1) Il 28 febbraio 2013 veniva chiusa dal governo la cd. emergenza umanitaria Nord Africa proclamata nel febbraio del 2011 dal Governo Berlusconi. II Ministro dell’Interno Cancellieri,con una nota del 18 febbraio scorso, comunicava quanto deciso in questo senso dal Tavolo di Coordinamento nazionale, e soprattutto la scelta di percorsi di uscita dall’emergenza che si sostanziavano nella concessione di una somma di danaro contante (in media 500 euro) ai singoli, abbandonandoli praticamente a se stessi. I centri di accoglienza gestiti dalla protezione civile venivano chiusi, e molti rifugiati, buttati praticamente sulla strada, erano costretti a subire lo sfruttamento dei caporali per garantirsi la sopravvivenza, mentre altri si trasferivano in diversi paesi europei caratterizzati da sistemi di accoglienza ed integrazione più efficaci. Con il Governo Monti il passaggio ad un sistema di accoglienza ordinario avrebbe dovuto realizzarsi attraverso il coordinamento e la programmazione delle diverse fasi da parte di tavoli regionali, che avrebbero dovuto coordinare l’attività dei Prefetti nelle diverse province, con il monitoraggio delle persone presenti, delle risorse impiegate, dei percorsi di inserimento attivati. Molte regioni, dalla Lombardia alla Sicilia sono state assenti in questa delicata fase di transizione e i Tavoli regionali per la gestione dell’emergenza si sono riuniti pochissime volte senza produrre alcun coordinamento concreto. Tutto è rimasto affidato alle decisioni dei singoli Prefetti e dei Questori, mentre le risorse venivano drasticamente tagliate e si accumulavano anche i ritardi nell’erogazione delle somme previste dalle convenzioni stipulate con gli enti gestori.
2) In Sicilia la situazione è ancora più grave per la mancanza di una legge regionale sull’immigrazione, e per la latitanza del governo regionale su una tematica che è stata spesso oggetto di appassionati proclami da parte del Presidente Crocetta. Parole, solo parole, non seguite da fatti concreti e da impegni di spesa coerenti e continuativi. Particolarmente grave in questo quadro la condizione dei minori stranieri non accompagnati, accolti con modalità assai approssimative negli istituti per l’infanzia abbandonata (IPAB) siciliani, senza figure professionali capaci di seguirne il percorso e destinati per ciò solo ad una ulteriore fuga nella clandestinità. Nel mese di giugno di quest’anno si svolgeva a Palermo un vertice in Prefettura nel quale le autorità coinvolte concordavano un piano per l’accoglienza dei minori con l’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza Vincenzo Spadafora. Alla riunione erano presenti, oltre ai Prefetti e Questori della Sicilia Occidentale, al Comandante provinciale dell’Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza, anche i rappresentanti delle Istituzioni e degli Enti locali che si occupano dei minorenni, sia vittime che autori di reato. Gli incontri derivavano da un Protocollo d’intesa sottoscritto nel dicembre 2012 tra il Dipartimento della pubblica sicurezza, l’Autorità garante ed il Ministro dell’Interno. Un incontro dedicato in prevalenza al tema della repressione penale dei reati commessi dai minori, o sui minori stranieri. Al termine dell’incontro di Palermo, il prefetto Cirillo ribadiva l’efficacia della collaborazione tra il Garante per l’infanzia e l’adolescenza ed il Dipartimento della pubblica sicurezza, che insieme possono realizzare una più incisiva azione di prevenzione e contrasto alla violazione dei diritti dei minori. Eppure ancora il 15 agosto scorso lo stesso garante dei diritti dei minori Spadafora ha lamentato l’assenza di un quadro normativo e di risorse economiche adeguate per garantire l’accoglienza dei minori non accompagnati che giungono in Sicilia. Spadafora aveva chiesto inascoltato, già dal mese di giugno, necessarie ulteriori risorse per fronteggiare l’aumento degli sbarchi di profughi, con una percentuale crescente di famiglie e minori non accompagnati. “Abbiamo bisogno che il governo finanzi i Comuni per garantire alle comunità di restare aperte – sottolineava – perchè non si può passare dai fondi per l’Emergenza Nord Africa, che poi è stata conclusa al 31 dicembre 2012, a un’ordinarietà che non è ordinari età”. Ma il passaggio forzato all’ordinarietà con una drastica riduzione delle risorse disponibili ha prodotto una nuova emergenza, anche se il numero delle persone sbarcate in Sicilia è ancora inferiore ad anni come il 2008 ed il 2011, con un notevole aumento, però della percentuale dei minori non accompagnati.
