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UE, accordi di riammissione. La “cooperazione” al servizio dell’espulsione dei migranti

Scheda di approfondimento a cura di Migreurop.org

Accordi di Riammissione. Scheda a cura di Migreurop

Abstract della scheda

Dagli anni 90, l’UE ha portato avanti un politica di ‘esternalizzazione’ delle frontiere. Lo strumento chiave di questa strategia sono stati i cosiddetti “Accordi di riammissione”, istituiti dal Trattato di Amsterdam del1999, secondo cui i paesi membri si sono impegnati a stipulare dei patti di riammissione con i paesi d’origine o di transito dei migranti. Gli obiettivi di tali accordi sono, da una parte, facilitare e velocizzare i respingimenti delle persone irregolari nei loro paesi d’origine e, dall’altra, preservare gli interessi economici dei paesi membri che, grazie alla manodopera a basso costo proveniente dai paesi considerati “a rischio di migrazione” , danno nuova vita ad alcuni settori della loro economia.

Questi accordi non garantiscono in nessun caso che il ritorno forzato delle persone nel proprio paese avvenga nel rispetto delle norme internazionali in materia di diritti umani. In molti casi, infatti, i migranti vanno incontro a procedure legali o all’arresto, poiché in molti dei paesi d’origine non vige nessuna norma che tuteli i diritti fondamentali dell’uomo e, in alcuni casi, l’emigrazione è considerata un reato.

Secondo la Commissione europea, i paesi europei devono garantire “incentivi sufficientemente potenti” per ottenere la cooperazione dei paesi terzi. In questa visione, i migranti non costituiscono altro che una moneta di scambio utile agli interessi personali dei paesi coinvolti. Inoltre, il Parlamento Europeo può dare la propria approvazione agli accordi stipulati solo una volta che il contratto è stato firmato dagli aderenti; in questo modo, il suo ruolo di supervisore è svuotato di significato.

Le ONG e la società civile non hanno accesso ai testi degli accordi bilaterali e ai documenti del Consiglio, che sono secretati in quanto “politicamente delicati”. In conclusione, tutto ciò che concerne la riammissione deve rimanere nella massima confidenzialità, poiché coinvolge necessariamente i rapporti tra gli stati.