente vanno incontro alle segnalazioni provenienti dagli sportelli U.T.G. riguardanti l’emergenza dei regolarizzandi che hanno perso il posto di lavoro e che avrebbero trovato un nuovo datore disposto ad assumerli.
Dico solo formalmente perché il nuovo datore di lavoro non può subentrare immediatamente nella procedura di regolarizzazione. Anche se può presentare subito la domanda di subentro al posto del precedente datore di lavoro non può assumere immediatamente il lavoratore (viene sottolineato a chiare lettere nella circolare del Ministro Maroni). Dovrà aspettare la convocazione e sappiamo che i tempi sono lunghissimi.
A nulla serve la prevista priorità disposta dal Ministero del Lavoro alle pratiche di subentro perché di fatto non è possibile recuperare la pratica dell’interessato dal Centro elaborazioni dati di Roma.

Quindi per questa situazione è stata fornita una possibilità di soluzione che nella pratica vede confermata la condanna dei lavoratori immigrati che hanno perso il posto di lavoro a lavorare in nero per tutto il tempo di attesa della convocazione. Gli stessi datori di lavoro sono esposti al rischio di un procedimento penale. Infatti, se si dovesse ritenere fondata l’interpretazione dei ministeri, cioè che la nuova assunzione in attesa della convocazione costituisce un reato (art. 22 comma 12 T.U.: assunzione di un lavoratore senza permesso di soggiorno) anche versando i contribuiti e facendo tutte le denunce previste dalla legge, i datori di lavoro non potrebbero sottrarsi ad un procedimento penale.

Siamo fortemente dubbiosi sulla fondatezza di questa tesi, che sembra adottata per motivi più politici che giuridici dai ministeri citati. Facciamo fatica a credere che nel momento in cui un datore di lavoro assume in modo assolutamente regolare si renda colpevole di un reato, perché ha assunto in regola senza violare nessun diritto e ha assunto in regola una persona obbligata a stare in Italia (non può tornare a casa e rientrare in Italia fino alla fine della sanatoria) e che ha il diritto di lavorare e perfezionare la procedura di regolarizzazione.

Si tratta di una questione interpretativa che prima o poi ci auguriamo sia sciolta dalla magistratura. Ovviamente a condizione che si sottopongano alla magistratura “casi pilota” che potrebbero permettere di sbloccare questo situazione, una sorta di trattenimento in ostaggio degli immigrati e costrizione al lavoro nero.

Questa situazione è stata denunciata recentemente dal rappresentate della Cgil, Casadio, il quale ha commentato il contenuto delle circolari emanate dai Ministeri del Lavoro e degli Interni.
“Dal momento dell’interruzione del rapporto con il primo datore di lavoro fino al momento della definitiva regolarizzazione anziché poter parlare di subentro da parte di un nuovo datore di lavoro si pare invece una fase buia in cui il rapporto con il nuovo datore di lavoro non sussiste. Questo significa – spiega Casadio – che, dal momento dell’ interruzione del rapporto con il primo datore di lavoro e fino dal momento della definitiva regolarizzazione, anziché potersi parlare di subentro da parte di un nuovo datore di lavoro in un percorso di regolarizzazione, si apre, invece, una fase buia in cui il rapporto con il nuovo datore di lavoro non sussiste. L’immigrato è, perciò, a rischio di espulsione o costretto a lavoro irregolare, e lo stesso nuovo datore di lavoro è a rischio di multe e penali. Casadio ricorda poi che i sindacati hanno chiesto fin dall’ ottobre scorso un incontro sul tema a Maroni. “E’ da più di sei mesi che attendiamo un cenno di riscontro – sottolinea – nonostante i ripetuti solleciti ed una lettera inviata, a tal fine, dagli stessi segretari generali di Cgil, Cisl e Uil”.
Non c’è che dire. Il Ministro Maroni è un esempio di apertura e dialogo.

A conferma della previsione sui tempi lunghissimi per la definizione delle procedure di regolarizzazione arrivano i dati pubblicati dal quotidiano il Sole 24 ore del 7 aprile scorso. Dati che sono a dir poco scoraggianti.

A tutto il 7 aprile scorso solo il 10 % delle domande si sarebbero trasformate in contratti di soggiorno. Tra l’altro bisognerebbe poter leggere meglio questo dato cioè capire se il 10% riguarda domande per le quali sono già state fatte le convocazioni o se invece è stato rilasciato anche il vero e proprio contratto di soggiorno, nonché il permesso di soggiorno. È chiaro che se contiamo nel numero complessivo di domande del 10% anche le convocazioni, il numero di contratti di soggiorno e di relativi pds è inferiore alla cifra fornita perché c’è ancora da attendere il perfezionamento presso lo sportello polifunzionale della prefettura.
Ma addirittura il caso più negativo è quello della capitale.
Roma ha regolarizzato finora solo 4000 dei 108 mila stranieri che hanno presentato il kit,cioè appena il 3,7%.
Milano con ben 87 mila domande ha già fatto 8 mila convocazioni quindi il 9,2%. A Verona e Torino siamo al 10%, a Genova al 18%. Il record di efficienza lo detengono le province di Lecce e Bologna rispettivamente con il 30 e 34% delle pratiche chiuse. Sempre da vedere, appunto, se si considerano le convocazioni o soltanto i perfezionamenti veri e propri quindi i rilasci dei permessi di soggiorno.
Il subentro così apparentemente regolamentato, si sottolinea, se da una parte formalmente tenderebbe a risolvere i problemi (ma non nella pratica rinviando ulteriormente la possibilità di lavoro regolare) rischia di rivelarsi un boomerang per altri aspetti. La prevista quanto illusoria priorità da dare alle pratiche di subentro comporta la costituzione di sportelli separati presso gli U.T.G. quindi ulteriori rallentamenti anche per l’impiego del già scarso personale messo a disposizione.

Per chi è in fase di regolarizzazione non è possibile uscire e rientrare dall’Italia

Nel frattempo continua a permanere una situazione di costrizione per gli stranieri regolarizzandi che devono rimanere in Italia perché la possibilità di attraversare le frontiere è a senso unico. Si può senza dubbio uscire ma non è possibile rientrare, quando si é in possesso della sola ricevuta dell’inoltro della domanda di regolarizzazione. Ricordiamo le battute sarcastiche del leghista Calderoli che in occasione delle feste natalizie aveva detto…chi vuole uscire lo può fare però sapendo che non potrà rientrare mai più in Italia. Lo stesso sottosegretario all’Interno Mantovano continua a rimanere fermo nella posizione per cui, secondo lui, i visti temporanei di autorizzazione al rientro in Italia rallenterebbero ulteriormente la regolarizzazione.

Quindi si deduce che anche per le vacanze di Pasqua non c’è nessuna novità positiva per i lavoratori in fase di sanatoria sebbene (ma questo è solo un segnale) alcuni parlamentari dell’opposizione abbiano presentato un disegno di legge con cui si propone di rilasciare un visto di 30 giorni ai regolarizzandi che ne facciano richiesta. Il visto potrebbe consentire l’uscita dall’Italia e il rientro. Naturalmente staremo a vedere se da parte del Governo la proposta verrà presa in considerazione, magari per essere applicata nelle prossime ferie estive o chissà, quelle natalizie.