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Sul caso profughi a Vittorio Veneto: quando Don Camillo diventa amico di Peppone

Intervista a uno dei ragazzi: "Qualcuno ci aiuti"

Vittorio Veneto (TV) – Se non ci fosse di mezzo il destino di alcuni migranti sulla vicenda che si sta consumando in questi giorni a Vittorio Veneto, un paesotto della provincia trevigiana di 30mila abitanti a ridosso delle Prealpi, si potrebbe quasi da sorridere.

L’11 febbraio circa 120 migranti potenziali richiedenti asilo alloggiati nel CEIS di Vittorio Veneto hanno organizzato un blocco stradale che ha paralizzato per mezz’ora la statale Alemagna. I migranti hanno improvvisato delle barricate utilizzando cassonetti, bancali, sedie e altri oggetti. I cartelli esibiti denunciavano lo stato di deprivazione nel quale sono costretti a vivere. Le richieste della protesta vertevano fondamentalmente su due punti: un trattamento migliore e la possibilità di andare fuori dall’Italia, paese incapace di fornire un’accoglienza degna.

In un territorio dove la Lega Nord cerca di egemonizzare il consenso, è facile che anche il sindaco PD e il prefetto rispondano sull’onda di attacchi razzisti con provvedimenti allucinanti come quello di “espellere gli organizzatori della rivolta.”

“Quello che è successo – ha commentato il prefetto Marrosu – non è giustificabile. Stiamo verificando la situazione per quel che riguarda le condizioni dei nostri ospiti, ma chiaramente chi ha causato un disagio alla popolazione non poteva che essere denunciato e ora provvederemo anche al loro allontanamento”.

Sulla vicenda naturalmente si scomoda anche il Presidente della Regione del Veneto, Luca Zaia, che definisce la situazione completamente fuori controllo.
Secondo Zaia “i profughi impediscono ai veneti di andare a lavorare, agli studenti di andare a scuola e alla gente di girare per le strade del proprio comune. È una situazione indecente e che segnala il totale disinteresse del Governo per il problema della gestione dei profughi”.

Il Presidente non si fa scappare questa ghiotta occasione per attaccare l’operazione Mare Nostrum che “ha consentito l’arrivo di ondate di profughi senza alcun controllo. Con il risultato che oggi nei nostri territori abbiamo, secondo dati della Prefettura, circa 6.000 persone di cui non conosciamo l’identità e che non sappiamo dove siano”.

“In Veneto” – sottolinea il governatore – “ci sono circa 200 mila disoccupati e moltissime persone che non arrivano alla fine del mese, le nostre comunità non ce la fanno più a sopportare questa situazione e i sindaci non hanno strumenti e risorse per risolvere la situazione.”

Ma come? lo stato italiano non da 32,50 euro al giorno ai clandestini per mantenerli sulle spalle degli italiani?
No, le cose non stanno così.

Sull’intera questione va fatto un po’ di ordine; in primo luogo i migranti ospitati a Vittorio Veneto, come in tante altre parti di Italia hanno una caratteristica importante, ovvero si sono fidati del nostro paese e hanno deciso di intraprendere un nuovo percorso di vita affidandosi all’Italia. Rispetto ai numeri legati agli sbarchi chi ha fatto questa scelta è una minima parte, forse un quarto, poiché tutti gli altri hanno preferito scappare verso il nord Europa. Ecco dove sono finite le seimila persone che Zaia non vede più, può dormire sogni tranquilli perché sono lontane e probabilmente dormono meglio anche loro.

Il governo italiano (con anche fondi europei) finanzia 32,50 euro per ogni migrante di cui 2,50 vanno direttamente al migrante e i restanti 30 euro finiscono in tasche italiane, per pagare operatori italiani e per comprare beni italianissimi. Ecco che il Don Camillo di Vittorio Veneto con i sui 120 ospiti intasca 108mila euro al mese, con i quali dovrebbe garantire un vitto e un alloggio dignitoso e gli strumenti per poter inserire i ragazzi in un contesto complicato come quello italiano.

A qualcuno sarà sfuggito ma va ricordato che questi ragazzi scappano da guerra e miseria e hanno il sacrosanto diritto di essere aiutati nel miglior modo possibile.

Considerando che l’Italia non ha un ordinamento giuridico legato ai migranti particolarmente benevolo, affidare queste persone nelle mani di incompetenti significa soltanto condannarli ad un futuro di miseria. Infatti oltre al vitto e l’alloggio chi si occupa di accoglienza dovrebbe curare in egual modo anche l’espletamento delle pratiche relative alla richiesta d’asilo e guidarli nella comprensione della lingua e nell’inserimento lavorativo.

Qui funziona tutto all’Italiana, la prefettura stipula una convenzione con il prete, considerando che i preti sono bravi a trattare con le persone bisognose, e il prete improvvisa una struttura di accoglienza; ma l’accoglienza non si improvvisa.

A Vittorio Veneto però si va oltre l’immaginazione, visto che i migranti denunciano le pessime condizioni alimentari ed igienico sanitarie del centro. Alcuni denunciano addirittura che invece dei 2,50 euro gli vengono dati soltanto cinquanta centesimi .

Se questa circostanza fosse vera sarebbe gravissima, la prefettura farebbe meglio ad indagare le ragioni della protesta più che provvedere a espulsioni sommarie.

Alcuni testimoni denunciano l’assenza di operatori formati all’interno della struttura. I migranti dicono di soffrire il freddo e di non avere accesso al servizio sanitario. Si mangia pasta ogni giorno, mancano carne e frutta. Ci sarebbero 16-18 inquilini per camerata. I controlli di polizia e carabinieri sono assai frequenti.

Se a ciò si aggiunge la lunghezza dei tempi di attesa in questo limbo, è facile capire come la frustrazione abbia dato la spinta a organizzarsi. Tra i ragazzi, quasi tutti provenienti dall’Africa occidentale, quasi nessuno parla italiano.

Sui cartelli che tenevano in mano durante il blocco stradale hanno scritto “Noi stiamo soffrendo, aiutateci”, “Vogliamo pane e documenti” “Abbiamo fame”.
“Scappiamo dai nostri paesi in guerra”, ci ha raccontato uno di loro durante l’intervista che abbiamo realizzato, “protestiamo per le pessime condizioni in cui ci troviamo in questo centro, siamo qui da 8/10 mesi, senza nessuna informazione e nessuna risposta. Siamo abbandonati”.

Più che “un disegno contro i Veneti“, come lo ha definito Zaia, a noi sembra “un disegno contro l’umanità“.

Redazione

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