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Sbarchi in Italia 2020. Tunisia al primo posto, tra effetto Covid-19 e insicurezza economica

di Laura Morreale e Silvia Peirolo

Photo credit: Flavio Gasperini, Sos Mediterranee

Principali tendenze del 2020

Al 13 settembre 2020 erano circa 21.000 le persone arrivate in Italia attraverso la rotta del Mediterraneo 1. Secondo le statistiche dell’UNHCR, nel mese di settembre 2020, sono sbarcate in Italia circa 1.600 persone, con una media giornaliera di 126 persone 2.

Secondo le notizie di cronaca che arrivano da giornali e televisioni, sembra che gli sbarchi in Italia siano ripresi a pieno ritmo. Nel primo semestre del governo Conte II, tra settembre 2019 e febbraio 2020, le statistiche mostrano infatti un raddoppiamento degli sbarchi rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (da 3.555 a 8.889) 3. Davvero gli sbarchi in Italia stanno aumentando? Che effetto ha avuto la prima ondata di COVID-19 in Italia sulla migrazione irregolare, in particolare dalla Tunisia?

In realtà, come mostra il grafico elaborato da ISPI (Istituto per gli studi di politica internazionale) sui dati del Ministero dell’Interno, la tendenza in aumento degli sbarchi in Italia è terminata ormai da oltre tre anni, esattamente da metà luglio 2017, in particolare in seguito al memorandum italo-libico del febbraio 2017 4.
Come si spiega quindi il raddoppio degli sbarchi del primo semestre del governo Conte?  Guardando con attenzione i dati del 2019, ci si può rendere conto che già nella prima metà del 2019, gli arrivi sulle coste italiane avevano toccato i loro minimi dal 2009. L’aumento degli sbarchi del primo semestre del governo Conte va quindi inquadrato in un contesto di diminuzione costante di arrivi sulle coste italiane.
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Il COVID ha ridotto gli sbarchi in Italia?

Nel corso della “prima ondata” di COVID-19 in Italia (da inizio marzo a maggio 2020), gli sbarchi sulle coste italiane si sono considerevolmente ridotti rispetto al periodo precedente. Anche a causa delle condizioni atmosferiche, a marzo gli arrivi irregolari in Italia sono diminuiti dell’80%. Non tutte le rotte hanno diminuito le partenze in maniera simile. Secondo i dati raccolti da ISPI, le partenze delle coste tunisine si sono ridotte del 90%, mentre quelle dalla Libia solo di circa il 5% 5.

Questa notevole diminuzione di partenza dalla Tunisia è probabilmente indice del fatto che coloro che partono dalla Tunisia hanno più possibilità di rimandare il proprio viaggio mentre le persone che partono dalla Libia tendono a partire anche nel caso di gravi eventi imprevisti, probabilmente a causa delle grave situazione in cui si trovano i migranti presenti e del fatto che i migranti stessi dipendono in misura maggiore dalle scelte dei trafficanti 6. Inoltre, quello del COVID-19 sembra essere stato un effetto di breve periodo nei confronti delle partenze dalla Tunisia: nel giro di un mese e mezzo, gli sbarchi sono tornati a crescere rientrando nel trend precedente. A settembre, i tunisini rappresentavano quasi il 60% delle nazionalità in arrivo 7.

Cosa spinge i tunisini a partire?

Il consistente numero degli arrivi dalla Tunisia via mare – che sono in effetti più alti rispetto al 2019, ma considerevolmente minori del 2018 – rende utile uno sguardo su questo piccolo Stato mediterraneo, così vicino ma, di solito, poco conosciuto nelle sue caratteristiche socio-economiche. Separato da un breve tratto di mare dalle coste di Lampedusa a sud e della Sicilia occidentale a nord, questo “Paese sicuro”, come viene descritto dalle istituzioni italiane per giustificare respingimenti e rimpatri collettivi, attraversa oggi una complessa fase di crisi economica e sociale.