3) Nei centri di prima accoglienza, aperti dalle prefetture in convenzione con i più diversi enti privati, i migranti, soprattutto i Siriani non sono stati accolti da figure civili con la necessaria professionalità e. sottoposti ad un regime da pubblica sicurezza, sono fuggiti in massa per evitare il prelievo forzato delle impronte digitali. I minori non accompagnati sono rimasti e in parte rimangono ancora molti giorni in promiscuità con gli adulti, quando non si giunge direttamente a chiamarli in causa come “scafisti”. Minori che vengono privati della possibilità di difendersi e di capire persino cosa sta succedendo loro, come è stato rilevato con una nota preoccupata dal Garante per i diritti dei detenuti per la Sicilia che in una visita del 15 agosto presso l’istituto di detenzione per minori di Acireale ha incontrato uno dei due minori egiziani incriminati dalla Procura di Catania come “scafisti vivandieri”, dopo il tragico sbarco della Playa il 9 agosto scorso. E tra le decine di pseudo “scafisti” arrestati nei giorni successivi sono numerosi i minori non accompagnati rinchiusi negli istituti penali minorili, quando non vengono invece ritenuti maggiorenni condotti nei penitenziari per adulti. Particolarmente critica in queste circostanze la situazione dei minori stranieri non accompagnati egiziani, che vengono sottoposti a respingimento immediato e collettivo anche se, per il loro paese, sono ancora minorenni. Sembra ancora disapplicata dalla polizia di frontiera, dai questori e dalle prefetture quella giurisprudenza ( dal giudice di pace di Roma fino al TAR del Lazio) che sulla base delle Convenzioni internazionali a protezione dei diritti dei minori afferma che ogni provvedimento amministrativo nei loro confronti deve essere preso “nel superiore interesse del minore”, considerando la sua minore età sulla base della legge del paese di provenienza ( nel caso dei minori non accompagnati egiziani, dunque si deve considerare l’età di ventuno anni).
4) Malgrado nei mesi di marzo ed aprile, da ultimo il 30 aprile di quest‘anno, le organizzazioni appartenenti al progetto Praesidium abbiano denunciato i respingimenti collettivi ed trattenimenti informali ai danni di centinaia di egiziani, nulla è cambiato nelle prassi della polizia di frontiera che in provincia di Siracusa, ed altrove, continuano a detenere illegittimamente in centri informali i migranti che dovrebbero essere trasferiti in un Cara o in un Cie . Per tutti gli egiziani, prima, il sospetto generalizzato di essere scafisti, poi, la prospettiva del rimpatrio collettivo da Catania sulla base di una prima identificazione sommaria consentita dagli accordi bilaterali tra Italia ed Egitto, accordi che vanno contro le normative internazionali perché non richiedono ai fini del rimpatrio una identificazione completa della persona. Con il grave rischio di rimpatri collettivi vietati dall’art. 4 del Quarto Protocollo allegato alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Casi ancora più gravi in un momento nel quale la polizia egiziana, con la quale collabora la polizia italiana,ha sparato persino sui profughi siriani in transito in Egitto per impedire loro di partire per le coste europee. Nelle ultime settimane nessuna delle organizzazioni che fanno parte del progetto Praesidium non hanno più denunciato pubblicamente la prosecuzione dei rimpatri collettivi verso l’Egitto e l’impossibilità di contattare tutti i migranti sottoposti alle procedure di trattenimento amministrativo ed allontanamento forzato, limitandosi ad inoltrare periodici rapporti zeppi di “criticità” al ministero dell’interno, che non ha modificato per nulla le prassi applicate da prefetture e questure.
Di fatto, nei luoghi di sbarco e di prima accoglienza, spesso centri informali aperti su disposizione delle prefetture e poi chiusi non appena i migranti fuggono o vengono trasferiti in altre strutture, si consente una strisciante militarizzazione di alcune zone del territorio siciliano, affidate nelle prime fasi alla gestione esclusiva delle forze dell’ordine per contrastare il fenomeno dell’immigrazione irregolare e scoprire gli immancabili scafisti. E le conseguenze si vedono, basterebbe andare a verificare la situazione del Centro di Prima accoglienza e soccorso di Pozzallo (Ragusa) o i centri di prima accoglienza di Porto Empedocle (Agrigento), o di Porto Palo ( Siracusa), oppure di Catania ( prima la scuola Andrea Doria, poi il Palasport) per accertare in quali condizioni materiali e giuridiche vengano “accolti” i migranti che giungono, non tanto a seguito di sbarchi, quanto piuttosto dopo vere e proprie azioni di salvataggio in alto mare e che comunque avrebbero bisogno di strutture recettive particolarmente efficienti,dotate di interpreti indipendenti e mediatori, soprattutto nel caso di minori non accompagnati e donne, molte delle quali in avanzato stato di gravidanza. Sono queste le ragioni di una serie di fughe che sembrano ormai inarrestabili. Ragioni che cominciano adesso ad emergere dopo una serie di ispezioni e visite condotte da parlamentari e da giornalisti, mentre le associazioni antirazziste sono utilizzate quando servono, come nel caso di Siracusa, con una” intesa tecnica” sulla nomina dei tutori, o tenute a distanza dalla Digos, come si è verificato a Catania, quando rilevano prassi, applicate dalle forze di polizia, non conformi alla legge.
