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Sulla rotta Algeria-Sardegna

di Arianna Obinu*

Mentre il Maghreb, nel gennaio-febbraio 2011, conosceva il caos (al-fawDà, in arabo), e l’estate italiana veniva inaugurata dai copiosi sbarchi di migranti e profughi a Lampedusa, lungo la rotta Annaba-Sulcis, le barchine in vetroresina degli harraga sembravano aver interrotto i loro viaggi.

A giudicare dalle pagine dell’attualità sarda, in effetti, la Sardegna ha perso d’attrattiva agli occhi degli harraga algerini (1). Dopo gli oltre quattromila arrivi sull’isola a partire dal 2006, già i dati relativi al 2011 evidenziano il calo netto del fenomeno: quattro gli sbarchi tra gennaio e maggio, per un totale di una settantina di persone; due sbarchi appena durante l’estate, per un totale di 48 persone (45 uomini, una donna e due bambini) giunte in Sardegna il 14 agosto, e 25 giovani approdati il 13 settembre a Porto Pino, spiaggia del comune sulcitano di Sant’Anna Arresi.(2) L’ultimo tragico tentativo di harga del 2011 risale al 17 novembre, fatale ad un minore, la cui vita è stata strappata dal mare.

Al contrario, il 2011 sulla stampa algerina ha rappresentato un altro anno di drammatici avvenimenti su quest’autostrada del mare. Proviamo a darne conto, affinché si diffonda la consapevolezza che la rotta migratoria in questione non è stata accantonata, bensì permane in piena attività, anche se noi, dalla sponda Nord, non ne siamo a conoscenza, a causa della diffusa opinione che non sia un problema di nostra pertinenza finché i barconi non si materializzano all’orizzonte. Soprattutto, è bene ribadire, non è intenzione dell’autrice redigere una cronaca sterile delle morti in mare o della risvegliata efficienza della Guardia Costiera algerina, quanto piuttosto cercare di dare dignità alla dura decisione che porta giovani e meno giovani ad imbarcarsi in quest’avventura dalle tinte fosche.
Già nel mese di dicembre 2010, quando i malumori sociali cominciavano ad esplodere in Algeria, 19 harraga di Annaba, di età compresa tra i 15 e i 36 anni avevano invano tentato di raggiungere la Sardegna, fermati dalle autorità tunisine. Stessa sorte è toccata ad altri 17 giovani originari di Skikda, altra città dell’est algerino noto vivaio di una gioventù sventurata. Ancora 36 migranti, partiti da Sidi Salem,(3) una località vicina ad Annaba, sono stati intercettati dalla Guardia costiera tunisina a Tabarka e subito rimpatriati e chiamati a comparire di fronte al giudice per rispondere del reato di “sortie illégale du territoire national”.(4)

Il 2011 è stato inaugurato dall’intercettazione di 25 ragazzi di Annaba, El Tarf e Skikda, colti in flagranza di reato a sette miglia dalla costa di Oued Bagrat da cui erano partiti per raggiungere la Sardegna su un’imbarcazione di fortuna.(5) Negli stessi giorni da Mostaganem, ad ovest della capitale, lasciava perplessi l’intercettazione di una barca con a bordo 12 ragazzi minorenni, alcuni dei quali frequentanti il ciclo secondario di studi, trovati soli e probabilmente attori protagonisti di una traversata verso la Spagna improvvisata che poteva rivelarsi mortale.

La notte del 17 gennaio, a largo di Annaba, la Guardia Costiera ha dovuto mettere in salvo diciotto harraga che all’intimazione di arrestare la loro corsa verso l’Italia, hanno dato fuoco all’imbarcazione su cui viaggiavano, con il risultato che alcuni dei passeggeri sono caduti in mare, in piena notte, finendo dispersi.
Il 16 agosto è la volta di 23 candidati all’emigrazione clandestina: 18 uomini, 2 donne e 3 bambini, tutti intercettati dalla Guardia costiera di Annaba che, a distanza di due giorni, ha infranto il sogno di altri 13 migranti. Originari di Annaba, Guelma e Costantina, intendevano raggiungere “cieli più clementi”, come hanno raccontato. Dopo le visite mediche di rito, ad attenderli c’era un’aula di tribunale e, presumibilmente, una multa salata (sui duecento milioni di centimes) se non addirittura l’arresto. Tali misure entrate in vigore l’8 marzo 2009, non distolgono gli algerini dall’idea di partire. C’è anzi chi può fregiarsi di diversi tentativi di harga, divenendo, così, un recidivo di mestiere.

Il 2012 ha fatto quasi dimenticare il fenomeno, fino all’autunno. Il 5 ottobre, infatti, quattro persone di nazionalità algerina, tra cui due donne, sono state intercettate sulla spiaggia del Poligono militare di Teulada, in Sulcis.(6) Nel frattempo, sulla sponda sud del Mediterraneo, gli aspiranti harraga, nonostante i rischi penali e le disavventure per mare(7), non hanno cessato i tentativi di lasciare il Paese, nemmeno nel corso del 2013. A fronte dell’unico sbarco di cui si ha notizia, avvenuto il 10 luglio,(8) le cronache di Annaba raccontano di numerosi casi di ragazzi sorpresi in mare nell’atto di fuggire via dall’Algeria. Due giorni prima di questo ultimo episodio, la Guardia Costiera algerina in pattugliamento si è imbattuta nelle prime ore del mattino in due imbarcazioni di harraga con 23 giovani a bordo. Dopo un inseguimento al largo di Ras El Hamra, una delle due barche avrebbe virato dirigendosi a tutta velocità in direzione dell’unità della Guardia Costiera, che avrebbe aperto il fuoco. Il bilancio è stato di due morti e cinque feriti.

