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Sentenza T.A.R. del Trentino Alto Adige sede di Trento del 5 febbraio 2008 n°20

N. 20/2008 Reg. Sent.
N. 316/2005 Reg. Ric.
depositato il 05.02.2008

Repubblica Italiana

In nome del popolo itaiano

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa

Sezione Autonoma per la Provincia di Bolzano

costituito dai magistrati:
Marina Rossi Dordi – Presidente
Anton Widmair – Consigliere relatore
Hugo Demattio – Consigliere
Luigi Mosna – Consigliere

ha pronunziato la seguente

Sentenza

sul ricorso iscritto al n. 316 del registro ricorsi 2005

presentato da

Malik Nadeem Akhtar, rappresentato e difeso dall’avv. Domenico Pontecorvo con domicilio eletto presso lo studio del medesimo in Bolzano, Viale Stazione n. 3, giusta delega a margine del ricorso, – ricorrente –

contro

L’Amministrazione Dell’Interno – Questura di Bolzano, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Trento, in TLargo Porta Nuova n. 9, presso la quale, pure per legge, è domiciliato, – resistente –

per l’annullamento

del decreto del Questore della Provincia di Bolzano dd. 30.09.2005 comunicato in data 30.09.2005 con il quale veniva disposto il rigetto dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro.

Visto il ricorso notificato il 26.11.2005 e depositato in segreteria il 28.11.2005 con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione dell’Interno – Questura di Bolzano dd. 28.11.2005;
Vista l’ordinanza n. 217/05 dd. 20.12.2005 di questo Tribunale con la quale è stata respinta la domanda di sospensione della esecuzione del provvedimento impugnato presentata in via incidentale dal ricorrente;
Vista la memoria prodotta;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore per la pubblica udienza del 05.12.2007 il consigliere Anton Widmair ed ivi sentito l’avv. dello Stato G. Denicolò per l’Amministrazione dell’Interno – Questura di Bolzano;
Nessuno si è comparso per il ricorrente;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

Fatto

Con il ricorso in esame il cittadino pakistano Malik Nadeem Akhtar ha impugnato avanti a questo T.R.G.A. il provvedimento n. A12/2005 emesso dal Questore di Bolzano in data 30.09.2005, concernente il rigetto dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno richiesto per lavoro subordinato.

A sostegno del ricorso viene dedotta “errata applicazione degli artt. 5 co 5 e art. 4 co. 3 del D.Lgs.vo n. 286/98 e successive modifiche”.

Malik Nadeem Akhtar – giá titolare dell’autorizzazione al soggiorno per lavoro subordinato rilasciata dalla Questura di Bolzano in data 29.04.2004 con scadenza 21.04.2005 – presentava, in data 18.05.2005, domanda tesa ad ottenere il rinnovo del titolo di soggiorno.

Dall’istruttoria della pratica la Questura di Bolzano rilevava che il richiedente era stato:

– condannato in data 26.04.2004 con sentenza GIP del Tribunale di Bolzano, irrevocabile il 20.05.2004 per detenzione di sostanza stupefacente in concorso, art. 73 co 5 D.P.R. 309/90, 72 C.P. (reato commesso il 22.04.2004 in Bolzano) a mesi 9 di reclusione e €. 1.400,00 di multa – pena sospesa (art. 173 C.P.);

– condannato in data 8.10.2004 con sentenza GIP del Tribunale di Bolzano, irrevocabile il 26.01.2005 (art. 444, 445 C.P.P: – applicazione della pena su richiesta delle parti) per detenzione e cessione illecita di sostanze stupefacenti continuata in concorso art. 73 D.P.R. 309/90 (reato commesso il 25.05.2004 in Bolzano) a mesi 15 di reclusione e €. 1.600,00 di multa – pena aggiunta in continuazione a quella di cui alla condanna del 26.04.2004. Confisca di quanto in sequestro – pena sospesa (art. 173 C.P.).

Si è costituito il Ministero dell’Interno – Questura di Bolzano, producendo documentazione e chiedendo il rigetto del ricorso, siccome infondato, previa reiezione dell’istanza cautelare.

