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Commento ad alcune news di agenzia e ad alcune pronunce dei Tribunali Amministrativi Regionali

Soggiorno irregolare – La tutela della salute

a cura dell' Avv. Marco Paggi

Analizziamo una proposta di nuova legge regionale sull’immigrazione presentata dall’Assessore alla Sicurezza Sociale Gianni Salvatori, lo scorso 22 settembre, a Firenze, durante una conferenza nazionale sull’immigrazione.
Il fatto in sé che si presenti una nuova legge sulla tutela della salute dei cittadini immigrati non costituisce di per sé una novità di particolare rilievo, infatti, ogni regione ormai si è dotata di una norma su questa materia e, come tutte le norme, anche queste possono essere aggiornate, integrate e modificate.
La notizia contiene un’informazione che sembra rappresentare una novità e che invece una novità non è, e soprattutto non può essere, visto il quadro normativo attuale.
La notizia di agenzia parla del ben noto STP, la tessera sanitaria per Straniero Temporaneamente Presente che, secondo la proposta contenuta nella bozza di legge regionale della Toscana, dovrebbe garantire ai cittadini stranieri irregolari, che avranno bisogno di cure mediche, una prestazione sanitaria.
Si precisa che non si tratterà solo delle cure urgenti ospedaliere, già previste nella legge regionale, ma anche di analisi di laboratorio o “ricette per il mal di gola”.
A confermare quanto anticipato dal Corriere della Sera è lo stesso Assessore: “la tessera STP garantirà loro una copertura per un periodo di tempo limitato”. E ancora:“La Regione Toscana con questa legge sull’immigrazione annunciata dal Presidente Claudio Martini lo scorso 22 settembre durante la conferenza nazionale sull’immigrazione vuole così dare una risposta a quanti, ad esempio, lavorano come badanti ma non sono ancora regolarizzati. Solo per le badanti le domande presentate dalle famiglie toscane nel 2007 sono state 25.000 ma la quota assegnata alla Regione Toscana era di sole 3.500 unità”.
L’assessore Salvadori prosegue: “Noi puntiamo ad aiutare soprattutto gli irregolari, cioè quanti hanno un lavoro, e non i “clandestini”, ossia chi è arrivato da noi senza prospettiva alcuna”.

E’ curiosa questa distinzione che così enunciata sembra quasi una classificazione stabilita da una qualche norma di legge, in realtà non c’è una ragione per distinguere anche terminologicamente tra “irregolari” e “clandestini” a meno che non si vogliano aggiungere delle connotazioni e dei pregiudizi rispetto a dei termini che di per sé sono neutri.
Tradizionalmente con il termine “clandestino” si fa riferimento a quanti sono senza permesso di soggiorno, così come con il termine irregolare, più calzante con la terminologia legislativa.
Il termine clandestino è però più usuale ed è usato in modo criminalizzante perché tende a far pensare che vi sia volontà di nascondersi, magari per delinquere meglio. In realtà non c’è ragione per fare questa distinzione, anche perché, la maggior parte degli “irregolari” o “clandestini”, per chi li viole chiamare così, sono costretti in questa condizione.
La maggior parte di essi sta attendendo il nulla osta in base al decreto flussi come ammette lo stesso Assessore e quindi avrebbe comunque un diritto alle prestazioni sanitarie.

La cosa che merita di essere sottolineata è come la Regione Toscana, o perlomeno questo assessore, abbia scoperto come nuova una cosa invece assodata.
E’ la legge dello Stato che fin dal 1998 garantisce, all’art. 35, l’assistenza sanitaria per le persone non in regola con le norme in materia di ingresso e soggiorno, in altre parole, garantisce l’assistenza sanitaria ai cosiddetti “irregolari”.
Le cure garantire dall’art. 35 del TU, argomento più volte trattato, sono quelle urgenti ed essenziali, quindi non solo quelle urgenti, che implicano una prestazione di Pronto Soccorso, ma anche quelle che non richiedono prestazioni urgenti perché non vi è un pericolo di vita, ma che devono essere garantite perché, la mancata prestazione delle cure, potrebbe esporre il soggetto ad un pericolo anche solo di cronicizzazione o aggravamento della malattia.
Questa lettura è contenuta nella circolare del Ministero della Sanità n. 5 del 24 marzo 2000 e non ha subito modifiche ad oggi.
Quindi, quello che viene attribuito alle dichiarazioni dell’assessore Salvadori secondo cui questa proposta di legge regionale supererebbe un problema esistente, cioè quello di garantire non solo l’assistenza urgente, ma anche le cure essenziali esemplificate nelle analisi di laboratorio e visite specialistiche nei casi in cui vi sia un’effettiva necessità di cure mediche, non è vero.

