Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Da Repubblica on-line del 5 febbraio 2010

Stranieri, permesso di soggiorno a punti Avranno la carta solo se si integrano

Due anni di tempo per imparare la lingua italiana, conoscere la Costituzione e le regole civili del nostro Paese, far studiare i figli, mettersi in regola col fisco. Se l’immigrato che chiede il permesso di soggiorno conquisterà questi obiettivi in 24 mesi quantificati in un punteggio di 30 punti, otterrà la “carta”. Se non ci riuscirà (i punteggi scendono in caso di violazione del codice penale), avrà ancora un anno di tempo alla conclusione del quale scatterà, in caso di non raggiungimento del voto finale, l’espulsione. È, questo, il nuovo “accordo di integrazione” fra Stato e immigrati annunciato ieri dai ministri dell’Interno, Roberto Maroni, e da quello del Welfare, Maurizio Sacconi.

Questo permesso di soggiorno a punti (sarà introdotto a breve per il rilascio dei nuovi documenti con un decreto), non piace, però, all’opposizione. “Il permesso di soggiorno a punti sarà una forca caudina che ostacolerà l’integrazione e favorirà l’irregolarità”, afferma Livia Turco, responsabile Immigrazione del Pd. “L’Italia – ha aggiunto – non è il Canada, nel nostro Paese per ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno occorre aspettare più di un anno, i corsi di lingua e cultura sono gestiti dal volontariato e dalla Chiesa, non è possibile aspettarsi altro”.

Al di là delle perplessità dell’opposizione, la “carta” di soggiorno, dopo i disordini di Rosarno fra popolazione locale e lavoratori stranieri, è la risposta del governo all’emergenza immigrazione. “Nell’accordo – spiega Maroni – sono definiti specifici obiettivi da raggiungersi nel periodo di validità del permesso (entro due anni prorogabili di uno), e una successiva valutazione da parte dello Sportello Unico sul raggiungimento di questi obiettivi: se saranno raggiunti, ci sarà il rinnovo del permesso di soggiorno. In caso contrario, scatterà l’espulsione”.
È il ministro Sacconi poi a chiarire che chi chiederà il “permesso a punti” sarà “responsabilizzato con diritti e doveri”. Fra i doveri, la conoscenza della lingua italiana, l’iscrizione al servizio sanitario, la frequentazione della scuola dell’obbligo per i minori, la trasparenza nei contratti abitativi. Fra i diritti, gli eventuali corsi di lingua e altro, hanno assicurato i due ministri, “non saranno a carico degli immigrati, ma farà tutto lo Stato, anche per garantire standard uniformi in tutte le province ed avere tutto sotto controllo”.

Alle critiche del Pd (“Essere straniero in Italia – accusa il capogruppo alla Camera, Gian Claudio Bressa – vuol dire essere soggetto a una scandalosa lotteria sociale i cui giudici imbrogliano in partenza. Siamo il Paese più xenofobo d’Europa. Bel risultato, complimenti a Maroni e a Sacconi”), è ancora il titolare del Viminale a replicare. “Questo sistema che stiamo mettendo a punto – sottolinea – garantirà l’integrazione: io suggerisco allo straniero le cose da fare per integrarsi nella comunità. Se le farà, gli darò il permesso di soggiorno, se non le farà, significa che non vuole integrarsi”.

Sempre in tema di immigrazione, il Consiglio dei ministri ha “bocciato” ieri – ricorrendo alla Corte costituzionale – la legge della Regione Puglia che prevede una serie di interventi agli immigrati presenti a qualunque titolo sul territorio regionale. In questo modo, eccepisce il Governo, la Regione comprende anche gli immigrati privi di regolare permesso di soggiorno.

ALBERTO CUSTODERO