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Status di rifugiata a vittima di tratta: “Si ritiene che dietro la storia della ricorrente possa celarsi una forma di sfruttamento”

Tribunale di Venezia, decreto dell'1 aprile 2021

Il Tribunale di Venezia riconosce lo status di rifugiata ad una donna nigeriana, vittima di tratta.
Nonostante il Tribunale ritenga parzialmente inattendibile il racconto proposto dalla ricorrente, ritiene che dietro la sua storia “possa celarsi una forma di sfruttamento, ovvero che la stessa sia stata vittima di tratta“.

Di pregio l’argomentazione logico-giuridica posta a fondamento della decisione:
La tratta delle donne dal reclutamento in Nigeria, allo sfruttamento sessuale in Europa, funziona grazie ad una rete gerarchica e ben funzionante caratterizzata da diverse cellule presenti sia nel paese d’origine, in quelli di transito che in quelli di destinazione. Queste cellule sono indipendenti ma sono ben collegate. (…) Le madams sono presenti sia in Nigeria che nel paese di destinazione. (…) Nell’ambito delle “Linee guida per la rapida identificazione delle vittime di tratta e grave sfruttamento” allegate al Piano nazionale di azione contro la tratta vengono individuati quali tipici preliminari indicatori di tratta i seguenti:

• Tragitto che presenta caratteristiche tipiche delle rotte utilizzate dalle organizzazioni criminali dedite alla tratta;
• Difficoltà nel riferire dettagli del viaggio (il tragitto, le modalità, le tappe);
• Mancato pagamento del viaggio;
• Poca chiarezza relativamente al luogo di sbarco o ingresso e ai successivi spostamenti in Italia;
• Presenza di un marito/partner di cui la richiedente riferisce poco o rispetto al quale non è chiaro il tipo di rapporto;
• Assenza di una dimora fissa o ospitalità presso un’amica o amico o, ancora, dimora in una zona conosciuta per il fenomeno della prostituzione, sfruttamento lavorativo o altro tipo di sfruttamento;
• Assenza di passaporto al momento della presentazione della domanda sebbene dal modello C3 risulti che il viaggio sia stato effettuato in aereo;
• Presenza irregolare in Italia da molto tempo della persona richiedente, talvolta senza aver mai svolto attività lavorativa;
• Segnalazioni relative alla persona richiedente successive allo sbarco o ingresso effettuate nel corso di controlli di polizia che potrebbero condurre a presumere l’attività prostitutiva in strada;
• La persona richiedente appare palesemente minorenne ma si dichiara maggiorenne;
• Segnalazioni della struttura di accoglienza che ospita la persona richiedente relative a comportamenti anomali, che possono far ritenere che la stessa sia controllata, subisca minacce o pressioni, o che addirittura sia indotta in una situazione di sfruttamento;
• Atteggiamento, nel corso del colloquio, spaventato, preoccupato;
• La persona richiedente non è accolta nel sistema di accoglienza e non sa riferire di mezzi di sostentamento;
• Racconto contraddittorio o con parziali omissioni.

(…) Ancorché dunque il racconto proposto dalla sig.ra non sia privo di rilevanti incongruenze, ritiene il Collegio che gli elementi forniti dalla ricorrente siano indici inequivoci del fatto che ella sia stata vittima di tratta o che possa essere vittima di re-trafficking in ipotesi di rimpatrio“.

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Tribunale di Venezia, decreto dell’1 aprile 2021

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