Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Sentenza del T.A.R. del Friuli Venezia Giulia del 21 aprile 2008 n.253

Il cittadino straniero affidato ha diritto alla conversione del suo permesso di soggiorno in permesso di soggiorno per lavoro subordinato ex articolo 32 comma 1 del T.U. del 98/286.

N. 00253/2008 REG.SEN.
N. 00201/2006 REG.RIC.

Repubblica Italiana
In nome del popolo italiano

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente

Sentenza

Sul ricorso numero di registro generale 201 del 2006, proposto da:
Bajselmani Taulant, rappresentato e difeso dall’avv. Anna Cattaruzzi, con domicilio eletto presso Anna Cattaruzzi Avv. in Udine, via Manin 18/9;

contro

Ministero dell’Interno, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, domiciliata per legge in Trieste, piazza Dalmazia 3;
per l’annullamento previa sospensione dell’efficacia,
del Questore di Trieste, dd. 14.2.2006, con cui è stata rigettata l’istanza volta ad ottenere la conversione del permesso di soggiorno per affidamento in permesso di
soggiorno per motivi di lavoro subordinato ovvero per attesa occupazione.

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19/03/2008 il dott. Vincenzo Farina e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

Fatto e Diritto

Il ricorrente Bajselmani Taulant, cittadino serbo-montenegrino, nato il 12.12.1987, ricorda di aver fatto ingresso illegale in Italia il 6.10.2004; in data
14.10.2004, la Questura di Trieste gli rilasciava un primo permesso di soggiorno per minore età, valido sino al 12.12.2005; nel frattempo, il 15.12.2004, il Tribunale
per i Minorenni di Trieste disponeva il suo affidamento al Comune di Gorizia onde disporne il collocamento in idonea struttura.
Il 30.6.2005, il Tribunale dei Minorenni di Trieste revocava il decreto di affidamento del minore al Comune e disponeva, ex art. 4 della legge n. 184/1983, il suo affidamento allo zio Bajselmani Imri, cittadino jugoslavo, regolarmente residente a Trieste, con il quale il Tribunale disponeva che il minore convivesse.
In data 9.11.2005, avuto riguardo al nuovo provvedimento di affidamento disposto a suo favore dal Tribunale dei Minorenni, la Questura di Trieste rilasciava al
ricorrente un nuovo permesso di soggiorno per affidamento valido sino all’ 11.12.2005.
In data 19.1.2006, scaduto il permesso per affidamento, il signor Bajselmani presentava alla Questura di Trieste richiesta di conversione del permesso di soggiorno per affidamento in un permesso di soggiorno per lavoro subordinato, avendo egli, dal giugno 2005, reperito un’occupazione, in qualità di apprendista operaio, presso la Ecopetrol sr.l, con sede a Trieste; allegava, all’uopo, all’ istanza copia del contratto di lavoro e dichiarazione di ospitalità e cessione di fabbricato resa dallo zio.
Il 4.4.2006, però, la Questura di Trieste notificava al ricorrente il gravato provvedimento in data 14.2.2006, recante il rigetto dell’istanza di conversione del
permesso di soggiorno, motivandolo con la circostanza che il ricorrente, titolare di un permesso di soggiorno per affidamento in ragione di un provvedimento del
Tribunale dei Minorenni, temporaneo e provvisorio, che prevedeva comunque il rimpatrio assistito, non possedeva i requisiti necessari ad ottenere la conversione di cui all’art. 32, comma 1-bis e 1-ter, del D.Lgs. n. 286/98, come modificato dalla legge n. 189/2002, e, cioè: la presenza sul territorio nazionale da non meno di tre
anni e la ammissione ad un progetto di integrazione sociale per non meno di due anni.
A sostegno del gravame l’istante ha dedotto due mezzi.
Si è costituito in giudizio l’intimato Ministero, chiedendo il rigetto del gravame.
Quest’ultimo è stato introitato dal Collegio ed è passato in decisione nella pubblica udienza del 19.3.2008.
Il ricorso merita condivisione sulla base della giurisprudenza di questo Tribunale (sent. nn. 226/05, 296/07 e 546/07), dalla quale il Collegio ritiene di non
discostarsi.
Come si è visto, il ricorrente Bajselmani Taulant, cittadino serbomontenegrino, nato il 12.12.1987, aveva fatto ingresso illegale in Italia il 6.10.2004.