La privazione della dignità, concretizzata già con il rilievo forzato ( e talora violento) delle impronte digitali, subito dopo lo sbarco, è immediata e ferisce ancora di più dell’incertezza giuridica, un vero limbo, nel quale i migranti sono abbandonati. I braccialetti di plastica immediatamente allacciati al polso con il codice di identificazione, una seria di numeri che prende il posto del loro nome, della loro identità, della loro storia personale. Numerose le testimonianze di persone che hanno subito violenze durante le operazioni di prima identificazione e di prelievo forzato delle impronte digitali, confermate adesso anche da un parente giunto in Sicilia per visitare i propri familiari trattenuti a Catania. E non mancano neppure casi di domande di asilo presentate forzatamente, o senza che la persona si rendesse conto della portata del documento che veniva fatto firmare. Nei centri di prima accoglienza manca infatti qualunque tipo di informazione ed assistenza legale. Le organizzazioni che la dovrebbero garantire o non possono entrare o possono raggiungere solo una parte dei migranti dopo lo sbarco, quelli che seleziona preventivamente la polizia.
5) Il centro “Umberto I” di Siracusa non ha ancora una conformazione ( sembra stia diventando un CPSA o un CARA, ma nessuno ha visto i decreti) ed una dotazione di personale idonea a praticare una vera accoglienza, nel rispetto degli standard comunitari, e si verifica sovente che alcuni spazi al suo interno rimangano chiusi in attesa delle indagini disposte dalla magistratura o per il rilievo delle impronte digitali, con gravi forme di limitazione della libertà personale, al di fuori di quanto previsto dalla legge. Lo stesso avviene nel CPSA di Pozzallo nei confronti delle persone che si ritiene essere scafisti o che, se egiziani, possono essere rimpatriati con le modalità sommarie consentite dagli accordi bilaterali. E proprio dal centro di Pozzallo proveniva quel giovane egiziano rinchiuso in una cella del carcere di Caltanissetta, dove si è poi impiccato in circostanze misteriose. E’ stata aperta una indagine ma ad un mese da quel tragico fatto non trapela ancora nessuna notizia, mentre sembrerebbe che il suo compagno di cella, coimputato per il medesimo reato di agevolazione dell’ingresso di “clandestini”, sia stato trasferito in un altro carcere, e sia stato così fatto scomparire.
Al momento, il sistema degli SPRAR, che era già stato implementato nel 2012 di 702 posti ed è stato ulteriormente incrementato di 800 nuovi posti, portando complessivamente la ricettività a 4.500 posti. Troppo pochi per un paese come l’Italia, un paese di sessanta milioni di abitanti, esposto annualmente, ormai come fenomeno strutturale, all’arrivo di alcune decine di migliaia di richiedenti asilo. Al di là del recente aumento dei posti disponibili nello SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) che sulla carta sono stati incrementati di 13.000 unità ( da 3.000 a 16.000), nell’arco di un triennio però, dunque non con la stessa maggiore disponibilità immediata, occorre che si ristrutturi un sistema di prima accoglienza a regime per dare ospitalità temporanea ad almeno 20.000 persone l’anno, tenendo conto che nel 2012 l’Italia ha avuto una delle più basse percentuali ( in termini relativi) di richieste d’asilo in Europa, e che queste non hanno superato il numero di 16.000. Una cifra che impone comunque un sistema di accoglienza che sia finanziato direttamente dallo stato e dalle regioni, senza gravare esclusivamente sui soggetti privati e sui comuni.
