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Tra Cpr in fase di realizzazione e le “insicurezze” del Decreto Sicurezza, in Emilia Romagna le politiche migratorie affrontano la prova delle amministrative

Un report a puntate della campagna LasciateCIEntrare

Foto: manifestazione a Modena (tratto da Modena's Refugees)

In quella che, perlomeno sino a poco tempo fa, veniva considerata la “Regione rossa” per eccellenza, la questione dei migranti si interseca con la difficile campagna elettorale per le amministrative che vede la Lega e, in generale, la destra, attaccare le roccaforti del centrosinistra. Il 26 maggio, infatti, andranno alle urne per eleggere il nuovo sindaco i cittadini di molti importanti Comuni come Ferrara, Modena, Reggio Emilia, Cesena, Forlì e altri ancora.
Se da un lato la destra non ha esitazioni a cavalcare la “paura del migrante” per far campagna elettorale adoperando l’arma tutta salviniana della provocazione continua, dall’altro abbiamo un centrosinistra che, nel complesso, è ben lontano dal costruire una comune e credibile proposta che abbia come presupposto una politica di accoglienza nell’interesse di tutti.

Emblematico, in questo senso, il caso del CIE / CPR di Modena. Un centro di espulsione istituito dall’allora Governo di centrosinistra e che ora il ministro Matteo Salvini, di diverso colore politico ma di identica impostazione nella gestione delle migrazioni, vuole riaprire.

“All’epoca in cui hanno realizzato il Cie, ora Cpr, avevamo condotto una dura battaglia contro questa struttura – ricorda Domenico “Memi” Campana, referente per l’Emilia di LasciateCIEntrare -. La struttura in seguito era stata chiusa dalla Prefettura con la scusa delle manutenzioni, ma la vera questione è che era inutile, pericolosa e costosissima. Poi, il ministro Marco Minniti, ancora un governo di centrosinistra, che spingeva su una politica di rimpatri forzati, lo voleva riaprire e per noi cominciò un’altra battaglia. Anche il Comune, amministrato da una coalizione con a capo il Pd, aveva preso posizione chiedendo al ministro Minniti, quantomeno, molte garanzie di controllo e di verifica sulla situazione dei migranti ospiti. E la faccenda era finita là”.

Con l’arrivo del ministro “Ruspa”, l’ipotesi di riaprire il Cpr a Modena ha ripreso vigore. Ma questa volta, grazie anche al diverso colore politico di Governo e Comune, l’amministrazione ed i candidati del centro sinistra hanno avuto meno problemi a rispondere un deciso: “no, grazie!”.
“Scelte e posizioni da leggere anche in chiave elettorale – sottolinea Memi Campana -. A Modena c’è una larghissima opposizione al progetto. Le motivazioni però continuano ad essere molto diverse. C’è chi, come noi, ritene sbagliato per principio una politica di gestione delle migrazioni basata su questi centri di espulsione forzata e chi si limita a dire che Modena non è una città adatta a gestire una struttura di questo tipo”.

Contraddizioni che si riflettono anche sulla gestione dell’accoglienza. “Le nostre cooperative che si occupano di migranti alternano cose buone a scivoloni inspiegabili – continua Campana -. E così fanno anche i Comuni amministrati dal centrosinistra. La residenza ad esempio, è stata concessa a chi è inserito nello Sprar ma non ai migranti delle cooperative. Possibile che una amministrazione pubblica non si renda conto che un documento anagrafico non è solo utile ma anche indispensabile ad esempio per iscriversi all’università o per richiedere la patente? Senza contare che questo documento è necessario per accedere praticamente dall’intero circuito produttivo”.

I frequenti ricorsi contro col decreto sicurezza hanno ottenuto importanti risultati. Oggi l’iscrizione all’anagrafe è garantita in Comuni come Bologna, Reggio Emilia e Modena. E’ notizia di questi giorni che anche a Ferrara, è stato depositato in tribunale il ricorso per la richiesta di iscrizione all’anagrafe di alcuni migranti presentato dalla cooperativa Matteo 25. Il nome dell’associazione richiama il versetto 25 “Ero forestiero e mi avete ospitato” del Vangelo secondo Matteo. Intendiamo, Matteo l’evangelista e non il ministro!

Le strette del “decreto sicurezza” si sono comunque fatte sentire anche nella “rossa” Emilia Romagna. “Molti enti gestori sono stati messi in difficoltà. I tempi di accoglienza sono stati accorciati, tanti ragazzi sono stati sbattuti fuori ed è toccato ai Comuni il compito di farsene carico. Tutti problemi in più che potrebbero essere facilmente evitati. Il ministro dell’Interno, che dovrebbe fare da pompiere, si comporta come un incendiario”.

“Tutto viene lasciato all’improvvisazione, per non dire al caso – sottolinea Lucia Faraoni referente di LasciateCIEntrare per la Romagna -. Sappiamo che le prefetture hanno indetto un bando ma non abbiamo ancora saputo a chi è stato assegnato. Certo molti migranti sono stati sbattuti fuori dalla rete di accoglienza. Molte coop si sono tirate indietro e anche il Comune di Cesena ha chiuso i suoi progetti. Tra Forlì e Cesena, solo un terzo dei circa 600 richiedenti asilo sono stati riconfermati. Stiamo cercando di capire come si muoveranno le amministrazioni comunali, ma il periodo elettorale non aiuta di certo ad affrontare serenamente la questione! Credo che alla fine dei conti, ci saranno le solite proroghe e poi le prefetture daranno assegnazioni dirette a degli enti gestori, come già accaduto con l’emergenza di due anni fa. Ma tutta questa discrezionalità e questa… ‘insicurezza’ implicita nel decreto Sicurezza, non aiuta ad affrontare i problemi ma a crearli”.