I movimenti di piazza del 2011, nati proprio tra le fasce sociali più soggette a povertà e precarietà, hanno sì portato a una democratizzazione del sistema politico, ma hanno anche aumentato l’insicurezza economica di buona parte della popolazione. Secondo i dati della Banca Mondiale, il tasso di disoccupazione nel 2019 era del 16% circa, più basso rispetto al 2011 (18,3%) ma ancora lontano dai livelli pre-rivoluzione (13% nel 2010) 8. I numeri sono ancora più preoccupanti se si guarda ai giovani: circa il 35% è disoccupato. L’instabilità politica della giovane democrazia tunisina, che ha cambiato 8 esecutivi dal 2011, contribuisce in parte ad alimentare la crisi, allontanando possibili investitori e turisti 9.

Pur non essendoci ancora dati disponibili per il 2020, la situazione è visibilmente peggiorata a causa della pandemia. Ne ha risentito particolarmente il settore turistico, che nel 2019 dava lavoro a circa 400 mila persone producendo più del 13% del PIL nazionale 10. Se all’inizio dell’anno si stimava che il settore avrebbe attratto circa 10 milioni di turisti 11, le aspettative sono state notevolmente ridimensionate nei fatti. Le misure di lockdown interne, la chiusura dei confini nazionali tra marzo e giugno, e la ridotta portata degli spostamenti internazionali in generale, hanno rappresentato un duro colpo per alberghi, ristoranti e altre attività legate al turismo. Gli impiegati nell’economia informale, che costituiscono una grossa fetta della forza lavoro, sono stati particolarmente colpiti dagli effetti della pandemia, perdendo la loro fonte di reddito a causa delle chiusure, senza poter peraltro beneficiare delle stesse tutele riservate a impiegati pubblici e lavoratori regolari 12.

Queste nuove preoccupazioni si aggiungono a fattori più radicati che hanno un peso notevole nelle dinamiche migratorie in Tunisia. Primo fra tutti, va preso in considerazione il divario tra le aree costiere del centro-nord, relativamente benestanti, e le regioni del sud e dell’entroterra, scarsamente collegate e poco attenzionate da investimenti e politiche di sviluppo. Già in epoca coloniale, poi durante i governi di Bourguiba e Ben Ali, le zone interne e meridionali sono state marginalizzate, fungendo da fonte di risorse naturali e lavoratori per il resto del Paese, ma non riuscendo mai a raggiungere l’autosufficienza economica 13.

Proprio da queste aree, e in particolare dalla provincia rurale di Sidi Bouzid, soggetta a un forte malessere socio-economico, sono partite nel 2010 le proteste contro il governo, estese poi a tutto il paese. Tuttavia, molti abitanti delle regioni più povere sono oggi disillusi dagli effetti della rivoluzione, di cui hanno beneficiato maggiormente gruppi di interesse legati a imprese delle aree urbane di Tunisi, Sousse e Sfax, e alla classe media dei dipendenti statali, perpetrando ancora le tradizionali disuguaglianze 14.

Tutte queste dinamiche hanno un impatto non trascurabile sul fenomeno migratorio. Oltre a determinare un esodo interno verso le zone nord-orientali 15, la povertà delle zone interne e la precarietà lavorativa spingono molti a imbarcarsi verso l’Europa. Bisogna tenere presente che ottenere un visto di ingresso per entrare legalmente – il che significa anche in maniera sicura, senza rischiare la vita – non è per niente facile.

Ad esempio, per un visto valido fino a 90 giorni, le ambasciate dei Paesi europei, Italia compresa, chiedono una documentazioni molto specifiche in base al motivo del viaggio (come una garanzia di alloggio da parte di un’organizzazione o una persona che si fa carico di ospitarti, un’attività economica già avviata o la dimostrazione di essere un delegato di una società), la prova di possedere “adeguati mezzi finanziari di sostentamento”, nonché una copertura assicurativa sanitaria molto onerosa 16. In sostanza, il controllo sugli ingressi in Europa esclude a priori le fasce di popolazione più svantaggiate, che non possono accedere ai canali regolari di espatrio per cercare lavoro al di fuori del proprio Paese.

