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Sicilia – Ancora accoglienza dietro gli sbarramenti della Polizia

Comunicato della Sezione siciliana dell'ASGI

Anche in Sicilia, come nel resto d’Italia, si stanno creando le condizioni di una nuova emergenza umanitaria, che non deriva soltanto dalle tragiche vicende del Maghreb, ma dal modo irresponsabile ed improvvisato con il quale si sta gestendo la situazione degli arrivi, paventando anche il rischio di un ondata biblica con devastanti conseguenze sul piano dell`informazione e dell`opinione pubblica. Al di là dei CARA di Caltanissetta e di Salina Grande, vicino Trapani, nei quali si opera, nella maggior parte dei casi, nel rispetto delle norme di legge, nelle altre strutture gestite con i criteri della Protezione Civile, grazie al nuovo decreto che dichiara l’ennesimo stato di emergenza la gestione dell’accoglienza è militare, in spregio a norme e principi consolidati di diritto interno e comunitario. Luoghi che in passato erano stati utilizzati per migranti in transito per uno o due giorni si sono trasformati in centri di trattenimento, malgrado in molti casi siano le stesse autorità a sollecitare i migranti a presentare una istanza di protezione internazionale.

A Pozzallo, in provincia di Ragusa, in un capannone dentro la zona portuale, sono stati trattenuti per due settimane oltre 150 migranti, in prevalenza tunisini provenienti da Lampedusa, ma anche egiziani, , compreso un gruppo di minorenni. La tensione all’interno della struttura, utilizzata in passato soltanto per il tempo necessario al soccorso e all’identificazione subito dopo gli sbarchi, è man mano cresciuta, determinando anche delle fughe, in una situazione di grande confusione dal punto di vista del regime giuridico. Soltanto dopo due settimane si è provveduto alla formalizzazione delle richieste d’asilo, permettendo in questo modo il rilascio dei documenti che consentono l’uscita dal capannone che non è assolutamente una struttura adeguata all’accoglienza prolungata dei richiedenti asilo.E a Pozzallo è trattenuto il migrante egiziano ferito da colpi di pistola dalla Guardia di Finanza durante un tentativo di blocco di un imbarcazione con a bordo sessantaquattro Egiziani che tentava di raggiungere la costa siciliana. In un primo momento ritenuto uno scafista, dopo essere stato curato in ospedale, rimane ancora rinchiuso in una struttura fatiscente. Gli altri egiziani sono stati rimpatriati, meno dieci minori che sono stati trasferiti in diversi centri per minori.

La stessa situazione e le stesse criticità riguardano 200 migranti trasferiti da Lampedusa a Rosolini, in provincia di Siracusa, all’interno di una struttura tensostatica. Due cittadini francesi, arrivati a Rosolini per ricongiungersi ad alcuni parenti rinchiusi dentro la struttura sono stati arrestati con l’accusa di agevolazione dell’ingresso di clandestini.

Anche a Lampedusa la situazione sembra degenerare. Dopo che l’isola per alcune settimane era stata trasformata in un gigantestco CIE a cielo aperto, senza porte, ma con un impatto insostenibile da parte della popolazione, dopo i primi giorni di solidarietà nei confronti dei profughi in fuga dalla Tunisia, si è arrivati a manifestazioni di forte contrapposizione, fino all’ordinanza del Sindaco De Rubeis che obbliga i migranti a non allontanarsi dal centro di contrada Imbriacola. L’ordinanza è stata sospesa, forse a seguito della segnalazione del prefetto di Agrigento alla Procura della Repubblica di un provvedimento sospettato di istigare all’odio razziale. Ma quanto accaduto in questi giorni e le scelte del governo su Lampedusa, come la decisione di trattenere sul’isola gli immigrati per settimane, fanno presagire il peggio qualora gli arrivi di massa dovessero riprendere. Certo se qualcuno faceva affidamento sugli accordi tra Italia e Libia per garantirsi il blocco degli arrivi, in gran parte di richiedenti asilo, ha sbagliato i conti e di grosso. Lampedusa appare oggi una piattaforma offshore sulla quale confinare a tempo indeterminato migranti in attesa di uno status giuridico. E, come loro, Lampedusa è destinata a diventare un territorio al di fuori del diritto.

