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tratto da ilpiccolo.gelocal.it

Trieste, caso Alina – “Baffi si dimetta dalla commissione per le richieste d’asilo politico”

L’ex dirigente dell’ ufficio immigrazione - denuncia l’organizzazione umanitaria di Schiavone - ha partecipato a Gorizia a una riunione anche dopo che era scoppiato il caso di Alina

L’ex dirigente dell’Ufficio immigrazione della questura Carlo Baffi – rimosso dall’incarico e trasferito all’Ufficio personale dopo l’avvio dell’indagine a suo carico per sequestro di persona e omicidio colposo in relazione alla morte di Alina Bonar Diaciuk – è ancora componente supplente della Commissione territoriale di Gorizia cui spetta l’esame delle domande d’asilo presentate in Friuli Venezia Giulia, Veneto e Trentino Alto Adige. Baffi, che fa parte della Commissione da un anno e mezzo, risulta inoltre aver partecipato ad una seduta dei lavori anche dopo l’avvio dell’inchiesta che lo riguarda. Una presenza che i rappresentanti di Ics – Consorzio Italiano di Solidarietà giudicano assolutamente inopportuna.

«Posto che la nomina dei componenti avviene con decreto del ministro – afferma Gianfranco Schiavone, presidente dell’Ics e componente del direttivo nazionale Asgi (Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione)è chiaro che una revoca dell’incarico deve avvenire con procedimento analogo e opposto. Ma prima di questo procedimento, considerate da un lato l’estrema delicatezza del ruolo che ricoprono i componenti delle Commissioni territoriali per il diritto d’asilo, e dall’altro la gravità delle accuse mosse a suo carico, Baffi, anche a tutela della sua stessa immagine, potrebbe presentare le dimissioni dall’incarico. Ed è questo – ha concluso Schiavone – ciò che ci si aspetta».

Al momento invece, come conferma il viceprefetto di Gorizia e presidente della Commissione Adolfo Valente, Baffi continua a tutti gli effetti a far parte dell’organismo. Il fatto che ci siano indagini in corso, cioè, non ha prodotto alcuna sospensione dall’incarico. «Il dottor Baffi è ancora formalmente membro della Commissione – precisa Valente -. La nomina non è stata revocata né dal diretto interessato né dal ministero dell’Interno, l’unico deputato alla modifica della nomina tramite nuovo decreto. Da quando è in corso l’inchiesta – ha proseguito il viceprefetto – Baffi ha partecipato una sola volta ai lavori della Commissione (che si riunisce in Prefettura a Gorizia 4 o 5 volte alla settimana, a seconda delle necessità ndr) e in questi giorni non verrà».

Impossibile raccogliere le valutazioni dello stesso Baffi. Nonostante i ripetuti tentativi telefonici, il dirigente è risultato irraggiungibile. A intervenire sul caso è invece Laura Boldrini, portavoce dell’Unhcr, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. «Poiché vi sono delle indagini in corso, non vorremmo commentare la vicenda personale di un membro della Commissione. Allo stesso tempo però – prosegue Boldrini -, fino a che non viene fatta chiarezza sulla vicenda, il richiedente asilo potrebbe avere delle riserve in merito alla neutralità di valutazione delle domande da parte del componente indagato. In generale, per quanto riguarda la composizione delle Commissioni territoriali, – conclude Boldrini – l’Alto Commissariato per i Rifugiati auspica che i componenti abbiano una funzione dedicata e che la loro selezione avvenga sulla base della competenza in materia di asilo e di diritti umani».

Dieci in tutta Italia, le Commissioni territoriali sono l’unico organismo deputato ad accogliere o bocciare le richieste d’asilo nel nostro Paese. Quella di Gorizia che, non a caso, ha sede vicino al Cara di Gradisca, è costituita da quattro membri nominati dal ministro dell’Interno con incarico triennale e rinnovabile. I componenti effettivi, in questo momento, sono appunto il viceprefetto Adolfo Valente, la rappresentante Unhcr Veronika Martelanc, la rappresentante di un ente territoriale designato dalla Conferenza Stato – città e autonomie locali Renata Donati e il funzionario della Polizia di Stato Emilio Di Vitto. Per ciascuno dei membri effettivi sono appunto previsti uno o più supplenti. Le Commissioni hanno il delicato compito di condurre l’audizione – la cosiddetta intervista – del richiedente, decidendo a maggioranza (in caso di parità il voto del presidente vale doppio) se la persona abbia diritto o meno alla protezione internazionale che nel nostro Paese prevede tre formule: status di rifugiato, protezione sussidiaria e protezione umanitaria.

Viste da vicino le Commissioni mostrano più di qualche falla nel sistema d’asilo del nostro Paese: i componenti non ricevono una formazione specifica in materia di asilo e di diritto dei rifugiati. Ne consegue una disomogeneità del modus operandi delle dieci Commissioni con il rischio che la procedura d’esame delle richieste d’asilo sia affidata alla casualità del commissario che conduce l’intervista quel determinato giorno. Il requisito di collegialità nella prassi è infatti spesso disatteso poiché, dopo firma dell’apposita liberatoria da parte del richiedente all’inizio dell’intervista, si preferisce procedere al colloquio davanti un unico membro che poi in sede di votazione riporterà il caso agli altri componenti. Eloquenti sono i dati riferiti al periodo 2008-2010 contenuti nello studio “Il Diritto alla Protezione” diretto dall’Asgi: la Ct di Gorizia ha un tasso di rigetto delle domande d’asilo pari al 59,4%, ben sopra la media nazionale della percentuale di riconoscimento di protezione che si attesta sul 50%. A Trapani le domande rigettate nel triennio sono state il 25% mentre a Torino hanno superato il 60%.