Non voler comprendere la complessità di un fenomeno come la migrazione irregolare, e approcciarlo come una causa in sé e non un effetto di altri fattori, sembra essere la strategia delle istituzioni italiane. Ma finanziare le forze di polizia altrui affinché fermino le partenze e mettano “fuori uso i barchini”, secondo le parole del ministro Di Maio 17, subordinando peraltro i piani di cooperazione socio-economica a quelli di repressione, non è sostenibile a lungo termine, oltre ad andare contro l’idea di pari diritti e opportunità.

La stessa mancanza di lungimiranza e incapacità di pensare le migrazioni in modo alternativo, non emergenziale, ci porta a vedere l’aumento dei voli di rimpatrio verso la Tunisia, annunciata dal governo, come un successo politico e diplomatico 18. Eppure, tutto questo non può rappresentare un successo. È invece specchio di un continente capace soltanto di creare frontiere, di precludere opportunità con leggi restrittive e burocrazia, di ridurre persone con vissuti e speranze ad anonimi “irregolari non aventi diritto”.

  1. https://data2.unhcr.org/en/situations/mediterranean/location/5205
  2. https://data2.unhcr.org/en/documents/details/78956
  3. https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/fact-checking-migrazioni-e-covid-19-27058
  4. https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/fact-checking-migrazioni-e-covid-19-27058
  5. https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/fact-checking-migrazioni-e-covid-19-27058
  6. https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/fact-checking-migrazioni-e-covid-19-27058
  7. https://data2.unhcr.org/en/situations/mediterranean/location/5205
  8. https://data.worldbank.org/indicator/SL.UEM.TOTL.ZS?locations=TN
  9. https://borgenproject.org/causes-of-poverty-in-tunisia/
  10. https://home.kpmg/tn/fr/home/insights/2019/11/quelle-est-la-place-du-tourisme.html
  11. https://thearabweekly.com/tunisias-tourism-sector-shows-signs-recovery
  12. https://www.lemonde.fr/afrique/article/2020/03/27/en-tunisie-l-angoisse-des-travailleurs-precaires-face-au-coronavirus_6034654_3212.html
  13. https://www.brookings.edu/research/regional-development-in-tunisia-the-consequences-of-multiple-marginalization/
  14. https://carnegie-mec.org/2020/02/19/tunisia-s-geography-of-anger-regional-inequalities-and-rise-of-populism-pub-81086
  15. https://ultratunisia.ultrasawt.com/
  16. https://vistoperitalia.esteri.it/home.aspx
  17. https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/07/31/migranti-di-maio-blocca-65-milioni-di-fondi-a-tunisia-prima-serve-svolta-sulle-partenze-e-chiede-di-mettere-fuori-uso-i-barchini/5886530/
  18. https://www.repubblica.it/cronaca/2020/09/21/news/migranti_al_via_i_rimpatri_straordinari_verso_la_tunisia_voli_charter_aggiuntivi_per_rimandare_indietro_chi_arriva_con_gli-267981368/?ref=RHPPTP-BH-I268008817-C12-P2-S3.4-T1

Laura Morreale

Sono laureata in Mediazione linguistica e culturale all'Università per Stranieri di Siena e in Scienze delle lingue, storia e culture del Mediterraneo e dei Paesi Islamici presso l’Università degli studi di Napoli “L’Orientale”.
Mi interessa di mondo arabo-musulmano, migrazioni e contesti multiculturali.

Silvia Peirolo

Dottoranda presso l'Università di Trento (IT), mi sono laureata in Studi Internazionali all'Università di Wageningen (NL), all'Università di Torino (IT) e a Sciences Po Bordeaux (FR). Nata e cresciuta a Torino, ho vissuto in vari paesi per studi e lavoro. Di tutti i paesi, sono rimasta appassionata alla Sierra Leone, dove ho vissuto per sei mesi. Mi interesso alle questioni legate alla polizia e alla migrazione, con un focus geografico sull'Africa occidentale. Ho lavorato precedentemente con varie agenzie delle Nazioni Unite e parlo fluentemente inglese e francese.