La questione dell’accoglienza dei rifugiati è indubbiamente una questione di rilievo europeo. L’accoglienza del richiedente asilo é un obbligo giuridico per gli Stati membri dell’Unione europea. La Direttiva n. 2003/9/CE prevede norme minime sull’accoglienza dei richiedenti asilo finalizzate a “garantire loro un livello di vita dignitoso e condizioni di vita analoghe in tutti gli Stati membri” (par. 7, preambolo, Direttiva n. 2003/9/CE). Il richiedente protezione internazionale ha diritto all’accesso alle misure di accoglienza sin dal momento della presentazione della domanda di asilo (art. 5 comma 5 D.Lgs. 140/05). Gli interventi assistenziali e di soccorso posti in essere precedentemente alla presentazione della domanda sono attuati invece a norma delle disposizioni della Legge n. 29 dicembre 1995 n. 563 (c.d Legge “Puglia”). In questa fase tutti i poteri sono stati assegnati alle Prefetture ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Non si può continuare, come si è fatto negli ultimi mesi, con appelli all’Europa che poi sono seguiti dal nulla di fatto. Per ottenere ascolto in Europa occorre che tutte le istituzioni italiane, dal governo centrale alle regioni, alle questure ed alle prefetture, facciano il loro dovere in adempimento delle direttive e dei regolamenti comunitari che ancora oggi continuano ad essere disattesi. E magari che le risorse destinate per l’accoglienza non siano sperperate in mega-strutture come quella di Mineo (Catania), che ha un costo di diversi milioni di euro al mese, o distolte verso operazioni di respingimento e di contrasto dell’immigrazione irregolare ( come nel caso dei migranti egiziani e maghrebini). L’immigrazione irregolare che raggiunge la Sicilia è ormai composta quasi esclusivamente da persone meritevoli di protezione e da soggetti particolarmente vulnerabili come donne in stato di gravidanza, famiglie e minori non accompagnati ed i loro legittimi diritti di accesso al territorio non possono essere contrastati con le tradizionali misure, anche di ordine pubblico, impiegate nella lotta all’immigrazione “illegale”.
6) Avevano già posto alcune richieste all’inizio di questa estate, e poi ancora nel mese di agosto, anche con un documento dell’ASGI Sicilia indirizzato al governatore della regione Sicilia Crocetta ed all’assessore alle politiche sociali, quando si poteva pensare di fare fronte tempestivamente a quello che poi è successo. Dalle istituzioni chiamate a rispondere ed a intervenire, soprattutto a livello regionale, non è arrivata nessuna iniziativa capace di risolvere i problemi evidenziati nella fase della prima accoglienza, solo un rimpallo di responsabilità con la richiesta di finanziamenti che non sono mai arrivati. Né si può pensare di utilizzare il sistema SPRAR per fare fronte alla prima accoglienza, come è già accaduto surrettiziamente in provincia di Caltanissetta, perché questo renderebbe inutile persino l’ultimo recente aumento dei posti disponibili e bloccherebbe di fatto il turn-over, intasando l’intero sistema di accoglienza.
Una interrogazione parlamentare presentata alla Camera il 30 luglio 2013 con le prime firme dei deputati Beni e Zampa, richiamava la gran parte dei problemi che abbiamo fin qui evidenziato e chiedeva al governo un intervento urgente per evitare che la situazione si deteriorasse ulteriormente con grave danno per le famiglie siriane, palestinesi e per i migranti egiziani e di altri paesi comunque arrivati in Sicilia, tra i quali molti soggetti vulnerabili e minori non accompagnati.
Secondo i presentatori “l’interpellanza fa riferimento in particolare alla situazione di Siracusa dove, dall’inizio di quest’anno, sono arrivati circa settemila migranti dalla Siria, Somalia, Eritrea, Egitto, Afghanistan e, in molti casi, da zone di guerra o persecuzione. Fra di essi ci sono richiedenti asilo, ci sono molti minori, famiglie con bambini. Il 70 per cento sono siriani. Ora fino ai primi di agosto tutti gli arrivi in quella zona, anche i minori, sono stati accolti presso il centro Umberto I in condizioni di totale promiscuità , in ambienti sicuramente igienicamente precari, senza che venisse offerta loro un’attività sufficiente di informazione e di accompagnamento. L’Umberto I non è un centro di primo soccorso e accoglienza sulla base dei parametri previsti dalla legge per l’accoglienza dei migranti. E’ un luogo attivato in condizioni di emergenza, gestito da un’impresa di pulizie, che, in base al verbale di affidamento della prefettura, dovrebbe occuparsi dei nuovi arrivati solo per 72 ore, quelle necessarie a fornire i primi generi di conforto e poi per l’identificazione e il trasferimento in strutture più idonee. La struttura per questo non è dotata di un presidio sanitario, di psicologi, di operatori sociali o legali o persone comunque in grado di informare i migranti dei loro diritti, ascoltare le loro esigenze e accompagnarli nel percorso dell’integrazione. Nonostante la buona volontà degli operatori del centro, il centro ha evidenti carenze. Successivamente, dall’8 agosto è¨ stato allestito in effetti un altro centro di prima accoglienza in zona Priolo dove vengono accolti i minori non accompagnati e anche le famiglie quando l’Umberto I è saturo. La struttura di Priolo è più dignitosa. Può ospitare 120 persone in tutto e i minori sono distribuiti nelle camere per nazionalità ma anche qui ci sono dei limiti legati alla gestione: soprattutto la mancanza di mediatori culturali, di operatori qualificati, adeguati a lavorare con i minori stranieri”. Nell’interrogazione parlamentare si sottolineava anche come “ più volte le associazioni impegnate nella tutela dei migranti e i servizi sociali hanno denunciato i trattamenti inumani e degradanti a cui sono sottoposti i minori, e chiesto alla prefettura di Siracusa di far luce sulla natura giuridica del «Centro Umberto I», nonché di attivare con urgenza tutte le necessarie misure per garantire l’accoglienza dei minori in luoghi sicuri e rispondenti ai requisiti previsti dalla legge”. Successivamente si apprendeva che il Centro Umberto I sarebbe stato trasformato in CARA o forse in un CPSA con un decreto che però ancora nessuno a visto, mentre appare a tutti evidente che la stessa struttura continua ancora oggi a non presentare i requisiti richiesti dal ministero dell’interno nello “Schema tipo di capitolato di appalto” previsto per tutti i centri per stranieri, che fossero CIE, CARA, CPSA o CPA ex legge Puglia.