In data 14.10.2004, la Questura di Trieste gli rilasciava un primo permesso di soggiorno per minore età, valido sino al 12.12.2005; nel frattempo, il 15.12.2004, il Tribunale per i Minorenni di Trieste disponeva il suo affidamento al Comune di Gorizia onde disporne il collocamento in idonea struttura.
Il 30.6.2005, il Tribunale dei Minorenni di Trieste revocava il decreto di affidamento del minore al Comune e disponeva, ex art. 4 della legge n. 184/1983, il suo affidamento allo zio Bajselmani Imri, cittadino jugoslavo, regolarmente residente a Trieste, con il quale il Tribunale disponeva che il minore convivesse.
In data 9.11.2005, avuto riguardo al nuovo provvedimento di affidamento disposto a suo favore dal Tribunale dei Minorenni, la Questura di Trieste rilasciava al ricorrente un nuovo permesso di soggiorno per affidamento valido sino all’11.12.2005
In data 19.1.2006, scaduto il permesso per affidamento, il signor Bajselmani presentava alla Questura di Trieste richiesta di conversione del permesso di soggiorno per affidamento in un permesso di soggiorno per lavoro subordinato, avendo egli, dal giugno 2005, reperito un’occupazione, in qualità di apprendista operaio, presso la Ecopetrol sr.l, con sede a Trieste; allegava, all’uopo, all’ istanza copia del contratto di lavoro e dichiarazione di ospitalità e cessione di fabbricato resa dallo zio.
Il 4.04.2006, però, la Questura di Trieste notificava al ricorrente il gravato provvedimento in data 14.2.2006 di rigetto dell’istanza di conversione del permesso di soggiorno, motivandolo con la circostanza che il ricorrente, titolare di un permesso di soggiorno per affidamento in ragione di un provvedimento del Tribunale dei Minorenni, temporaneo e provvisorio, che prevedeva comunque il rimpatrio assistito, non presentava i requisiti necessari ad ottenere la conversione di cui all’art. 32, comma 1-bis e 1-ter, del D.Lgs. n. 286/98, come modificato dalla legge n. 189/2002, e, cioè: la presenza sul territorio nazionale da non meno di tre anni e la ammissione ad un progetto di integrazione sociale per non meno di due anni.
Ciò posto, l’art. 32, comma 1 del D.Lgs. n. 286/98 stabilisce che “al compimento della maggiore età, allo straniero nei cui confronti siano state applicate le
disposizioni di cui all’art. 31, commi 1 e 2, e ai minori comunque affidati ai sensi dell’art. 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, può essere rilasciato un permesso di
soggiorno per motivi di studio di accesso al lavoro, di lavoro subordinato o autonomo, per esigenze sanitarie o di cura”.
Occorre ricordare, al riguardo, che la Corte Costituzionale, con la sent. n. 198/03, ha recepito il prevalente orientamento giurisprudenziale secondo il quale la ricordata disposizione di cui all’art. 32, comma 1, del D.Lgs. n. 286/98, per l’ampiezza della espressione usata (“minori comunque affidati”) si riferisce ad ogni
tipo di affidamento contemplato dalla suddetta legge n. 184/83, e cioè sia all’affidamento “amministrativo” di cui al comma 1 dell’art. 4, che all’affidamento “giudiziario” di cui al comma 2 dello stesso art. 4 e sia infine all’affidamento “di fatto” di cui all’art. 9 della medesima legge.
L’art. 25 della L. 30 luglio 2002, n. 189 ha aggiunto all’art. 32 tre commi, con i quali è stato disposto che: “il permesso di soggiorno di cui al comma 1 può essere
rilasciato per motivi di studio, di accesso al lavoro ovvero di lavoro subordinato o autonomo, al compimento della maggiore età, sempreché non sia intervenuta una
decisione del Comitato per i minori stranieri di cui all’articolo 33, ai minori stranieri non accompagnati che siano stati ammessi per un periodo non inferiore a
due anni in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazionale e che comunque sia iscritto” in un
apposito registro, a tal fine istituito (comma 1-bis); che l’ente gestore dei progetti deve dimostrare “al momento del compimento della maggiore età del minore straniero di cui al comma 1-bis, che l’interessato si trova sul territorio nazionale da non meno di tre anni, che ha seguito il progetto per non meno di due anni”, dispone di un alloggio, frequenta corsi di studio ovvero svolge attività lavorativa
