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Sgombero alla Felandina: un altro smantellamento senza alternative

Foto: talentilucani.it

Metaponto di Bernalda (Matera) – Il ghetto “La Felandina” raccoglieva più di 500 braccianti, che in parte se ne erano andati dopo l’incendio del 7 agosto costato la vita a Eris Petty Stone, lavoratrice nigeriana di 28 anni. Lo sgombero è l’ennesimo atto di guerra ai migranti, già pesantemente sfruttati nelle campagne italiane.

E sgombero sia. Senza se e senza ma e, soprattutto, senza soluzioni alternative.
Il modus operandi è sempre lo stesso, in particolare dopo episodi drammatici che, nel caso del ghetto lucano, hanno portato alla morte, il 7 agosto, di Eris, giovane nigeriana. “La Felandina“, opificio abbandonato, viene immediatamente dichiarato luogo non sicuro (scoperta dell’acqua calda), in particolare dalle istituzioni locali, e, a gran voce, viene richiesto lo sgombero, sia mai doversi lavare dalla coscienza altri morti. Zero soluzioni abitative, zero soluzioni lavorative, pur sapendo che i braccianti (africani) lavorano duramente nelle campagne del metapontino, talvolta in nero, spesso come unica occasione per portare a “casa” quattro denari.

E cosi, il 29 agosto, manu militari, l’ex opificio è stato sgomberato (qui diversi video del ghetto girati il giorno dello smantellamento) dando la possibilità ai braccianti di inserirsi in alcuni Sprar lucani senza però tener conto che i migranti lavorano nella zona di Metaponto di Bernalda, spostarsi avrebbe significato la perdita del lavoro. In una situazione già vista negli sgomberi di altri ghetti del Sud, su tutti quello “mediatico” di Rosarno, i migranti si sono sparpagliati nelle campagne circostanti riversandosi tra le strade e dormendo sotto i ponti.

Sul tappeto 700 mila euro stanziati dal ministero per progetti presentati dalla regione Basilicata per l’allestimento di forme alternative di gestione dei migranti, un rinfocolarsi del fenomeno del caporalato e un sindaco, quello di Bernalda, che invoca sicurezza e legalità. In un territorio dove la manovalanza straniera è fondamentale per tenere in piedi il comparto agricolo.

Intanto durante l’assemblea che si è tenuta il giorno dopo lo sgombero, i braccianti hanno chiesto “l’applicazione del Contratto nazionale di lavoro che garantisce alloggi, servizi e paghe” denunciando per l’ennesima volta “il nostro fondamentale contributo allo sviluppo di questo territorio nonostante lo sfruttamento che subiamo non ci consenta di migliorare le nostre condizioni di vita“.

Matteo De Checchi

Insegnante, attivo nella città di Bolzano con Bozen solidale e lo Spazio Autogestito 77. Autore di reportage sui ghetti del sud Italia.
Membro della redazione di Melting Pot Europa.