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Senegal – Precarie condizioni di salute e buon livello di integrazione in Italia giustificano la protezione umanitaria

Tribunale di Bologna, decreto del 27 gennaio 2020

Il Tribunale di Bologna ha riconosciuto la protezione umanitaria ad un richiedente senegalese, pur non credendo al suo racconto circa i motivi per i quali ha lasciato il paese d’origine, ma tenendo in debito conto le sue condizioni di salute (affetto da epatite cronica B HBeAg-positiva) ed il grado di integrazione raggiunto in Italia.
I Giudici emiliani hanno correttamente svolto quel giudizio comparativo tra la vita del richiedente nel paese d’origine e la vita che egli ha costruito in Italia arrivando alla conclusione che il rimpatrio possa esporlo ad un grave pregiudizio, in particolare per quanto riguarda un bene primario, quale la salute.

Afferma il Tribunale: “La documentazione acquisita nel corso del giudizio ha, quindi, confermato la necessità di ripetuti controlli, con la previsione di specifiche verifiche e la programmazione nel tempo di esami specifici e mirati, e dà atto del trattamento farmacologico tuttora in corso, necessario per evitare il riattivarsi della malattia.
E tali cure e accertamenti specifici in relazione alla patologia da cui è affetto il ricorrente – controlli e cure che, si ripete, risultano tuttora in corso – non potrebbero essere garantiti nel Paese di origine in ragione della situazione sanitaria del Senegal, quale desumibile dalle fonti consultate, in considerazione della natura specialistica della patologia e delle palesi carenze delle strutture sanitarie pubbliche […] .
E a fronte di tale condizione – ostativa, si ripete, all’immediato rientro nel paese di origine, in considerazione delle patologie e delle cure in atto – il ricorrente ha, del resto, dimostrato di avere intrapreso un effettivo e concreto percorso di inserimento, […] senza che risulti alcuna segnalazione a suo carico (non avendo il Pubblico ministero segnalato alcunché sotto tale profilo).
Ed è proprio alla luce di tali elementi, e a fronte delle condizioni di salute già sopra evidenziate , con la programmazione di esami e cure per la patologia da cui il ricorrente è risultato affetto, che non sarebbero adeguatamente garantite nel paese di provenienza, e della conseguente condizione di vulnerabilità, che è possibile, in base alla comparazione tra i due piani (con la necessità di tutelare un bene primario come la salute), giungere al riconoscimento della protezione umanitaria (cfr. con riferimento alla valutazione comparativa ai fini del riconoscimento di tale forma di protezione, Cass. 4455/2018).

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Tribunale di Bologna, decreto del 27 gennaio 2020