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Sicilia: i CPT a quattro anni dal rogo del Serraino Vulpitta

Intervista a Valeria del Coordinamento delle associazioni per la pace di Trapani

Domanda: Come nasce l’idea di questa manifestazione?
Risposta: Sono passati quattro anni dal rogo del Vulpitta e in un paese decente dopo un avvenimento del genere un centro di detenzione sarebbe stato chiuso e rivista la legge e il principio stesso dell’istituzione di queste strutture. Invece, in Italia i centri continuano a funzionare e a Trapani il Vulpitta è aperto. Oggi è momentaneamente chiuso per l’ennesima ristrutturazione, ma ha funzionato fino al 22 novembre di quest’anno e riprenderà a funzionare, purtroppo, appena finiti i lavori e appena terminata la ristruttuazione perchè ogni anno, ormai da tre anni il Vulpitta viene chiuso proprio nel periodo dell’anniversario del rogo.

D: Tu sei una delle poche persone che ha avuto, in questi quattro anni, la possibilità di entrare al Serraino Vulpitta. Cosa è cambiato dopo l’entrata in vigore della nuova legge sull’immigrazione, la Bossi-Fini?

R: Noi siamo due operatori, io e Sergio Serraino che entriamo periodicamente nel CPT. Abbbiamo un’autorizzazione che pochi anni in Italia, perchè noi non siamo associazioni convenzionate, appunto perchè non leggitimiamo l’esistenza di queste strutture.
Con la Bossi-Fini è sicuramente peggiorata la situazione che già era assurda, terribile, perchè è passato il periodo di detenzione da trenta a sessanta giorni e questo significa una situazione veramente assurda perchè 60 giorni sono terribili dentro un CPT. E allora si moltiplicano le rivolte, i tentativi di fuga, gli episodi di autolesionismo. Noi abbiamo scritto due dossier: uno che in pratica parte dal 29 dicembre del 1999 e racconta la storia del Vulpitta fino alla chiusura che è avvenuta a dicembre dell’anno scorso e poi un altro che presenteremo il 27 dicembre durante l’assemblea che si svolgerà il giorno prima della manifestazione che racconta gli ultimi nove mesi del Vulpitta. Racconta, appunto, delle rivolte che ci sono state quasi quotidianamente, dei tentativi di fuga e degli episodi di autolesionismo: persone che si tagliano, che prendono psicofarmaci per poter dormire la notte.
Raccontiamo frammenti della loro esistenza dentro il Serraino Vulpitta e sono storie veramente terribili.

D: Chi ha la gestione di questo centro?
R: La gestione del centro, come per tutti gli altri CPT è affidata alla Prefettura di Trapani. Poi c’è una cooperativa che cogestisce il centro.
La cogestione dei centri in tutta Italia, secondo me, è uno dei business più indecenti che si possa immaginare. C’è un giro abbastanza notevole.
Queste strutture drenano molte risorse. Figuratevi che un CPT piccolo come il Serraino Vulpitta fino al novembre del 2002 è costato più di due miliardi di lire solo come gestione senza includere le ristrutturazioni. Può trattenere al massimo 60 persone quindi un giro veramente notevole di soldi, tra l’altro, alcuni stipendi come quello del direttore e di altre figure sono extraconvenzione.

D: Hai qualche aggiornamento anche sulla situazione nei altri CPT siciliani, in particolare su quello che si trova ad Agrigento in contrada San Benedetto?
R: La situazione è terribile. Intanto in Sicilia sono stati chiusi, per un certo periodo, il CPT di Caltanisetta e quello di Ragusa. Adesso il CPT di Caltanisetta è ritornato in funzione, ma da pochissimi giorni, quello Di Ragusa no, e comunque è un piccolissimo CPT, mentre quello di Trapani è momentaneamente chiuso. Quello di Agrigento è l’unico CPT che funziona a pieno regime e che deve fronteggiare il problema che si pone per quelli che sbarcano a Lampedusa. Molti vengono smistati nei centri del meridione, soprattutto in Calabria e in Puglia, molti vanno a finire nel CPT di Agrigento e lì fino a qualche giorno fà c’era una situazione assurda.
Addirittura 100 persone nel solo padiglione che ospita gli uomini, costrette a dormire a terra in una situazione igienica veramente precaria.
L’On.Liotto, che è un deputato regionale, in una recente visita, ha potuto constatare la situazione.
A noi e ai giornalisti non è stato permesso di entrare e visitare il centro. Ci è stato detto che erano disposizioni ministeriali.

Abbiamo però notizie da chi è trattenuto lì dentro che la situazione è veramente terribile.
Queste persone vengono trattenute 60 giorni in una situazione di disagio, che è quella propria del trattenimento perchè sono persone che non hanno commesso nessun reato a meno che non si voglia pensare che è reato quello di cercare una vita migliore, la possibilità di un lavoro e che poi devono subire anche una detenzione in queste condizioni.
Poi c’è il centro di Lampedusa che è balzato più volte alle cronache che non è un vero e proprio centro di detenzione ma è un centro che loro chiamano di accoglienza ma non c’è niente di quello che delle persone civili possono intendere per accoglienza.