Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

SiAmo Afrin – Non si ferma la campagna umanitaria in aiuto alla popolazione curda, araba, yazida e assira nel territorio siriano del Rojava

Nella zona di Afrin si contano ormai 350mila profughi circondati da forze ostili

Dall’Italia ad Afrin, per l’aiuto e la solidarietà alla popolazione curda, araba, yazida e assira colpita dalla guerra in Rojava, la regione a nord della Sira.

La campagna di raccolta di fondi “SiAmo Afrin” attiva su scala nazionale e internazionale è partita in tantissime città italiane. Fra i principali coordinatori ci sono la ong GUS – Gruppo Umana Solidarietà, i centri sociali e una cordata di realtà della società civile che si sta tutt’ora allargando grazie a nuove adesioni. Partecipa anche la fondazione Hêvî attiva in Rojava.

L’obiettivo è quello di raccogliere fondi grazie alla solidarietà dei cittadini, così da poter portare aiuti umanitari alle popolazioni sfollate. Sono 350mila gli sfollati che si trovano in un enclave nella zona di Shabha, circondati da forze ostili, impossibilitati a muoversi e senza il supporto della comunità internazionale.
È dal 20 gennaio che la zona di Afrin è sotto attacco, invasa dall’esercito turco che il 18 marzo, a seguito dell’operazione “Ramoscello d’ulivo” è arrivata ad invadere la città, nella disperazione dei suoi abitanti. Anche i 150mila profughi che avevano trovato protezione nel campo di Rubar presso Afrin si sono dovuti dare alla fuga. Nella sua avanzata, l’esercito turco, sostenuto da gruppi jihadisti affini ad al-Qaida ha bombardato acquedotti, scuole, ospedali e seminato violenza, ucciso centinaia di civili, e saccheggiato barbaramente le abitazioni della popolazione in fuga. La catastrofe umanitaria in atto è estremamente grave, ma nonostante ciò l’attenzione internazionale sembra rivolgersi altrove. “SiAmo Afrin” nasce per dare soccorso alle popolazioni colpite dalla guerra, e allo stesso tempo per rompere il silenzio e riportare la dovuta attenzione su questa tragedia.

La campagna umanitaria è partita il 25 aprile e si concluderà il 2 giugno ed ha l’appoggio ufficiale del Ministero della sanità di Afrin. Le donazioni saranno devolute in beni di prima necessità. A distribuirle nei campi profughi di Shabha ci penserà la Mezzaluna Rossa Curda, unica associazione che opera in quelle zone.
Parallelamente eventi ed incontri di sensibilizzazione sono previsti in varie piazze di Italia.
Il logo di “SiAmo Afrin” è stato disegnato da Zerocalcare. Fra gli animatori della campagna c’è Karim Franceschi, l’attivista di Senigallia che per primo si è unito all’esercito popolare curdo dello Ypg nel 2015 durante la liberazione di Kobane e di Raqqua.

Ci rivolgiamo a tutti i cittadini delle Marche e d’Italia. Perché aiutare la gente di Afrin vuol dire portare solidarietà a chi si è opposto con una alternativa politica multiculturale e democratica alla violenza e al tragico caos che ha colpito la Siria dal 2011 – spiega Karim Franceschi –. Nel Rojava, la zona orientale della Siria formata da un mosaico di etnie, negli ultimi anni si è dato vita alla Federazione Democratica della Siria Settentrionale, cioè ad una forma di autogoverno fondata su principi che tutto il mondo ha ammirato: l’uguaglianza fra i popoli, la democrazia dal basso, la parità fra i sessi e l’ecologia. A Kobane, quando quel modello democratico è stato aggredito dall’Isis, la comunità internazionale ha dato supporto alla resistenza della popolazione locale. Diverso destino sta toccando ad Afrin, attaccata dai turchi e da frange jihadiste che una volta facevano parte proprio di quel sedicente Stato Islamico sconfitto soprattutto grazie allo sforzo delle popolazioni del Rojava e delle truppe dell’Ypg – Ypj”.

La raccolta fondi è attiva al link http://l2l.it/siamoafrin.

Oppure è possibile donare attraverso bonifico bancario al conto corrente di Banca etica IT 83 Q 05018 02600 000016709206.

Ulteriori informazioni con tutte le serate di raccolta fondi:
Profilo facebook
Twitter: #SiAmoAfrin

Redazione

L'archivio di tutti i contenuti prodotti dalla redazione del Progetto Melting Pot Europa.