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Umar: un cortometraggio d’osservazione di Francesco Cibati

Non solo una storia delle brutali violenze subite dalla polizia croata, ma di autodeterminazione ed impegno

Umar, 24 anni, arriva a Trieste dal Pakistan dopo un lungo e terribile viaggio a piedi. Ha visto morire il suo migliore amico, è stato torturato dalla polizia croata, ha rischiato di perdere la gamba e infine si è salvato, anche grazie a Lorena Fornasir, presidente di Linea d’Ombra, l’associazione triestina che ogni giorno in piazza della Libertà accoglie i migranti in arrivo dalla Rotta Balcanica, e che oggi per Umar rappresenta un nuovo inizio.

Umar – Trailer from Raw Sight on Vimeo.

“Umar” è anche l’opera prima di Francesco Cibati, volontario di Linea D’Ombra. Il cortometraggio d’osservazione è stato scritto con Marco Bergonzi e Michael Petrolini, prodotto da Raw Sight e attualmente è in calendario in diversi festival internazionali.

Essendo parte attiva dell’associazione Linea d’Ombra e frequentando Umar quasi nel quotidiano – racconta Francesco Cibati – ho intuito la possibilità di coinvolgerlo nel progetto e l’idea l’ha entusiasmato. Abbiamo deciso di dare spazio alla sua quotidianità, osservandolo per circa due giorni in casa e in piazza. Al contempo insieme a Umar, con l’aiuto di Raheem Ullah e Shabana, amici e preziosi mediatori, abbiamo sviluppato quello che nel montaggio finale è la voce narrante. Umar che finalmente racconta la sua storia, scegliendo gli accenti e le sfumature in un lavoro, seppure assistito, di autodeterminazione“.

Nel pensare al progetto di Umar – continua il volontario e registra – è stato chiaro fin da subito l’intenzione verso lo spettatore. E’ sì importante la consapevolezza di ciò che accade alle frontiere, ma grazie all’osservazione paziente, prendendosi il tempo di conoscere un personaggio ad un livello più intimo, è possibile trasformare la consapevolezza in empatia, compiendo un salto qualitativo fondamentale. Il momento della preghiera, lo studio dell’italiano, la cura dell’aspetto esteriore, scoprire che nel nord del Pakistan non si mangia piccante o vedere Umar impacciato (un simbolismo imprevisto) che non riesce ad aprire la porta di casa sono tutti dettagli necessari a dipingere in modo corretto e dignitoso il suo presente, la sua volontà di riscatto e i suoi desideri, al netto di un passato di violenza da dimenticare“.

Trieste: punto di arrivo (e transito) della Rotta Balcanica

A Trieste i migranti arrivano dalla Bosnia, confine esterno dell’Unione Europea, difeso con violenza brutale e sistematica dalla polizia croata.
Malgrado le denunce portate da innumerevoli istituzioni, associazioni e testate giornalistiche, la situazione lungo la Rotta ha continuato a deteriorarsi, l’Unione Europea e gli stati sovrani si sono macchiati di gravi violazioni dei diritti umani.
Oggi, seguendo la Rotta, si arriva a Trieste dopo il “game”, una marcia di circa venti giorni attraverso foreste pericolose e inospitali, forzando il passo per 270 km attraverso Croazia e Slovenia. Non ci si può fermare, perché il rischio di essere presi, respinti e violentati è davvero alto. Al loro arrivo molti migranti non mangiano né bevono da giorni se non radici, foglie e fango di pozzanghera filtrato attraverso le calze. Hanno le scarpe sfondate, i vestiti zuppi d’acqua, ecchimosi, abrasioni, parassiti e i piedi piagati in modo terribile. Eppure sorridono tutti.

Umar è una di queste persone, e porta i segni della violenza subita.

Ha provato il game 37 volte, una squadra di poliziotti sadici gli ha inflitto ustioni ripetute alla gamba destra, il suo migliore amico è morto vicino a lui nelle foreste vicino a Rjeka, per due anni è rimasto bloccato in Bosnia, arrivando a perdersi d’animo per le condizioni della sua gamba. È a questo punto che incontra Lorena Fornasir.
Lei lo cura e lo conforta e, racconta lui stesso, gli dà la forza necessaria a provare nuovamente. Nel febbraio 2020 Umar arriva a Trieste. È lacero, magro, la gamba infetta gli causa febbre e dolori lancinanti, ma il peggio è passato.

Trieste è una città di frontiera che non vuole riconoscersi tale. Le poche strutture che davano soccorso e prima accoglienza ai migranti sono state chiuse nell’ultimo anno dall’amministrazione di estrema destra, indifferente e inadempiente ai diritti umani e ai propri doveri. È in questo contesto di rarefazione del senso comunitario che Lorena assieme al compagno Gian Andrea Franchi e altre persone fonda Linea d’Ombra. Questo impegno prevede di incontrarsi tutti i giorni in Piazza Libertà di fronte alla stazione dei treni di Trieste, per accogliere i migranti in arrivo e allo stesso tempo organizzare viaggi solidali in Bosnia 1 in supporto ai migranti bloccati oltre la frontiera europea.

Umar ha ritrovato Lorena in Piazza Libertà. Ha deciso di restare, diventando parte integrante dell’associazione, un bravo mediatore culturale e infaticabile lavoratore. Stenta con l’italiano e l’inglese, la gamba è quasi guarita grazie alle cure e alle attenzioni ricevute. Vuole tornare dalla famiglia che non vede ormai da sei anni, ma sa anche di voler tornare a Trieste, dove si sente a casa. “Dove trovi gente che ti ama, lì sono la tua casa e la tua famiglia”.

Note di regia

La storia di Umar è già nota tra chi segue le vicende della Rotta Balcanica, così come sono conosciuti Lorena Fornasir e Gian Andrea Franchi.
Umar è stato ripreso e raccontato molte volte: ne ha parlato la televisione nazionale italiana, quella spagnola, belga e olandese, compare in innumerevoli articoli e reportage e in un bel documentario di Sara Del Dot, “Confine | Umanità”.
C’è un però: Umar è sempre stato sempre raccontato in quanto oggetto della violenza croata, personaggio tragico e architipo del migrante che, per fortuna, è riuscito a salvarsi. Mancava una versione di Umar che originasse da lui stesso, che rendesse giustizia alla persona che è adesso e non si concentrasse per lo più sulle violenze da lui subite in passato.

Umar è un film nato spontaneamente, girato e assemblato a budget zero nel giro di due settimane.

La troupe era composta da operatore camera/dop (Marco Bergonzi) e regista/boom operator (Francesco Cibati). Il lavoro di scrittura prima delle riprese è stato minimo, avendo deciso di seguire la quotidianità di Umar e solo in seguito selezionare i momenti più significativi. La scelta di utilizzare lo spallaccio non è solo pratica ma stilistica, per rendere più reale possibile il confronto con il protagonista.

Informazioni e richieste di proiezioni: [email protected]

  1. Qui è possibile leggere tutti i report dei viaggi: https://www.meltingpot.org/+-Linea-D-Ombra-ODV-Lorena-Fornasir-e-Gian-Andrea-Franchi-+.html