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Spagna/Marocco: la trasformazione dei confini tra campamentos e repressione

Intervista a Helena - Collettivo di video-arte Frontera Sur

Il primo febbraio 2005 in Spagna è entrato in vigore il nuovo regolamento della legge sull’immigrazione, in base al quale si stimava l’emersione dalla condizione di irregolarità di un numero elevatissimo di immigrati: tra 750 mila e un milione. In realtà soltanto 300 mila immigrati potranno richiedere la regolarizzazione. A fronte di ciò, nella frontiera a sud della Spagna il governo spagnolo sta attuando politiche di respressione e respingimenti di massa, violando qualsiasi forma di tutela dei diritti umani. Ancor più grave è il fatto che la Spagna, attraverso accordi economici, ha delegato al Marocco il ruolo di controllo dei confini, generando una situazione di abusi e violenze incontrollabile.

Abbiamo intervistato Helena, un’attivista spagnola del collettivo di video-arte Frontera Sur, che si occupa della tutela dei diritti dei migranti e che ci ha fornito un quadro approfondito su quanto sta avvenendo negli accampamenti in cui si concentra chi è in attesa di attraversare lo stretto di Gibilterra.

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Domanda: Ci potresti descrivere il lavoro di Frontera Sur?
Risposta: Noi lavoriamo sul concetto della frontiera dell’Andalusia, cioè la frontiera del sud dell’Europa. Col nostro collettivo di video arte politico lavoriamo con diverse collettività. Quando si cominciava a notare che la frontiera non è più situata in Europa ma in paesi terzi, come Marocco, Libia e Algeria, mi sono spostata in Marocco, nell’altro lato della frontiera.
Ora abito qua da tre anni e stiamo lavorando con gruppi di immigrati che aspettano di fare il salto in Europa.

D: La vostra azione politica si svolge principalmente negli accampamenti situati nel nord del Marocco…
R: Gli accampamenti sono situati accanto della frontiera di Ceuta y Melilla. Attraversare verso queste due città è l’obiettivo di tanti immigrati perchè, una volta là, se trovano un passaggio possono arrivare nella penisola iberica. In ciascuno di questi accampamenti fino a poco tempo fà c’erano più di mille immigrati. Un accampamento si trova a Laayoune, un altro nel sud del Marocco – per quelli che sperano di andare alle isole canarie – ci sono, inoltre, accampamenti nella periferia delle città di Tanger, Rabat e Casablanca e, infine, uno nella frontiera con l’Algeria.
Quando abbiamo iniziato a pensare a come poter intervenire, oltre a garantire assistenza, cibo e coperte, la prima cosa che ci è venuta in mente è stato recarci personalmente all’accampamento vicino a Ceuta.
Quest’accampamento è molto diverso da quello vicino a Melilla, che è molto vicino alla frontiera con l’Algeria. Qui, gli immigrati deportati venivano portati dai militari marocchini in Algeria e abbandonati lì, dall’altra parte di una frontira chiusa nel 1994, in una terra di nessuno.
Le persone di quest’accampamento non avevano alcuna forma di autorganizzazione, nè di protezione. Per questo avevano necessità di coperte, cibo ecc.
L’accampampamento di Ceuta era molto diverso: l’autorganizzazione aveva permesso di soddisfare tutte le necessità materiali e questo aveva consentito, a sua volta, di sviluppare un intervento politico. Il primo atto fu di dar voce alle testimonianze di quanti erano stati deportati da Ceuta. Non è chiaro se Ceuta sia una città-frontiera o no, se sia possibile deportare stranieri oltre la barriera, se una volta arrivati in questa città vale la legge spagnola sull’immigrazione oppure no… è tutto molto confuso. Appena arrivati a Ceuta, gli immigrati chiedono, come prima cosa, asilo politico e protezione.
Quello che accadeva erano espulsioni di massa, effettuate con sistematiche violazioni della legge sull’immigrazione. Le vittime di queste espulsioni sparivano nel territorio del Marocco.
Questi fatti sono un chiaro esempio di come ovunque si sia sviluppata una globalizzazione della violazione dei diritti umani, mentre per la loro tutela accade il contrario, perchè i diritti umani sono una questione di Stato. Coloro che venivano respinti sparivano e rispetto a questo non accadeva nulla. Per questo abbiamo iniziato una ricerca delle persone che erano state deportate, abbiamo raccolto le loro testimonianze e le abbiamo rese pubbliche come atto di denuncia.
Da circa un anno abbiamo avviato, all’interno degli accampamenti, una discussione collettiva sulla necessità di agire politicamente e stiamo distribuendo materiale tradotto nella loro lingua sia su come poter ottenere i documenti, per esempio su come fare una domanda d’asilo, sia su quanto accade all’esterno dell’accampamento; in particolare è importante che si sappia che il motivo principale delle retate e che l’Unione europea ha finanziato con 40 milioni di euro lo Stato marocchino per il controllo dei confini.
Siamo contenti perchè queste persone stanno prendendo una posizione politica e perchè siamo riusciti a denunciare le deportazioni e, in alcuni casi, anche a vincere.