Queste situazioni di incertezza giuridica producono tensioni tra i migranti trattenuti in Sicilia. Probabilmente si prende tempo in attesa dell’apertura del mega-centro di accoglienza di 3000 posti che si vorrebbe aprire a Mineo, in provincia di Catania, dove dovrebbero essere trasferiti (o deportati ?) tutti i richiedenti asilo attualmente trattenuti nei centri di Pozzallo e Rosolini. Un’operazione di facciata, l’ennesima, che si tradurrà nella blindatura della 鼎ittadella dell’accoglienza�per impedire la fuga dei migranti, in contrasto con la legge italiana ( d. lgs. n. 25 del 2008), con le direttive comunitarie (peraltro “sospese” dall’ultimo decreto emergenza) ed, in primo luogo, con la Convenzione di Ginevra, vietano la detenzione dei richiedenti asilo. Il ”villaggio degli aranci” di Mineo è una struttura di palazzine, già occupate da militari americani della base di Sigonella, di proprietà dell`impresa Pizzarotti di Parma. La gestione sarà affidata alla Croce Rossa. Il sistema appare insensato ma all’insegna dell`emergenza: lo Stato trasferisce fondi senza controlli. Ancora una volta, i migranti servono. Come servono una manciata di milioni di euro ( sembra 15) per convincere gli amministratori locali più riottosi ed una martellante campagna di stampa che alimenta paure e sentimenti discriminatori nell’opinione pubblica. Il centro dovrebbe ospitare richiedenti asilo, ma senza alcuna garanzia che, come prevede la legge, una appositamente commissione territoriale venga istituita. La possibilità di trasferire periodicamente la Commissione territoriale di Siracusa nella nuova struttura, rievoca l’incapacità dimostrata in passato di fare fronte alle esigenze del CARA di Caltanissetta e di altre strutture della parte meridionale della Sicilia, come il centro di Cassibile, adesso chiuso dopo ripetuti scandali, e di Pozzallo. Appare evidente che il governo vuole sfruttare questa ennesima emergenza per trasformare il regime del trattamento dei richiedenti asilo, inserendo la detenzione amministrativa vietata dalla Convenzione di Ginevra e dalle direttive comunitarie..

In provincia di Messina viene annunciata la riapertura del centro di Sant’Angelo di Brolo, con uno stutus giuridico ancora sconosciuto.Si registrano anche nuovi arrivi di minori, dieci dei quali sono stati accolti in una casa di accoglienza di Barcellona. Nel frattempo si procede all’individuazione di nuove strutture anche se le autorità sono restie a fornirne i dettagli. Tutto avviene in un clima di segretezza e di militarizzazione crescente, forse per coprire le tante menzogne che vengono diffuse durante le conferenze stampa, come quella che il Ministro Maroni ha tenuto lunedì 28 febbraio a Catania. Si gioca ancora con le cifre di una improbabile invasione, strumentalizzando i giustificati allarmi dell’ACNUR sulla situazione ai confini della Libia, e non si fa nulla per aiutare Egitto e Tunisia a fare fronte alle decine di migliaia di persone in fuga da Gheddafi, forse l’unico modo per impedire che la maggior parte di loro possa poi tentare la traversata.

Diventa sempre più alto il rischio che il governo deporti da un centro all`altro, per tutta l`Italia, coloro che sono già in regime di accoglienza e che questo spezzi i legami di integrazione ed abbatta le possibilità di presentare ricorsi contro i dinieghi degli status. Sembra vi sia un preciso progetto di svuotare alcuni CARA italiani per trasformarli in CIE. Come se il trasferimento dei tunisini arrivati nei giorni scorsi a Lampedusa e il clima di tensione, con atti di autolesionismo e rivolte, da Gradisca di Isonzo a Bologna non avessero insegnato nulla. In questo momento la detenzione amministrativa dovrebbe costituire l’ultima soluzione da adottare nei confronti di immigrati irregolari che comunque provengono da paesi diversi ancora a forte rischio „democrazia“. E dovrebbe finalmente applicarsi la Direttiva sui rimpatri n.115 del 2008, che prevede ipotesi di rimpatrio volontario senza divieto di reingresso.

Sullo sfondo rimane l`applicazione sommersa del reato di immigrazione clandestina: ad Agrigento, per esempio, risulterebbero iscritti nel registro degli indagati centinaia di Tunisini arrivati a Lampedusa nelle scorse settimane per violazone dell’art. 10 bis. La prassi, poi, della rimessione in libertà dai CIE, con l`intimazione a lasciare il territorio nazionale entro 5 giorni ( il cd. Foglio di via), costituisce un invito alla clandestinità, infliggendo loro la sanzione definitiva della condizione di clandestinità.

Gli sbarchi a Lampedusa continuano a ritmi lenti. E’ tuttavia possibile che possano riprendere, non certo nelle dimensioni “bibliche“ evocate dal ministro dell’interno, ma con i numeri del passato. Adesso il Trattato bilaterale con la Libia è stato sospeso, ma gli accordi con l’Egitto, la Tunisia e l’Algeria sono ancora in vigore e anche nelle scorse settimane si sono registrate operazioni di respingimento, in particolare verso l’Algeria.
Occorre garantire il soccorso in mare evitando tassativamente altri respingimenti, e garantire nelle zone di crisi, come alle fontiere della Tunisia e dell’Egitto con la Libia, l’accesso alla procedura di asilo, attuando il trsferimento in Italia dei soggetti più vulnerabili e proponendo all’Unione Europea il reinsediamento di coloro che avendo riconosciuto uno status di protezione internazionale, volessero raggiungere uno degli stati dell’Unione.