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un libro di Paola Cecchini

Terra promessa – il sogno argentino

Storie e testimonianze sull' immigrazione argentina

E’ stato pubblicato, edito dal Consiglio regionale delle Marche, Terra promessa – il sogno argentino, a firma della giornalista pesarese Paola Cecchini.
Come suggerisce il titolo, il libro – che ha ottenuto il patrocinio dell’Ambasciata d’Italia a Buenos Aires, de la Embajada de la República Argentina en Italia, della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero degli italiani nel mondo – racconta in 1100 pagine, 670 note, 106 foto d’epoca, 3 diari, 28 tabelle statistiche e 68 testimonianze, la storia dei marchigiani in Argentina, paese verso cui si è indirizzato il più consistente flusso migratorio regionale, e dove tuttora vive la più consistente comunità marchigiana all’estero (22.000 nati nelle Marche, circa un milione gli oriundi).

E’ impossibile non intenerirsi leggendo le decine di storie di vita che vi compaiono: la traversata veniva chiamata nelle Marche lu passàgghju (termine che suona sinistro perché designa nel parlare allusivo anche il trapasso dell’uomo da questo all’altro mondo).Come erano vestiti a bordo? Indossavano quelli che erano chiamati li pagni de lu passagghiu (gli indumenti della traversata), i più vecchi che avevano nel guardaroba e che poco prima dello sbarco venivano gettati nella acque del porto e sostituiti con li pagni voni: in tale circostanza si tagliavano capelli, baffi, barba e unghie, tutte cose che per superstizione avevano lasciato crescere durante il viaggio.

Arrivavano spaesatissimi nell’immenso porto di Buenos Aires; avevano in mare lu spapiè rrusciu (il passaporto rosso), valido tre anni che li bollava spesso come analfabeti. Giordano Buresta, ingegnere fanese di Merlo (Gran Buenos Aires) rivive nell’intervista rilasciata, lo stato d’animo dell’arrivo condensandolo in queste eloquenti parole: Un mare di gente e noi senza salvagente.
Per gran parte agricoltori, nella pampa i marchigiani sono stati anche autori di un primato, o più precisamente di una scoperta rivoluzionaria, conosciuta a livello internazionale col nome di semina diretta, e cioè la semina del campo non arato, che permette il riposo e la salvaguardia del suolo che rischia spesso la desertificazione. Nella provincia di Mendoza, poi, sono stati i primi a praticare l’olivicoltura e gli unici ad ideare un museo dedicato al vino, tuttora unico in Argentina ed in tutto il continente sudamericano.

Nel libro compaiono storie il cui impatto emotivo è molto forte : c’è chi ha vissuto il terribile terremoto di San Juan, chi è stato costretto ad atti di cannibalismo durante la seconda guerra mondiale, chi è stato deportato in Siberia, chi ha incontrato il fratello dopo 70 anni.
Anche se il libro è concentrato sulla gente comune che l’autrice ha seguito in tutte le fasi della loro esperienza, figurano nel flusso migratorio marchigiano anche intellettuali, aristocratici e politici, ed alcune celebrità, tra cui: l’architetto ascolano Francesco Tamburini, ideatore del teatro Colón e della ristrutturazione della Casa Rosada a Buenos Aires; il pittore montecassianese Giuseppe Cingolani già restauratore degli affreschi della Cappella Sistina del Vaticano, e fondatore a Santa Fe dell’Ateneo di Arti e Scienze (1909); il recanatese Lorenzo Gigli, definito pittore dei due mondi; il calciatore senigalliese Renato Cesarini, diventato immortale dopo il goal segnato il 13 dicembre 1931, durante la partita contro l’Ungheria che permise la vittoria della Nazionale proprio al novantesimo minuto (zona Cesarini).

In tempi recenti, è invece il caso di ricordare l’ex tennista mondiale Gabriela Sabatini, come il calciatore iuventino Mauro Gérman Camoranesi, e Emanuel Ginobili, campione del N.B.E.(National Basketball Association).
Il libro si chiude con l’intervista al Presidente di Feditalia (Federacion de Asociaciones Italianas de Argentina), il sen. Luigi Pallaro.