D: Puoi farci un quadro generale sul crescente livello di repressione militare finanziato con fondi europei e spagnoli, che sta avvenendo nel nord del Marocco?
R: Ti voglio parlare con il cuore. A parte la visione politica che si può avere… è durissimo, perchè sono coinvolti compagni con cui condivido lotte politiche da più di un anno. Quando la settimana scorsa i militari hanno iniziato a devastare gli accampamenti, le persone si sono nascoste in un bosco bevendo acqua dalle pozze, con i cellulari senza batteria e non eravamo in grado di localizzarli. Quando ti vedi obbligato a ricare i cellulari di tutti, per mantere un contatto, quando non sai cosa succederà domani, e sono i tuoi compagni… non hai idea del dolore che tutto questo ti causa…
Sono persone che non oppongono resistenza fisica perchè sanno che, facendo così, non saranno gli unici pregiudicati ma la comunità e tutti quelli che arriveranno dopo. Sono persone incredibili, molto autorganizate.

D: Spesso si parla di gestione da parte di gruppi mafiosi…
R: Dal mio punto di vista il discorso che fanno i media sulle mafie è falso. É vero che ci sono “pasadores”, è la legge dell’offerta e domanda, ma il problema di attraversare la frontiera non è una cosa che sia riducibile all’azione delle mafie, come viene detto in tanti programmi della Tv spagnola. Quello non è vero. C’è tanta gente che fa soldi, ma nella maggioranza dei casi si tratta di autorganizzazione, di soggetti politici che sono un esempio di solidarietà.
Anche in questi giorni si stanno svolgendo retate; hanno appena distrutto l’accampamento di Melilla e adesso stanno finendo con quello di Ceuta. Cinque minuti fa mi ha chiamato una persona che è rimasta nascosta più di tre giorni tra la vegetazione, senza neanche mangiare. Mi ha domandato: “Che cosa posso fare? Quale è stato il mio reato? Che cosa ci succederà?” Sono persone che non oppongono resistenza alle agressioni fisiche dei militari…
L’altro giorno mi ha chiamato un uomo di cui non riconoscevo la voce perchè l’avevano strangolato e, per di più, l’avevano accoltellato nello stomaco…
Viviamo questa situazione quotidiana con molta angoscia, tante notti senza dormire. Negli accampamenti ci sono bambini e donne incinte. È la guerra dei ricchi contro i poveri, contro di chi non ha nulla.
I militari si trovano in entrambi lati della frontiera coi radar, con i manganelli storti, così i colpi sono più effettivi, binocoli che vedono nell’oscurità, con i fucili carichi. Invece, la persone “dell’altro esercito” hanno soltanto mani e piedi, le mani distrutte per aver scavalcato reti, i piedi distrutti per aver camminato chilometri e chilometri per arrivare dove vogliono arrivare…
Ma sapete che cos’è la parte più positiva di questa storia? Il fatto che questa guerra la vinceranno gli immigrati, e sapete perchè? Perchè hanno un motivo per cui lottare che non è il denaro ma appropiarsi del diritto a circolare liberamente per il mondo.

D: Dopo questa testimonianza che ci hai offerto, assieme a quella di tanti immigrati che sono stati all’interno di un cpt, possiamo affermare che il concetto di allungamento della frontiera e la costruzione di frontiere all’interno del territorio nazionale (i cpt sono frontiere interne), sono entrambi meccanismi di guerra a cui bisogna disobbedire. Noi parliamo di diritto alla resistenza e ci appropriamo di questo diritto in diversi modi di azione, anche offrendo mezzi di comunicazione agli immigrati per articolare le lotte.
Come mettete in gioco il diritto alla resistenza nel vostro territorio?
R: La Spagna delega al Marocco la violazione dei diritti umani. Questo le permette di avere una posizione più comoda di fronte all’opinione pubblica. Facciamo tentavi di resistenza in un paese nel quale, ogni volta che una persona si fa male provando a saltare le barriere, sta reclamando il suo diritto a passare dall’altro lato.

Vedi Reportage fotografico sugli accampamneti:
http://canarias.indymedia.org/newswire/display/6237/index.php