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Stranieri e accesso all’abitazione. Inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 40 c. 6 del T.U. imm. in riferimento alle agevolazioni all’accesso alla locazione

La sopravvenuta modifica della normativa con l’introduzione di un requisito di anzianità di residenza rende inammissibile il ricorso. I profili discriminatori della legge n. 133/08.

Con ordinanza n. 76/2010 depositata il 28 febbraio 2010, la Corte Costituzionale ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 40, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), nel testo modificato dall’art. 27, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189 (Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo), sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia.

La questione della legittimità costituzionale dell’art. 40 comma 6 del T.U. era stata posta dal TAR Lombardia, con l’ordinanza n. 23/2009 del 23 febbraio 2009 che aveva ritenuto non manifestamente infondata l’eccezione di incostituzionalità concernente il requisito del possesso del permesso di soggiorno biennale previsto allora ai sensi dell’art. 40 c. 6 del T.U. imm. ai fini della fruizione da parte degli stranieri dei contributi per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione, di cui all’art. 11 della legge n. 431/1998, in quanto introdurrebbe un criterio irragionevole che si presta ad ingiuste disparità di trattamento contrarie al principio costituzionale di uguaglianza.

Con l’art. 11 della legge 9 dicembre 1998, n. 431, è stato istituito un Fondo nazionale per il sostegno alle abitazioni in locazione, costituito presso il Ministero dei Lavori Pubblici (oggi Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti) e la cui dotazione è determinata annualmente dalla legge finanziaria.

La finalità di tale Fondo è la sua ripartizione ai Comuni al fine della successiva emanazione da parte di quest’ultimi di appositi bandi per la concessione ai conduttori di alloggi di prestazioni sociali a titolo di contribuiti integrativi per il pagamento dei canoni di locazione.

Condizioni per l’accesso a tali contributi sono la registrazione del contratto di locazione, il possesso di requisiti minimi di reddito annuo imponibile del nucleo familiare del richiedente pari ad un importo non superiore a due pensioni minime INPS rispetto al quale l’incidenza del canone di locazione risulti non inferiore al 14 per cento nelle regioni a statuto ordinario, ovvero non superiore a quello determinato dalle regioni e province autonome per l’assegnazione degli alloggi di e.r.p., rispetto al quale l’incidenza del canone di locazione risulti non inferiore al 24 per cento (D.M. 07.06.1999). La graduatoria da parte dei Comuni viene inoltre stilata sulla base della valutazione della situazione economica e patrimoniale del nucleo familiare attestata dalla certificazione della situazione economica equivalente (ISEE) di cui al d.lgs. 31.3.1998 n. 109.

Fino all’entrata in vigore della legge n. 113 dd. 6 agosto 2008, a tali prestazioni sociali per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione avevano avuto accesso anche i cittadini extracomunitari regolarmente soggiornanti, purchè in possesso dei requisiti fissati dall’art. 40 comma 6 del T.U. delle leggi sull’immigrazione (dopo la riforma prevista dalla legge n. 189/2002 i titolari di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo o di un permesso di soggiorno di durata almeno biennale e che esercitano attività lavorativa).

Il comma 13 dell’art. 11 della legge n. 133/2008, che ha convertito, con modificazioni, il decreto-legge n. 112/2008 (misure economico-finanziarie di stabilizzazione) prevede ora una discriminazione “diretta” nei confronti degli immigrati stranieri, disponendo che ai fini dell’accesso ai finanziamenti del citato Fondo nazionale per il sostegno alle abitazioni in locazione venga previsto per i soli stranieri extracomunitari il requisito del possesso del certificato storico di residenza da almeno dieci anni nel territorio nazionale ovvero da almeno cinque anni nella medesima regione. Secondo la prassi diffusa nella quasi totalità del territorio nazionale, con l’ eccezione dell’Emilia Romagna, che non ha inteso applicare tale normativa, il requisito di anzianità di residenza ha sostituito quello del possesso della carta di soggiorno o del permesso di soggiorno di durata almeno biennale e del contestuale svolgimento dell’attività lavorativa di cui all’art. 40 c. 6 del d.lgs. n. 286/98. In linea generale, dunque l’accesso a tale fondo di sostegno alle locazioni è stato esteso a tutti gli stranieri di paesi terzi non membri dell’Unione europea regolarmente soggiornanti in Italia a prescindere dalla durata del titolo di soggiorno, purchè abbiano un’anzianità di residenza almeno decennale in Italia ovvero quinquennale nella regione di attuale residenza. Tale discriminazione “diretta”, con l’introduzione di un requisito di anzianità di residenza che è richiesto ai soli stranieri extracomunitari e non ai cittadini italiani o a quelli dell’Unione europea, appare palesemente in contrasto con il principio di parità di trattamento in materia di accesso all’alloggio di cui alle normative internazionali (Patto internazionale sui diritti economici e sociali, Convenzione ONU per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale, Convenzione OIL n. 97, Carta sociale europea, Convenzione di New York sui diritti del fanciullo,..).

