Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza
/

Razzismo nei media – Sotto il titolone, niente (a parte un bel po’ di razzismo)

rubrica a cura di Riccardo Bottazzo

Cosa non si fa per un titolo ad effetto! Quando lo spari a quattro colonne te lo godi tutto. Sei convinto di aver scritto un articolo che domani sarà letto più degli altri, una storia che domani farà discutere la gente dietro ai banconi dei bar. Così ti illudi di aver fatto bene il tuo lavoro e magari anche di aver aiutato il tuo giornale a vendere più copie. E se la notizia non c’è… pazienza! Anzi, a pensarci bene, è ancora meglio. Tu il titolone ad effetto ce lo hai trovato lo stesso e questo ti fa sentire un giornalista ancora più bravo perché hai tirato fuori una storia dal niente!

Sì, lo so. Sono anche io del mestiere. So che il giornalismo è anche questo, che il giornale lo compra anche la casalinga di Voghera, che ci tocca scrivere sempre di corsa. Ma per cinque minuti almeno, fermiamoci un attimo. Facciamo finta che oggi non si debba andare in stampa per le 23 e riflettiamo un momento se è davvero questo il giornalismo che sognavamo quando abbiamo cominciato a scrivere. L’occasione per una terapeutica riflessione sui nostri “ferri del mestiere” me l’hanno data i ragazzi di Occhioaimedia di Ferrara, una associazione di studenti delle scuole superiori che ogni giorno si sciroppano i principali quotidiani, sia cartacei che on line, per segnalare abusi, razzismi ma, il più delle volte, anche solo imbecillità.

L’ultima segnalazione riguarda il Mattino di Padova che lunedì 15 aprile ha pubblicato sul suo sito un articolo titolato ”Tunisino si cosparge di feci per evitare l’arresto”. Bel titolone vero? Proprio di quelli che ti fan voglia di leggere la notizia! E allora leggiamola, ‘sta popò di notizia. “Arresto particolarmente difficile per i carabinieri di Padova l’altra notte in via Agordat. Alle 5.19 infatti al 112 è arrivata la chiamata di una residente che denunciava di aver sentito strani rumori provenire dal garage. La pattuglia dei carabinieri, arrivata sul posto dopo pochi minuti, arriva appena in tempo per bloccare un tunisino che stava rubando una bicicletta. Si tratta di Ezzedine Labidi, 44 anni, senza fissa dimora, pluripregiudicato. Una volta arrivato in caserma però l’uomo inizia a dar segni di squilibrio. Per evitare l’arresto infatti il tunisino ha pensato bene di farsi addosso i propri bisogni. Non contento ha iniziato a raccogliere le feci e spalmarsele sulla testa e sul viso. Ai carabinieri non è rimasto altro che armarsi di pazienza, sopportare il cattivo odore e cercare di calmare l’uomo. Il tunisino è stato portato nel carcere Due Palazzi”.

Cosa è successo insomma? Un disgraziato affetto da evidenti disturbi psichici ha cercato di – pensate un po’ che notiziona! – rubare una bicicletta (cosa che evidentemente non succede mai a Padova di notte). Lui però si è fatto beccare subito dai carabinieri e ha dato di matto. In quanto al “farsi addosso“ allo scopo “evitare l’arresto” è una tecnica che, potete scommetterci, non farà scuola. Casomai, la verità è l’opposta: per un tentato furto di bicicletta non si finisce in galera a meno che tu non ti caghi addosso davanti ai carabinieri! E poi che discorso sarebbe? Se rapino una gioielleria coperto di merda, mi concedono l’immunità diplomatica? Che idiozia! Ciò non toglie che l’articolista del Mattino non si sia lasciato scappare l’occasione di sparare nel titolo la parola “feci”, che è una cosa che indubbiamente attira sempre l’attenzione del lettore. La notizia non c’era, il titolo l’ha creata! E viene anche da chiedersi se e come sarebbe stata trattata l’intera faccenda se il malcapitato fuori di senno fosse stato un indigeno. Vi immaginate “Italiano si cosparge di feci per evitare l’arresto”? Eppure, nel mondo del disagio psichico non mancano certo episodi simili con protagonisti nostrani.

Ma la vera merda di tutta questa storia, non è quella che quel disgraziato si è fatta nei pantaloni. La vera merda la trovate nei commenti che i lettori non si sono risparmiati di spalmare sotto l’articolo on line. Nomi, cognomi, faccine sorridenti da Facebook e accanto un campionario di razzismi da brivido.

E qui c’è tutta l’ipocrisia del giornale che da un lato scatena queste becere reazioni con notizie inesistenti e dall’altro offre loro spazio (“Lascia anche tu un commento”) in nome della libertà di espressione. Ma non lasciamoci ingannare! Il giornale ha una precisa responsabilità su tutto quanto compare nella sua pagine, sia su carta che sul sito. Le discussioni e i commenti, anche se provenienti dai lettori, sono parte integrante della politica editoriale del media. Fateci caso: se qualcuno si azzardasse a postare una bestemmia, verrebbe immediatamente bannato. Se invece scrivete “certa gente deve stare a casa loro e spalmarsi di merda a casa loro, vendere eroina ai figli di casa propria, stuprare, molestare donne di casa propria”, no. Questo lo giustifichiamo come libertà di espressione? L’istigazione al razzismo è un reato, in Italia, e questi post andrebbero immediatamente oscurati. Anche se, sotto un titolo idiota e fasullo, è difficile aspettarsi commenti competenti ed intelligenti.

Riccardo Bottazzo

Sono un giornalista professionista.
La mia formazione scientifica mi ha portato a occuparmi di ambiente e, da qui, a questioni sociali che alle devastazioni dei territori sono intrinsecamente legate. Ho pubblicato una decina di libri tra i quali “Le isole dei sogni impossibili”, edito da Il Frangente, sulle micronazioni dei mari, e “Disarmati”, edito da Altreconomia, che racconta le vice de dei Paesi che hanno rinunciato alle forze armate. Attualmente collaboro a varie testate cartacee e online come Il Manifesto, Global Project, FrontiereNews e altro.
Per Melting Pot curo la  rubrica Voci dal Sud.