La novità non esiste. Se poi si volesse affermare che molte Aziende Sanitarie non rispettano queste norme e non danno indicazioni sufficienti agli interessati per fruire delle cure essenziali, limitandosi a garantire solo le cure urgenti, si tratta di altra questione, che consiste nel far rispettare una legge che già c’è. Problemi di questo genere non sono presenti solo in Toscana ma in tutto il paese dove la prassi è seguita a macchia di leopardo e le stesse norme dell’art. 35, o la circolare del Ministero della Sanità n. 5 del 24 marzo 2000, vengono applicate in modo diverso, anche per quanto riguarda i cittadini comunitari, per ogni singola azienda, o a seconda dello sportello a cui si rivolge l’utente.

Un altro falso problema, che viene scoperto come fosse una novità da parte dello stesso Assessore, è quello di come tutelare la privacy. Si attribuisce sempre allo stesso Assessore la seguente dichiarazione: “certo se vengono i carabinieri o gli agenti della questura a chiedere gli elenchi degli iscritti” – aggiunge Salvadori – “non potremmo esimerci perché così vuole la legge. Speriamo di trovare un modo di far si che chi rischia di morire possa essere curato. Noi puntiamo ad aiutare soprattutto gli irregolari”.
Il problema della privacy è in realtà un problema che è già stato affrontato dalla legge, non si tratta soltanto di semplice tutela della privacy ma di tutela del diritto alla salute.
E’ chiaro che se un irregolarmente soggiornante, nel momento in cui si rivolge ad una struttura sanitaria per ottenere le cure urgenti, o comunque di carattere essenziale non può avere il timore di incorrere in un provvedimento di espulsione.

Per esempio, supponiamo che una persona abbia una patologia che nell’immediato non corrisponda a pericolo di vita ma che potrebbe produrre aggravamenti e successive conseguenze gravissime, come un tumore, anche se questi è in grado di camminare, di provvedere normalmente ai propri bisogni,anche se autosufficiente, non soffre particolarmente, dopo qualche mese potrebbe trovarsi in pericolo di vita.
La cura di quel tumore è un tipico esempio di cura essenziale, che dovrebbe essere garantita anche agli irregolarmente soggiornanti, indipendentemente dal fatto che non si tratti di un caso da intervento del Pronto Soccorso, e che, addirittura, da lì dovrebbe essere respinto.
Se questi dovesse temere di essere segnalato alla polizia, ed essere quindi curato, ma al tempo stesso espulso, potrebbe vagare senza richiedere cure, peggiorare le proprie condizioni di salute e rischiare la vita, e nel caso di eventuali malattie infettive, potrebbe costituire anche un pericolo per la collettività.

Per tutte queste ipotesi di cure urgenti ed essenziali, l’art 35 del Testo Unico sull’immigrazione prevede inequivocabilmente il divieto, per il personale sanitario, di segnalare la condizione di irregolarità di soggiorno alle autorità di Polizia e quindi, di provocare l’applicazione dei tipici provvedimenti sanzionatori dell’espulsione, accompagnamento alla frontiera ecc.
Per quale motivo questo? Per dare una protezione particolare agli “irregolari”?
No, semplicemente per garantire l’effettiva tutela del diritto alla salute. Ovvio quindi che questa immunità presso i centri sanitari dovrebbe essere garantita per consentire un’effettiva tutela del diritto alla salute non solo individuale ma anche collettiva.
Il problema della privacy non si pone dunque, perché non dovrebbe essere effettuata alcuna attività di segnalazione, né da parte delle istituzioni sanitarie (di denunciare i soggetti irregolarmente presenti), né da parte delle forze di polizia.