retribuita (1 ter); e, infine, che “il numero dei permessi di soggiorno rilasciati ai sensi del presente articolo è portato in detrazione dalle quote di ingresso definite
annualmente nei decreti di cui all’articolo 3, comma 4” (1 quater).
Quanto all’art. 32, comma 1 bis del D.Lgs. n. 286/98, aggiunto con la novella di cui alla legge n. 189/02, va detto, sulla scia anche qui di quanto già avvertito dalla
Corte Costituzionale nella sopra ricordata sentenza n. 198/03, sia pur in via incidentale, che esso introduce una fattispecie distinta rispetto a quella di cui all’art.
32, comma 1, estendendo il beneficio della possibilità di rimanere in Italia per lavoro o altro, una volta raggiunta la maggiore età, anche nel caso di “minori stranieri non accompagnati”, purché ammessi per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale […..]”, vale a dire a minori i quali, come chiarito sin dal DPCM 19 dicembre 1999, n. 535, attuativi dell’art. 33 del D.Lgs. n.
286/98, non aventi cittadinanza italiana, e non avendo presentato istanza di asilo, si trovino per qualsiasi causa nel territorio dello Stato privi di assistenza e
rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per loro legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell’ordinamento italiano: si tratta di quei minori per i quali, non importa per quali ragioni, non sia stato possibile procedere ad affidamento nei modi previsti dal precedente comma 1 (sull’interpretazione del
suddetto comma 1 bis come configurante una fattispecie diversa rispetto a quella, principale, di cui al comma precedente, cfr. Cons. St., VI, n. 1681/05 e 564/07).
Non sembra inutile sottolineare, in questo contesto argomentativo, che l’art. 1 quater del più volte ricordato art. 32 D.Lgs. n. 286/98, con una disposizione di
chiusura, anch’essa introdotta dalla novella del 2002, stabilisce che: “il numero di permessi di soggiorno rilasciati ai sensi del presente articolo è portato in detrazione delle quote di ingresso definite annualmente dai decreti di cui all’art. 3, comma 4”: ciò all’evidente fine di scongiurare i rischi di una eccessiva liberalizzazione
nell’apertura delle frontiere nazionali.
Ora, applicando quanto sopra esposto al caso all’esame, si deve concludere che il ricorrente aveva titolo alla conversione richiesta, trovandosi, al compimento della
maggiore età, nella condizione di cui all’ art. 32, 1 comma, quale minore “affidato ai sensi dell’art. 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184”.
Per le ragioni suesposte, contrariamente a quanto sostenuto nel decreto impugnato, non era applicabile l’art. 32, comma 1 bis.
Inutile dire, infine, che il cenno al “rimpatrio assistito”, previsto nel decreto di affidamento in data 3.6.2005 del Tribunale di Trieste, riguardando esso i minori stranieri non accompagnati (art. 33, comma 2 e 2-bis del D.Lgs. n. 286 del 1998), ossia una fattispecie diversa da quella in esame, è insuscettibile di incidere
sull’accertato diritto del ricorrente ad ottenere la conversione del permesso di soggiorno.
In conclusione, alla stregua delle suesposte considerazioni, il ricorso va accolto e l’impugnato provvedimento va caducato.
Le spese del giudizio possono venire compensate, sussistendone le giuste ragioni.

P.Q.M.

il Tribunale amministrativo regionale del Friuli – Venezia Giulia, definitivamente pronunziando sul ricorso in premessa, respinta ogni contraria istanza ed eccezione,
lo accoglie, e per l’effetto annulla l’atto impugnato, meglio specificato in epigrafe.
Spese compensate.
Condanna l’Amministrazione soccombente alla rifusione del contributo unificato alla parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 6-bis, del D.P.R. 30 maggio 2002,
n. 115.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 19/03/2008 con l’intervento dei Magistrati:
Vincenzo Antonio Borea, Presidente
Vincenzo Farina, Consigliere, Estensore
Rita De Piero, Consigliere

L’Estensore il Presidente
Depositata in segreteria
Il 21/04/2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il segretario