7) La successiva risposta fornita dal sottosegretario al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali Maria Cecilia Guerra (Atti Camera n. 2-00171), suscita molte perplessità perché annuncia misure e stanziamenti di fondi che sono rimasti ancora sulla carta, come sono rimasti sulla carta in Sicilia gli strumenti di governante e tutto è stato gestito a livello di prefetture, fin quasi alla fine dell’estate. La risposta del viceministro Guerra elude soprattutto il problema della natura giuridica dei centri di prima accoglienza nei quali si sono praticate forme diverse di trattenimento informale, anche nei confronti di minori non accompagnati, oppure nei quali, a seconda dei periodi, si è chiuso un occhio e pure l’altro, sull’allontanamento volontario degli “ospiti”, soprattutto siriani, talora intere famiglie, abbandonati a loro stessi e spesso già intenzionati a raggiungere un altro paese europeo. Un viaggio che, senza documenti in regola, si è interrotto per alcuni al confine con la Svizzera, con il ritorno forzato a Domodossola, mentre per altri, che avevano raggiunto la Svezia con un autista italiano, ha comportato costi aggiuntivi indebitamente pagati a qualche trafficante, e problemi di carattere legale che potrebbero incidere anche sull’accoglimento della loro istanza di asilo in quel paese, che comunque aderisce al Regolamento Dublino II sulla determinazione dello stato competente per l’esame delle richieste di protezione internazionale.
Nella Risposta del Viceministro Guerra si sottolinea come al 31 agosto di quest’anno fossero “presenti sul territorio nazionale 6.044 minori stranieri non accompagnati” aggiungendosi poi che “sin dal loro arrivo sul territorio nazionale i minori devono essere accolti nei centri di primo soccorso e accoglienza in aree riservate e dedicate esclusivamente alle categorie vulnerabili. Quindi, esistono delle regole precise che devono essere osservate, così come esiste l’obbligo di attenersi agli standard che per questi centri sono definiti con legislazione regionale. Devono essere trattenuti per il tempo strettamente necessario per prestare le prime cure e, ovviamente, si pone anche il problema della necessità di accertare l’età per sapere se si è di fronte ad un minore o ad un non minore perchè le regole dell’accoglienza e le modalità dell’accoglienza sono diverse nel nostro Paese per adulti e minori stranieri. Questo si rende necessario, ovviamente, quando c’è difetto di documentazione e di evidenza a vista”. In questi casi le autorità di polizia hanno generalmente escluso l’accesso dei minori egiziani alle misure immediate di protezione disposte dalla legge, ritenendo che per loro non valesse quella normativa internazionale e interna in base alla quale l’età del minore deve essere stabilita tenendo conto della legislazione del paese di origine, e dunque senza considerare, come accertato anche dal Tribunale amministrativo del Lazio, che i minori egiziani rimangono tali fino al compimento del ventunesimo anno di età.