D’altra parte c’è da considerare anche un altro aspetto, riferito alla formulazione letterale della norma. L’art 35 prevede che vengano garantite le cure urgenti, o comunque tutte le cure essenziali, anche non ospedaliere, per esempio di carattere ambulatoriale, a tutti coloro che sono cittadini extracomunitari, privi di mezzi di sussistenza, e quindi della possibilità di pagare le spese sanitarie, i cosiddetti indigenti, ( che si dichiareranno tali sotto la propria responsabilità e a rischio di andare sotto processo penale nel caso in cui dichiarino il falso), e a tutti gli stranieri che non siano in regola con le norme in materia di ingresso e soggiorno, quindi anche a chi è privo di documenti e non può essere certamente identificato.

Per fare un esempio, essere senza passaporto rientra nella definizione di presenza irregolare sul territorio e di violazione delle norme in materia di ingresso e di soggiorno, cosa che succede anche troppo spesso visto che, nelle condizioni dell’immigrato irregolare, le stesse condizioni di vita e alloggiative, di fatto, favoriscono la probabilità di perdere quel titolo o di essere vittima di furti o a volte di trattenimento del documento da parte di forze di polizia in occasione di controlli, quindi, non è indubbio che chi è privo di un documento di identità riconosciuto sul piano internazionale abbai ciò nonostante il diritto di fruire, in base all’art 35 del T.U., delle cure sanitarie previste.
Il problema della privacy quindi non si pone neanche sotto questo profilo.
Quello che vogliamo ribadire è come, il fatto che si passi per novità la garanzia di un diritto, affidata a una proposta di legge regionale sia preoccupante, perché in realtà questo rappresenta casomai la conferma del fatto che, questo diritto, pur essendo già previsto dalla legge vigente, non è effettivamente rispettato e quindi, la notizia di agenzia, letta correttamente, è una notizia non certo positiva, un segnale di allarme fin troppo eloquente.

Consideriamo la casistica pratica.
Se, come abbiamo visto, la prestazione di cure urgenti e/o essenziali, previste come un diritto dalla legge, è messa in forse da prassi locali, a nostro avviso comunque distorte e non conformi alla legge, si tratta anche di capire se, in determinati casi, laddove appunto l’esigenza di cure non sia un’esigenza di breve momento, ma implichi anche una necessità di fruizione, per un periodo di tempo apprezzabile, se non per sempre, del servizio, sia possibile ottenere o meno un permesso di soggiorno per motivi di salute.
In altre parole se sia possibile rilasciare ad una persona in condizione di soggiorno irregolare, che ha necessità di cure, un permesso di questo tipo.
Un permesso di questo tipo non è espressamente previsto dalla legge, se non sotto forma di permesso di soggiorno per motivi di salute, nel caso della cittadina straniera in stato di gravidanza, per tutta la durata della gravidanza e per i primi sei mesi di vita del bambino.
Un diritto questo che poi, la Corte Costituzionale, ha esteso anche al padre del bambino.
Questo in effetti è una specie di permesso di soggiorno per motivi di salute perché si tratta di garantire la salute del neonato. Però, se in generale una persona che sta male, bisognosa di cure di cui non potrebbe fruire nel proprio paese per mancanza di strutture adeguate, abbia o meno il diritto di ottenere un permesso per motivi di salute, è ancora messo in forse.
Intendiamoci, nella prassi questo tipo di permesso di soggiorno è ampiamente utilizzato, non si può dire che le questure non lo rilascino. Il problema è che le stesse ritengono di disporre di un potere discrezionale di valutazione da caso a caso, potere peraltro non esercitato in maniera uniforme presso ogni questura: a seconda del caso, o di come viene valutato concretamente, e a seconda della prassi seguita da questura a questura, le valutazioni hanno esiti diversi.
Che ciò poi corrisponda ad un’esigenza di equa tutela del diritto alla salute è da valutare, certo è che le prassi sono alquanto diversificate.