Con ordinanza n. 217/2005, assunta nella camera di consiglio del 20.12.2005, questo Tribunale rigettava l’istanza di sospensione del provvedimento impugnato presentata dal ricorrente.

Alla pubblica udienza del 5.12.2007 il ricorso veniva trattenuto per la decisione.

Diritto

Il ricorso non è fondato.

Preliminarmente, in punto di fatto, va rilevato che le condanne sopra specificate costituiscono il presupposto dell’impugnato diniego, con riferimento all’art. 5 co. 5 del D.Lgs.vo 286/98, che richiama l’art. 4 co. 3 della stessa norma, come modificato dalla L. 189/2002.

Il ricorrente censura l’erronea applicazione della normativa vigente da parte della Questura di Bolzano.

Infatti quest’ultima avrebbe negato il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro ritenendo che gli artt. 5 co. 5 e 4 co. 3 del testo unico sulla disciplina dell’immigrazione vigente imponessero il diniego automatico del rinnovo in presenza di precedenti penali per i reati di cui all’art. 380 CPP, commi 1 e 2, ovvero per i reati inerenti gli stupefanti, la libertà sessuale e il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia.

Il sig. Malik, per le condanne subite e soprarichiamate, risultava, a parere della Questura, non legittimato a soggiornare in Italia.

Tale interpretazione della normativa vigente secondo il ricorrente appare manifestamente superficiale ed errata, in quanto non tiene in debita considerazione il contenuto letterale degli articoli di legge richiamati oltre ad ignorare in toto il contenuto della circolare del Ministero dell’Interno dd. 9.9.2003 n. 330.

Quest’ultima avrebbe chiarito che, secondo la L. 189/2002, mentre deve essere vietato l’ingresso nel territorio dello Stato dello straniero che abbia subito una sentenza di condanna, pari automatismo non sussisterebbe in caso di rinnovo di permesso di soggiorno, come nel caso in esame.

Lo stesso Ministero affermerebbe che in tali ipotesi è necessario esaminare la situazione complessiva in cui versa lo straniero, ai sensi del richiamato art. 5, co. 5, per cui la condanna – aggiunge il Ministero – ad uno dei reati indicati nell’art. 4.3 della legge, che richiama, come visto, l’art. 380 codice penale, non comporterebbe automaticamente il rigetto della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno ma rappresenterebbe uno degli elementi da valutare, unitamente agli altri.

Già il contenuto letterale del testo unico immigrazione stabilirebbe chiaramente all’art. 5, co. 5, che il rinnovo del permesso di soggiorno debba essere valutato tenendo in debita considerazione “nuovi elementi che ne consentano il rilascio”.

All’interno di tale contesto si porrebbe l’obbligo della Questura di compiere un’indagine approfondita sulla situazione personale, economica e sociale dell’istante affinché ogni eventuale “nuovo elemento” sia debitamente preso in considerazione ai fini della risposta da rendere alla depositata istanza di rinnovo.

In considerazione di quanto ora esposto sarebbe da considerarsi illegittimo il rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno sulla base della condanna riportata, dovendo il Questore valutare la pericolosità sociale in relazione non solo al provvedimento giurisdizionale, ma anche alle ulteriori circostanze richiamate dall’art. 5 del D.Lgs.vo n. 286/1998 in riferimento alla sopravvenienza di “nuovi elementi” che consentano il rilascio del documento richiesto; a supporto di tale affermazione il ricorrente richiama una sentenza del TAR Sicilia, Catania, Sez. II, del 13.1.2004, n. 9.

La doglianza non è condivisibile.

L’art. 4, co. 3, del D.Lgs.vo n. 286/98, modificato dalla L. 189/2002, stabilisce la non ammissibilità nel territorio nazionale dello straniero “che risulti condannato, anche a seguito di applicazione della pena su richiesta delle parti, ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale, per i reati previsti dall’art. 380, co.1 e 2 del codice di procedura penale, ovvero per i reati inerenti gli stupefacenti…”.

