Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da Il Manifesto del 23 novembre 2003

Treviso – L’altra città in corteo riapre la «casa» degli immigrati di Paola Bonatelli

TREVISO – Casa, diritti, dignità. In più di tremila (duemila per la questura) ieri hanno attraversato Treviso per riaffermare che queste tre semplici parole devono diventare realtà.
Vita, per il centinaio di immigrati sgomberati martedì scorso dalle palazzine occupate dove vivevano ma anche per tutti gli altri che nell’opulento nordest dormono in macchina o in luoghi abbandonati.
Vita, contro la morte nel «forno crematorio del cimitero di Santa Bona» – come invocato dal senatore della Lega, Piergiorgio Stiffoni, che ha arricchito la sua gola razzista dichiarando che bisogna aiutare prima i «nostri fratelli, e l’immigrato non lo è, perché ha un colore della pelle diverso».
Le «battute» di Stiffoni, che hanno scatenato una bufera di indignazione tra tutte le forze politiche (e non solo) locali e nazionali, hanno avvelenato anche gli umori del lunghissimo corteo che ha percorso Treviso, concludendosi proprio all’ex-ospedale psichiatrico di Sant’Artemio, dove venerdì sera gli immigrati, con il sostegno del Comitato M21, hanno rioccupato una palazzina.
Tantissimi i cartelli mostrati dai cittadini, molti i trevigiani e quelli dei paesi vicini, contro il senatore leghista, e le dichiarazioni contro il razzismo e il fascismo della Lega. Persino Alleanza nazionale si dice spaventata dalle parole leghiste, fino a temere, per bocca del presidente provinciale Carlo Manfrenuzzi, il rischio che Treviso diventi un bersaglio del terrorismo, perché «frasi come quelle pronunciate da Stiffoni seminano l’odio e l’odio può seminare anche morte».
E se la Cgil regionale, così come i Comunisti italiani, ha dato mandato al suo ufficio legale – come dichiarato in piazza dal segretario Stefano Cecconi – di valutare se vi siano gli estremi per una denuncia alla magistratura, gli immigrati hanno dato le loro risposte: «Siamo fatti di carne come voi – dice Karim, sgomberato dalll’ex-convento dei Sacramentini di Casier – abbiamo il sangue rosso come voi e lo spendiamo qui, nelle vostre fabbriche». Rincara Ibrahim, metalmeccanico, che si rivolge alle schiere di poliziotti che blindano il corteo: «Siamo immigrati, non siamo schiavi, e anche i poliziotti vengono pagati coi nostri contributi».

E’ qui, il nordest che lotta per i diritti. In mezzo ai disobbedienti che con oggi inaugurano la settimana contro il vertice dei ministri europei che si terrà a Padova il 27 e 28 novembre, al Comitato M21, a Razzismo stop, a fianco degli Invisibili con le caratteristiche «baùte» veneziane (le maschere tutte bianche), ai tanti, tantissimi migranti, ci sono decine e decine di persone che lavorano nelle associazioni antirazziste, nel volontariato, nei coordinamenti per la pace.
Un serpente di bandiere multicolori chiude il corteo dietro allo spezzone della Cgil: «Siamo qui – dicono Luisa, Gabriella e Michela dei Cittadini per la pace di Castelfranco – contro il gravissimo dello sgombero di gente che lavora e che ha la sfortuna di essere povera, per cui i loro diritti valgono molto meno. Siamo qui anche per dire che non è possibile restare indifferenti, a questo come alla guerra decisa dai potenti».

Tra i fumogeni che invadono scenograficamente la piazza all’entrata del corteo, anche i verdi Beppe Caccia, assessore alle politiche sociali a Venezia, e il prosindaco di Mestre Gianfranco Bettin: «Per Stiffoni – dice Bettin – riaprirei il processo di Norimberga. Quella di Stiffoni però non è una gaffe ma un messaggio preciso. Non è vero che la Lega se ne frega degli immigrati, persegue attivamente una politica che li ostacoli».
«Domani (ieri, ndr) a Mestre – interviene Caccia – inauguriamo una nuova struttura di accoglienza, in particolare per le donne immigrate provenienti dal sud-est europeo. Credo che questo sia il messaggio migliore, che spiega anche la nostra presenza qui come amministratori».
Mentre il corteo si avvia verso S.Artemio, dove nella palazzina rioccupata si terrà una grande festa, Luca Casarini legge le adesioni alla manifestazione: c’è anche quella della Fiom, presente con Augustin Breda, presidente del comitato centrale. Non è un caso, oltre all’adesione culturale c’è il fatto che molti dei migranti sgomberati sono metalmeccanici: «Sono loro – confermano gli esponenti dell’Associazione difesa dei lavoratori – il sistema produttivo trevigiano. Le occupazioni restano fondamentali ma ora bisogna iniziare una battaglia che coinvolga anche le fabbriche».