Per esempio, a riprova che le prassi adottate non sono omogenee, c’è una sentenza del Tar Sicilia sede di Palermo dell’8 Giugno 2007, n. 1655, che prende in considerazione un provvedimento del Questore di Palermo che ha respinto la domanda di una donna immigrata ed “irregolare”, per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di salute.
L’interessata ha promosso un ricorso al Tar Sicilia che ha ottenuto un esito favorevole.
Questa persona è affetta da tubercolosi urinaria in fase attiva, insufficienza renale cronica…è cioè bisognosa di cure.
La mancanza di cure necessarie potrebbe anche, visto il tipo di malattia, rappresentare un pericolo per la collettività nel caso in cui la persona potesse infettare altri.
Il motivo per cui il Questore di Palermo ha respinto la domanda di permesso di soggiorno per cure mediche, nonostante l’evidente bisogno di questa persona, è quello per cui “dalla documentazione prodotta dall’interessata a corredo dell’istanza e dalla successiva certificazione medica, non si evidenzia che la straniera corra pericolo di vita”. In altre parole l’interpretazione adottata in questo caso dal Questore era quella secondo la quale il permesso di soggiorno per motivi di salute avrebbe potuto o dovuto essere rilasciato solo nel caso in cui l’interessata avesse corso pericolo di vita immediato.
In realtà le valutazioni sono altre, abbiamo preso in considerazione altri casi in cui persone affette da AIDS rischiavano l’espulsione in paesi in cui non vi sono adeguate cure garantite a livello pubblico per questa patologia.
Il Tar Sicilia non ha dovuto fare alcun sforzo interpretativo poiché ha semplicemente richiamato le norme esplicite esistenti in materia: l’art. 35 del TU, che garantisce tutte le cure, sia quelle urgenti che quelle essenziali e che garantisce un permesso di soggiorno che dovrebbe avere durata pari almeno al trattamento terapeutico previsto, o comunque di tipo rinnovabile fino a quando perdura la necessità terapeutica documentata.
Peraltro, precisa il TAR Sicilia, l’elencazione delle tipologie di infermità o di malattie contenute nell’art. 35 non si può considerare esaustiva perché la norma parla anche di tutte le cure che siano ritenute comunque essenziali dal personale sanitario, per evitare, come precisa la circolare del Ministero della Salute, la cronicizzazione o l’aggravamento di una malattia.
Se quindi una persona ha bisogno di cure, anche se “irregolarmente soggiornante”, ha diritto ad averle.
Non solo, secondo il Tar Sicilia ha diritto anche di avere un permesso, indipendentemente dal fatto che corra un pericolo di vita o meno.

Però, per rilevare come cambiano le interpretazioni, una recente sentenza del TAR Veneto (Questura di Padova), in un caso analogo a quello appena citato, ha raggiunto una sentenza opposta a quella del Tar siciliano: nessun diritto per quanto riguarda il permesso di soggiorno, perché è possibile rimanere in Italia irregolarmente usufruendo delle cure.
Viene da chiedersi se la nostra legge possa essere interpretata nel senso di garantire, da un lato tutela della salute, oppure, al tempo stesso, mantenere la persona, anche per tempi lunghi, in condizioni di “morte civile”, senza un titolo, nemmeno precario, di soggiorno, che gli permetta di rapportarsi normalmente con gli altri servizi (fare un’assicurazione, mettere in affitto un appartamento…) all’interno del territorio.
Che sia compatibile usufruire delle cure e mantenere una condizione di “morte civile” all’interno del territorio, anche per il tempo strettamente necessario alla fruizione delle cure, è ancora fortemente discutibile. Ci auguriamo che la giurisprudenza, anche quella del Tar Veneto, modifichi questo orientamento che pare poco compatibile con i principi di legge.