L’art. 5, co. 5, del già citato testo unico sull’immigrazione sancisce che “ il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato”.

Dal combinato disposto delle suddette norme è da desumersi che l’esistenza di una condanna emessa, anche ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale, per reati riferiti agli stupefacenti, preclude al Questore la possibilità di rinnovo del permesso di soggiorno del ricorrente; va da sé, quindi, che il provvedimento impugnato rappresentava un atto dovuto e non discrezionale da parte della Questura di Bolzano.

Per quanto concerne il richiamo alla circolare del Ministero dell’Interno dd. 9.9.2003, questo Collegio ribadisce quanto in proposito è stato testualmente deciso da questo Tribunale in data 27.9.2004 con sentenza n. 415/2004: “né vale appellarsi, in senso contrario alla circolare del Ministero dell’Interno dd. 9.9.2003, che distingue tra rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno … anzitutto va posto in rilievo che le circolari non hanno carattere normativo, né sono vincolanti per gli estranei all’Amministrazione, cosicché, ove tendano ad introdurre una non corretta interpretazione delle norme (nel caso specifico degli art. 4 e 5 del D.Lgs.vo n. 286 del 1998), devono considerarsi in contrasto con le stesse norme e, pertanto, vanno disattese (cfr. C.d.S. sez. IV 29.1.1998 n. 112, sez. III 9.1.2001 n. 1874 e T.R.G.A. di Trento 7.8.2003 n. 317).

Ebbene, ad avviso di questo Collegio la citata circolare non appare conforme alla volontà del legislatore, il quale ha espressamente posto sullo stesso piano l’ipotesi di rilascio e quella del permesso di soggiorno (cfr. art. 5, co. 5 del D.Lgs.vo n. 286 del 1998)”.

Il Collegio ha concluso poi testualmente:

“In sostanza non si vede perché al legislatore dovrebbe essere precluso il vietare l’ingresso e il soggiorno in Italia di persone con precedenti penali riferiti ad alcune tipologie di reati, tra cui quelle concernenti gli stupefacenti, considerandoli particolarmente gravi e pericolosi per la società”.

Deduce il ricorrente che nel caso di sospensione condizionale della pena gli effetti della condanna penale resterebbero in qualche misura “congelati” dal beneficio concesso.

L’argomentazione difensiva non può trovare ingresso.

Ad avviso del Collegio, come peraltro rilevato da giurisprudenza recente (C.d.S. sez. VI 17.05.2006, n. 2866; TAR Piemonte 13.9.2006, n. 4169; TAR Toscana 8.11.2006 n. 5325; T.R.G.A. Bolzano n. 56 del 13.02.2007), la preclusione al rilascio o rinnovo del titolo di soggiorno, di cui agli artt. 4 e 5 D.Lgs.vo n. 286/98, come modificato, non rappresenta una sanzione accessoria alla condanna o una misura di prevenzione, a cui possa applicarsi l’art. 166 codice penale, bensì un effetto di natura amministrativa che il legislatore ha deciso di far direttamente discendere dal fatto storico consistente nella condanna riportata per taluni specifici reati, che vengono considerati come oggettivi indici di pericolosità sociale.

Il Collegio condivide pertanto l’argomentazione esposta in una recente decisione dal Consiglio di Stato, per cui “la disomogeneità dei parametri normativi di riferimento e dei sottesi criteri di giudizio impedisce la traslazione del giudizio posto a fondamento della concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena ai fini del rilascio del permesso di soggiorno” (C.d.S., sez. VI, 26.5.2006, n. 3146).

Per quanto sopraesposto il ricorso è infondato e va pertanto rigettato.

Sussistono giustificati motivi per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa – Sezione Autonoma di Bolzano – disattesa ogni contraria istanza ed eccezione, definitivamente pronunciando, rigetta il ricorso in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza venga eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Bolzano, nella camera di consiglio del 05.12.2007.

Il Presidente
Marina Rossi Dordi