Il Viceministro Guerra conferma poi lo stallo che si è verificato per tutta l’estate nella regione Sicilia affermando che “per quanto riguarda, in particolare, il problema della regione Sicilia, abbiamo chiamato e abbiamo fatto una riunione apposita a questo tavolo, attivando interlocuzioni con Sicilia e Calabria -avevamo invitato anche la Puglia, ma in questo momento l’allarme in Puglia è più limitato, “ per la ricerca di soluzioni nel quadro normativo esistente, che ha una ben chiara definizione delle competenze, per tentare il più possibile di cercare soluzioni alla problematica dell’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati”. Il Viceministro aggiunge che “sarebbe stata presentata dalla regione Sicilia, proprio alcuni giorni fa, una proposta che richiede, però, una copertura finanziaria che in questo momento non siamo in grado di dare a legislazione invariata”. La risposta del Viceministro Guerra evidenzia bene come i tagli di bilancio siano stati la causa prima di una emergenza che non è prodotta dal numero delle persone che arrivano, ma dalla carenza dei mezzi e delle professionalità necessarie per garantire il loro passaggio nella legalità ed il pieno rispetto dei loro diritti fondamentali.
Ed infatti “ è questo il punto sicuramente più esposto e, cioè, i costi per l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati. Il sistema che noi abbiamo costruito al tavolo è in grado di strutturare l’accoglienza in un modo organizzato e articolato sul territorio. Stiamo definendo linee guida che hanno due caratteristiche. Ci sono linee guida per quanto riguarda l’azione dei ministeri e in relazione alle evoluzioni normative e linee guida per quanto riguarda gli enti territoriali. Abbiamo intenzione di portare queste linee guida all’approvazione della Conferenza Stato-regioni proprio anche per rispondere a criteri di omogeneizzazione e in questo rientra tutta l’accoglienza, compresi i protocolli per l’accertamento dell’età , che sono ormai protocolli internazionali definiti su tavoli in cui il Ministero dell’interno e quello del lavoro e delle politiche sociali, attraverso il Ministero dell’interno, che è il titolare della partecipazione, stanno dando un contributo rilevante. I costi in base all’attuale normativa sono a carico degli enti comunali. Come sappiamo è il comune che deve farsi carico dell’accoglienza del minore, sia straniero sia non straniero quando risulti non accompagnato e, quindi, non tutelato da adulti, e si tratta del comune sul cui territorio il minore è rintracciato. In occasione dell’emergenza nord Africa è stata riconosciuta, appunto, una situazione di emergenza. In questo caso si è attivato un finanziamento straordinario, straordinario di tipo nazionale, e la direzione generale del Ministero ha provveduto ad effettuare tutti i pagamenti relativi all’anno 2011, mentre per quanto riguarda l’anno 2012, tenendo conto che le relative risorse sono state trasferite soltanto nel mese di marzo del corrente anno, l’erogazione è ancora in fase attiva”. Il Viceministro ammette così ritardi enormi nel pagamento ancora dovute per l’emergenza Nordafrica nel 2012, ritardi che hanno messo in ginocchio o costretto a chiudere molti enti gestori, ma afferma poi ottimisticamente che “insomma, tutto sta procedendo”. Si aggiunge quindi che “al fine di assicurare le prosecuzione degli interventi finanziari centrali a favore dei minori stranieri non accompagnati è stato poi istituito, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un Fondo nazionale che in realtà aveva la funzione di cofinanziare questa accoglienza. Il Fondo è stato finanziato per il 2012 con 5 milioni di euro e abbiamo provveduto stabilendo i criteri della ripartizione di questo Fondo sempre al tavolo che ho prima menzionato, ad assegnarlo ai diversi territori e l’abbiamo dedicato esclusivamente ai minori fuori dall’emergenza Nord Africa, in quanto fino al 31 dicembre 2012 l’emergenza Nord Africa era comunque coperta, come ho detto, dai fondi veicolati dalla Protezione civile”.
8) Se per il passato ci sono stati ritardi che hanno immobilizzato o smantellato il sistema di accoglienza, le prospettive più negative si possono tracciare per l’anno in corso. Infatti nello stesso atto parlamentare il Viceministro Guerra ricorda come“ per l’anno 2013, però, nonostante il pressing del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del sottosegretario dell’epoca, cioè me stessa, il Fondo ( per i minori n.d.a.) non è¨ stato rifinanziato con la legge di stabilità . Quindi, il Parlamento non ha approvato un emendamento che era stato appositamente proposto ed il Fondo è attualmente pari a zero. Comunque noi, attraverso un apposito intervento nel decreto-legge 28 giugno 2013, n.76, abbiamo previsto la riassegnazione a questo Fondo dei residui maturati nella gestione emergenziale, che abbiamo quindi potuto canalizzare, ancora una volta, all’accoglienza. Per l’anno 2013, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nella consapevolezza della grave situazione di criticità in cui comunque ci si trova, poiché il finanziamento ordinario, che passa attraverso il finanziamento ordinario dei comuni, può rivelarsi non sufficiente, abbiamo stabilito, in accordo con le regioni, e quindi con l’intesa raggiunta in Conferenza unificata, di destinare 5 milioni del Fondo per le politiche sociali a questo scopo”.
