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Spagna: i migranti sconosciuti nei cimiteri dello stretto di Gibilterra

David Gormezano, InfoMigrants - 20 agosto 2019

Il cimitero di Tarifa (Andalusia, Sud della Spagna) davanti alle coste marocchine. Credit: D. Gormezano

Da Tarifa si scorgono facilmente le coste marocchine. In questo mese di giugno il vento soffia con la sua forza e la sua abituale regolarità. Le vele dai colori vivaci dei kitesurf fluttuano in un cielo di un blu intenso.

La piccola città situata all’estremità della penisola iberica ha l’aspetto di una località balneare. Ma gli habitués sanno che il vecchio forte all’entrata del porto è un centro di detenzione per i migranti entrati irregolarmente sul territorio spagnolo? Chi sa che proprio sulla spiaggia di Los Lances, sulla punta della penisola, nel novembre 1988 è stato tirato fuori dall’acqua il primo corpo di un migrante marocchino?

Una visita al piccolo cimitero sulle colline della città offre un altro sguardo su Tarifa.

Le tombe sono semplici, bianche, ornate di fiori e si trovano dentro delle nicchie, come accade spesso in Andalusia. Con un secchio d’acqua alla mano, gli abitanti vengono a lavare via la sabbia e la polvere che si accumula sulle tombe dei loro familiari.

Tombe di migranti marocchini sconosciuti nel cimitero di Tarifa. D. Goremzano

Se si guarda in alto verso le nicchie si scoprono le tombe di uomini e donne che hanno perso la vita attraversando clandestinamente lo stretto. “Migrante del Marocco, 7 marzo 2001”: quattro lapidi riportano questa iscrizione. Un po’ più distante, altre due lapidi hanno la stessa scritta, ma sono datate 2009. Infine, una semplice lapide posta in una nicchia reca una scritta ancora più burocratica: “cadavere non identificato, terza sezione del tribunale di Algésiras. Decisione provvisoria 47/2017”.

Nel 2018, secondo l’APDHA (Asociación Pro Derechos Humanos Andalucía), 1.064 persone hanno perso la vita tentando la breve, ma pericolosa, traversata verso l’Europa. La maggioranza di queste vittime viene identificata rapidamente poiché quando si verifica un naufragio i sopravvissuti conoscono spesso l’identità di coloro che non sono riusciti a raggiungere la riva. Ma ci sono anche gli anonimi, coloro i cui corpi vengono quindi sepolti senza nome in Spagna. Continuando la visita al cimitero di Tarifa, altre lapidi attirano l’attenzione.

Queste riportano dei nomi che suonano poco spagnoli: Esther Adawale, Nigeria, 24 febbraio 2003. Hope Ibrahim, Nigeria, 19 aprile 2005. Yacouba Koné, Costa d’Avorio, 17 aprile 2013. In queste tombe riposano dei migranti che sono stati identificati dalla polizia giudiziaria spagnola, ma che per varie ragioni non sono stati rimpatriati nei rispettivi paesi di origine.

Lapide commemorativa eretta sulla fossa comune dove sono sepolti 24 migranti morti annegati negli anni 90. D. Gormezano

José Maria Perez, un membro attivo della parrocchia locale, racconta che queste tombe ricevono visite periodiche di “cristiani e musulmani” e che “dall’altra parte dello stretto sanno dell’esistenza di queste sepolture”.

Miguel Delgado, incaricato di aiutare i migranti nell’arcidiocesi di Cadix (da cui dipende il comune di Tarifa), organizza ogni primo novembre una cerimonia ecumenica in memoria degli immigrati morti nelle acque dello stretto.

Fedele al messaggio della Chiesa cattolica sull’argomento delle migrazioni, lui reclama “un passaggio sicuro per coloro che vogliono emigrare in Europa e di cui l’Europa ha bisogno”. Per sensibilizzare i suoi parrocchiani e l’opinione pubblica, ogni secondo mercoledì del mese la sua associazione organizza in diverse città da una parte e l’altra dello stretto (Cadix, Barbate, Tarifa, Algésiras, Ceuta, Tangeri, Tétouan, Melila, ecc.) delle “ronde del silenzio” che riuniscono persone provenienti da diversi contesti dietro la parola d’ordine “solidarietà ai migranti”.

Ogni anno, per la giornata internazionale dei migranti, si reca sulla spiaggia di Tarifa per una preghiera pubblica che riunisce militanti, abitanti e talvolta qualche surfista.

A 25 chilometri da Tarifa, nel porto di Barbate, la comparsa sulla costa di corpi di migranti senza vita non è più una novità. Nel cimitero, le stesse tombe bianche situate sulle pareti rivelano le storie dei caduti dello stretto.

Anche là, i posti sono segnati con un semplice numero o con la scritta “sconosciuto” insieme a una data. Tra queste tombe di migranti anonimi le più vecchie sono datate 2002, le più recenti 2019. Anche qui, dei corpi non identificati. E una lapide in memoria “delle vittime dello stretto”.

In uno dei vialetti una tomba si distingue dalle altre. È quella di Samuel Kabamba, un bambino di 5 anni originario della Repubblica Democratica del Congo. La sua storia ha provocato grande commozione in questa regione del sud della Spagna e molto oltre.

La storia del piccolo Samuel, un bambino congolese di 5 anni trovato morto sulla spiaggia andalusa nel 2017 ha scosso la Spagna. D. Gormezano

Alla fine di gennaio 2017, il suo corpo è stato trovato senza vita su una spiaggia vicino al piccolo porto di pesca andaluso. Il corpo di sua madre, Véronique, è stato ritrovato 15 giorni più tardi sulle coste algerine.

La scoperta del cadavere del piccolo ha provocato l’indignazione delle associazioni che si occupano della difesa dei migranti e di Gabriel Delgado, che il primo febbraio ha organizzato una veglia funebre sulla spiaggia dove era naufragato. Un centinaio di persone sono venute a pregare e a lanciare dei fiori in mare. Il caso è stato al centro dell’attenzione dei media facendo eco a quello del piccolo Alan Kurdi, il bambino siriano trovato annegato su una spiaggia della Turchia nel settembre 2015.

All’inizio di marzo le autorità spagnole hanno autorizzato il padre del bambino a recarsi in Spagna. Un test del DNA ha confermato che il piccolo Samuel era suo figlio. Il padre ha organizzato la sepoltura di suo figlio a Barbate il 10 marzo.

Quel giorno la chiesa era strapiena. Gli abitanti di Barbate hanno partecipato numerosi, il piccolo Samuel riposa ormai tra di loro. Ogni giorno delle donne portano fiori alla sua tomba “perché i suoi parenti sono lontani, c’è bisogno che qualcuno si occupi di lui”, confida un’anziana.
Il cimitero di Barbate dove le tombe dei migranti morti in mare sono ornate di fiori dagli abitanti. D. Gormezano