Ancora, nella notte tra il 23 e il 24 settembre 2013, il GTGC (Groupement territorial des Garde-cotes) ha bloccato due barche su cui viaggiavano ben 27 candidati all’emigrazione verso la Sardegna. Tutti giovani tra i 16 e i 30 anni, tra cui anche un ragazzo disabile, sono stati ricondotti al porto di Annaba.(9) Il 10 ottobre hanno raggiunto le coste sarde in 25, ammettendo di aver pagato 100.000 DA a testa. Tutti sono stati accompagnati al Centro di Elmas per l’identificazione e le procedure di rimpatrio. Il 19 ottobre, poi, 14 harraga tra i 18 e i 37 anni intercettati in mare due giorni prima, si sono presentati in tribunale ad Annaba, per rispondere del reato di emigrazione clandestina.
È evidente che i fattori di spinta (push factors) all’emigrazione restino copiosi, ed in ogni caso preponderanti. Nulla pare ancorare gli algerini al loro Paese. La popolazione è oramai dégoutée, e il disgusto nasce dal malessere sociale, dal senso di provvisorietà, dall’indecenza delle condizioni di vita, dalla sete di libertà repressa, dalla cosiddetta “moushkilation” (dall’arabo mushkil, “problema”),(10) ovvero dalla tendenza capillare a rendere difficile, problematica, inaccessibile qualsiasi cosa. Ciò che non si riesce ad avere o a trovare in Algeria, lo si cerca all’estero, finanche la propria dignità, la propria costruzione identitaria.

L’Algeria, allo stato attuale, non ha capacità di resilienza: i suoi cittadini soffocano nella violenza sociale , “come passeggeri di una nave immobile” (11) ,aspettano inerti.

Note:
(1) Harraga (lett. bruciatori) è il termine dialettale in uso in Algeria e Marocco per indicare coloro che partono verso l’Europa privi dei documenti necessari al viaggio, che partono in modo irregolare. Questi giovani uomini sono bruciatori di tappe, di identità (poiché distruggono i propri documenti per non essere identificabili), di vita (poiché aspirano ad una nuova vita, ad una rinascita!). Purtroppo, occorre sottolinearlo, queste avventure per mare terminano spesso in tragedia.
(2) Cf. “Immigrazione, sbarcati 48 clandestini a Sant’Antioco”, in La Nuova Sardegna online (14/08/2011). Cf. anche “”Sbarcati a Porto Pino 25 immigrati del Nord Africa”, in La Nuova Sardegna online (15/09/2011). Occorre sottolineare che i migranti, una volta fermati dalle forze dell’ordine, non sempre si dichiarano di nazionalità algerina. Per quanto concerne gli sbarchi del primo semestre 2011 (20 gennaio, 3 febbraio, 4 aprile e 27 maggio), per esempio, i 32 migranti giunti sulla spiaggia di Chia, nel comune di Domus de Maria, sono stati definiti tunisini dalla stampa. Questo contrasta con la notizia di 8 del gruppo datisi alla fuga. Il decreto “Misure di protezione temporanea per i cittadini stranieri affluiti dai Paesi Nordafricani” firmato dal presidente del Consiglio Berlusconi, infatti, stabiliva la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, di validità sei mesi, a tutti i nordafricani in fuga dalle rivolte locali e arrivati in Italia nel periodo compreso tra il 1 gennaio ed il 5 aprile. Appare bizzarro, pertanto, di fronte all’opportunità di ottenere il prezioso lasciapassare, il tentativo di fuga dei giovani maghrebini.
(3) Sidi Salem è il punto di partenza principale degli harraga che intendono raggiungere la Sardegna. Questo quartiere è tristemente famoso per le misere condizioni di vita dei suoi abitanti. Definito “ghetto vivent”, a Sidi Salem “le cadre de vie est catastrophique, tout n’est que pénurie et désolation”. Cf. “Des quartiers envahis par les détruits”, in El Watan online (24/02/2009).
(4) Djafri, A: “Arretés la semaine dernière, 36 harraga devant la justice à Souk Akhras”, in El Watan online (17/12/2010).
(5) Cf. “Des harragas interceptés au large d’Annaba”, in El Watan online (8/01/2011).
(6) Cf. Lanuovasardegna.
(7) L’11 maggio 2013 sono stati 25 i candidati all’emigrazione irregolare portati in salvo da un’imbarcazione tunisina dopo 48 ore in preda del mare.
(8) Cf.Unionesarda.it
(9) Cf. G.M. Faouzi: “Les harraga continuent à braver la mort”, in El Watan (13/10/2013).
(10) Il neologismo è citato in Chena, S.: op.cit., p.228.
(11) Bensmaia, A.: Alger ou la maladie de la memoire, L’Harmattan,, Paris 1997, p.53.