Nella risposta del Viceministro si ricava anche una utile indicazione sullo stato che lega alcune organizzazioni internazionali che proteggono i diritti dei migranti con il ministero dell’interno, nell’ambito del progetto “Presidium”. L’esponente governativa afferma che “vi è poi un progetto molto importante, Praesidium, finalizzato a rafforzare le capacità di accoglienza rispetto ai flussi migratori che interessano le località strategiche di frontiera, quelle a cui lei si riferisce cioè quelle situate sulle coste meridionali del Paese. Il progetto al quale partecipano la Croce Rossa italiana, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati e Save the Children “ fornisce un primo orientamento legale e un supporto informativo relativamente alla legislazione italiana in tema di immigrazione, tratta di esseri umani e riduzione schiavitù. Anche sulla tratta stiamo lavorando con l’istituzione di un tavolo tecnico presso il Dipartimento per le pari opportunità , collegato alla Commissione interministeriale. In realtà – ammette il Viceministro- la Commissione interministeriale non esiste più, come tale va stiamo ricostituendola sotto forma di tavolo. Il Ministero dell’interno ci ha comunicato di avere promosso, in partenariato con diverse organizzazioni internazionali, il progetto pilota europeo «Analisi delle politiche di accoglienza, protezione e integrazione dei minori non accompagnati nell’ambito dell’Unione europea », che è finanziato anche dalla Commissione europea e ha la finalità di adottare particolari misure e procedure a garanzia dei minori non accompagnati nell’ambito dell’Unione europea”. Mentre a Roma si elaborano nuovi progetti, e si chiedono i relativi finanziamenti all’Unione Europea, intanto, i rappresentanti delle organizzazioni coinvolte nel progetto Praesidium non sono messi in grado di incontrare tutti i migranti che arrivano nelle regioni meridionali italiane nelle quali tale progetto è operativo, perché questi contatti sono impediti dalle forze dell’ordine che antepongono a tutto, dopo gli sbarchi, la ricerca degli scafisti, e diventano poi inutili, quando i migranti si apprestano a fuggire o sono già destinatari di misure di allontanamento forzato, come nel caso degli egiziani. Nella sua controreplica alla risposta del viceministro, Paolo Beni, uno dei firmatari dell’interrogazione parlamentare, che pure si dichiara parzialmente soddisfatto per gli impegni presi dal governo, rimane ancora preoccupato per la effettiva attuazione dei diversi interventi e ribadisce conclusivamente che “rimane aperto il problema del profilo giuridico dei centri e della definizione degli standard certi per la loro gestione e quindi dei requisiti certi che devono avere gli enti gestori. Non sempre e non in tutte le situazioni nell’emergenza si rispettano standard adeguati”.
9) Continuiamo dunque a ribadire le richieste che avevamo già presentato all’inizio dell’estate e che sono rimaste in gran parte inevase, con la conseguenza della ingovernabilità della situazione attuale, sia per la carenza di fondi che per l’assenza di una effettiva programmazione degli interventi, fin qui affidati alla totale discrezionalità di prefetture e questure. I tavoli regionali non hanno prodotto alcun coordinamento e spesso ciascuna prefettura ha attuato i suoi interventi senza raccordarsi con le associazioni impegnate da anni nel campo dell’accoglienza a livello locale, alle quali sono state preferite persino imprese con competenze nel settore delle pulizie, come è successo a Siracusa.
– Chiediamo un rifinanziamento immediato del fondo per le politiche sociali e dell’apposito fondo per i minori stranieri non accompagnati, con interventi urgenti del governo per sopportare le misure di accoglienza a adottate in Sicilia dai Comuni a fronte dell’incremento del numero delle persone, in gran parte profughi di guerra dalla Siria, che continuano ad affluire sulle coste siciliane, e tra questi anche una percentuale crescente di minori non accompagnati per i quali occorre individuare da subito strutture di accoglienza specializzate nelle quali siano assistiti da personale qualificato.