A tale proposito, vale la pena citare le considerazioni espresse nella delibera dell’HALDE, l’Alta autorità indipendente francese anti-discriminazione, n. 385 dd. 30 novembre 2009, con la quale l’organismo francese, l’equivalente dell’UNAR italiano, ha preso posizione contro la legislazione francese in materia di assegnazione di alloggi di emergenza (droit au logement opposable, DALO) che prevede la limitazione di tale possibilità, in caso di cittadini stranieri di Paesi terzi non membri dell’UE, solo a quelli titolari del permesso di soggiorno permanente, ovvero di un permesso di soggiorno di durata annuale, ma con un’anzianità di residenza almeno biennale sul territorio nazionale.

Trattandosi di una prestazione di natura sociale o assistenziale avente natura di diritto soggettivo, la sua erogazione non soggiacente ad una valutazione individualizzata e discrezionale da parte dei comuni, l’introduzione della residenza di lunga durata quale criterio difforme di trattamento valevole solo per i cittadini di paesi terzi non appartenenti all’Unione europea, crea una palese violazione del principio di diritto comunitario di parità di trattamento in materia di prestazioni di assistenza sociale con riferimento a tutte quelle situazioni e categorie “protette” dal medesimo.

Di conseguenza l’art. 13, comma 11 della legge n. 133/2008 viola il diritto comunitario (ed è perciò incostituzionale per violazione degli artt. 10, comma 2, e 117, comma 1 Cost. e passibile di diretta disapplicazione per il primato della norma comunitaria su quella interna ad essa incompatibile) con riferimento alle seguenti categorie di cittadini di paesi terzi:

a) familiari di cittadini dell’Unione Europea o di cittadini italiani (art. 24 direttiva 2004/38/CE, recepita in Italia con d.lgs. n. 30/2007; b) titolari di permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti (art. 11 direttiva 2003/109/CE, recepita in Italia con d.lgs. n. 3/2007); c) rifugiati e titolari della protezione sussidiaria (art. 28 direttiva 2004/83/CE, recepita in Italia con d.lgs. n. 251/2007).

La normativa sull’accesso degli immigrati extracee al Fondo per il sostegno alle locazioni appare inoltre di dubbia legittimità costituzionale anche in relazione ai principi di uguaglianza e ragionevolezza. Se infatti la finalità del beneficio è quello di facilitare l’accesso all’alloggio in locazione delle persone in situazioni di disagio economico che altrimenti vi sarebbero impediti alle sole condizioni di mercato, non si vede perché detta possibilità debba essere ragionevolmente circoscritta proprio a danno dei cittadini stranieri, i quali non solo si trovano generalmente nelle fasce di reddito basse, ma anche conoscono maggiori ostacoli rispetto ai cittadini nazionale nell’accesso alla locazione anche a causa di diffusi sentimenti di pregiudizio etnico-razziale, che spesso portano i locatari a rifiutare la locazione o a prevedere, a parità di condizioni, un aumento dei canoni di locazione o delle prestazioni accessorie. Il criterio distintivo dunque non appare obiettivo e ragionevole rispetto alle stesse finalità della normativa nella quale trova applicazione, e pertanto appare intrinsecamente discriminatorio ed illegittimo secondo i corretti canoni interpretativi stabiliti dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 432/2005.

La Corte costituzionale ha certo stabilito che un requisito di stabile residenza può essere ragionevolmente richiesto al cittadino straniero per godere dei diritti sociali, ma solo con la finalità di dimostrare l’esistenza di un collegamento significativo con la comunità nazionale.

A tale riguardo, si ricorda che la sentenza 29-30 luglio 2008, n. 306 della Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale per violazione del principio di uguaglianza la norma che prevedeva il requisito della carta di soggiorno per l’accesso dello straniero alle prestazioni sociali d’invalidità (art. 80 comma 19 Legge n. 388/2000), ma non ha voluto intaccare l’ulteriore requisito dell’anzianità quinquennale di soggiorno del cittadino straniero in Italia, con l’ argomentazione che la questione non gli era stata rimessa dal giudice remittente. Tuttavia, la Corte ha voluto precisare che il legislatore può “subordinare, non irragionevolmente, l’erogazione di determinate prestazioni – non inerenti a rimediare a gravi situazioni di urgenza – alla circostanza che il titolo di legittimazione dello straniero al soggiorno dello Stato ne dimostri il carattere non episodico e di non breve durata”. Questo, tuttavia, con l’importante precisazione che “una volta, però, che il diritto a soggiornare alle condizioni predette non sia in discussione, non si possono discriminare gli stranieri, stabilendo, nei loro confronti, particolari limitazioni per il godimento dei diritti fondamentali, riconosciuti invece ai cittadini”. Appare davvero difficile pensare che un pregresso periodo di soggiorno addirittura decennale possa essere ragionevolmente richiesto allo straniero per dimostrare il carattere non episodico e di non breve durata del suo progetto migratorio in Italia, mentre è del tutto evidente che scopo dell’introduzione di un tale requisito di anzianità di residenza è quello di circoscrivere il più possibile l’accesso degli stranieri a tale beneficio, che invece appare indispensabile per agevolare un’adeguata integrazione della popolazione immigrata nella società e dunque un maggiore grado di coesione sociale complessiva, finalità queste meritevoli di tutela tanto secondo l’ordinamento costituzionale italiano quanto quello europeo.

Ordinanza della Corte Costituzionale n. 76/2010

commento a cura di Walter Citti