– Chiediamo con urgenza che la Regione Sicilia riconosca l’esistenza del problema che non si può ridurre all’ennesima “emergenza sbarchi”, mentre la vera emergenza è prodotto delle istituzioni che agiscono male o non intervengono affatto. Occorre attivare effettivamente il tavolo di coordinamento regionale con i prefetti, le questure, l’ANCI regionale e con i comuni nei quali trovano accoglienza i richiedenti asilo ed i profughi. Occorre monitorare a livello regionale la situazione esistente ed individuare le modalità operative per garantire percorsi credibili di inserimento sociale di coloro che ottengono in Sicilia il riconoscimento di uno status di protezione, internazionale ( asilo o protezione sussidiaria) o umanitaria. In Sicilia occorre adottare al più presto una legge regionale in materia di immigrazione ed asilo con previsioni certe di stanziamenti di bilancio regionale, e con una particolare attenzione per le esigenze dei soggetti più vulnerabili, come i minori, le donne, sempre più spesso vittime di violenze e di sfruttamento, le vittime di tortura, con percorsi di formazione e di qualificazione del personale che dovrà prendere in carico tutte queste persone caratterizzate da situazioni esistenziali tanto diverse. Ancora una volta va ribadito che i migranti non possono essere considerati solo come un numero da suddividere in base a criteri contabili ma come persone che portano dentro di se abusi e violenze neppure immaginabili.
– Vanno chiusi i centri informali di prima accoglienza, come quelli attivati a Porto Palo di Capo Passero, all’interno del mercato ittico, ed a Porto Empedocle (AG) all’interno della zona portuale, a Catania, prima in una scuola, l’Andrea Doria, e successivamente in un Palazzetto dello sport, in recinti sottoposti a vigilanza militare che nel tempo hanno assunto il carattere di luoghi nei quali la libertà personale può essere sottoposta, a seconda dei casi e delle nazionalità, in base a criteri di mera discrezionalità di polizia, ad evidenti limitazioni, anche in assenza di un provvedimento amministrativo formale e della doverosa convalida da parte dell’autorità giudiziaria, come sarebbe previsto anche dall’art. 13 della Costituzione. In base alla stessa norma, come ricorda anche la sentenza n.105 del 2001 della Corte Costituzionale, vanno bloccati i rimpatri immediati e collettivi di immigrati egiziani, per i quali sembra che sia ancora operativo un volo charter di rimpatrio con partenza settimanale da Catania, diretto a Il Cairo. Gli accordi bilaterali di riammissione non possono essere applicati in violazione delle leggi interne e delle normative internazionali che vietano i rimpatri collettivi o senza una identificazione completa delle persone da respingere.
– Rispetto alla situazione dei minori non accompagnati, occorre che lo Stato provveda ad erogare con la massima tempestività le somme dovute ai Comuni, sulla base degli accordi stabiliti con i diversi governi, trattandosi di competenze dello Stato centrale. Si deve impedire che nelle regioni di primo arrivo, come la Sicilia, si prosegua con la prassi secondo la quale il collocamento dei minori avviene, da parte dell’autorità di polizia, o delle Prefetture, direttamente presso le strutture di accoglienza,al di fuori di qualsiasi piano regionale, senza il previo accordo e autorizzazione con gli enti locali territorialmente competenti. Ed anche sulle strutture di accoglienza per minori così individuate andrebbe effettuato un monitoraggio continuo, che fin qui si è svolto solo in rare occasioni. Un aspetto ulteriore è poi quello dei minori non accompagnati richiedenti asilo rispetto ai quali, nonostante la norma ponga chiaramente in capo al Ministero dell’Interno la responsabilità, non ci sono certezze di sorta in merito alla copertura dei costi di presa in carico prima dell’entrata nel circuito SPRAR.
– Allo stato della vigente legislazione nazionale e regionale vanno individuati percorsi per portare all’autonomia il maggior numero degli immigrati accolti nei centri di accoglienza, promuovendo strutture decentrate di accoglienza, anche in regioni diverse dalla Sicilia, percorsi di integrazione ed avviamento al lavoro legale, contrastando lo sfruttamento del lavoro nero e della prostituzione attorno ai vari centri di accoglienza, e chiudendo strutture ormai ingovernabili come il CARA di Mineo (Catania), dove si verifica il blocco del turn-over e la presenza di oltre tremila persone, alcune delle quali neppure censite. In ogni caso bisogna accelerare la procedura per il rilascio di documenti di soggiorno temporanei ( anche il permesso di soggiorno per motivi umanitari ex art. 5.6 del T.U. sull’immigrazione) e dei relativi documenti di viaggio. Di fronte all’afflusso che sta diventando massiccio di profughi siriani il governo dovrebbe adottare un decreto in base all’art. 20 del T.U. sull’immigrazione e rilasciare a tutti costoro un permesso di soggiorno temporaneo ed il relativo documento di viaggio, sulla base della provenienza, senza una procedura per il riconoscimento dello status in commissione territoriale, procedura che oggi dura normalmente oltre un anno. A tale riguardo va immediatamente raddoppiato il numero delle commissioni territoriali competenti ad esaminare le domande di asilo, come era stato annunciato già nel mese di giugno, ma come ancora oggi non è stato fatto.