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Un comunicato di Medici contro la tortura sul pacchetto sicurezza

Onorevole Presidente,
Questa Associazione si rivolge a Lei per farLe presente la propria seria preoccupazione per l’eventuale introduzione, con l’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri del cosiddetto “pacchetto sicurezza”, di alcune misure particolarmente restrittive per quanto concerne il diritto d’asilo.
Tra le modifiche alla legislazione vigente figurerebbe l’abolizione dell’effetto sospensivo del ricorso avanzato dal richiedente asilo che in prima istanza abbia ricevuto una decisione negativa alla sua domanda di protezione. Un richiedente asilo la cui domanda non è stata accolta dalla Commissione Territoriale competente potrebbe quindi essere espulso prima di avere la possibilità di presentare un ricorso o comunque prima che il tribunale competente si sia pronunciato. In tal modo, il ricorso perderebbe completamente la sua efficacia. Riteniamo che tale modifica alla legislazione italiana in materia d’asilo si porrebbe in netto contrasto con uno dei princìpi fondamentali del diritto, nonché con quanto stabilito dall’articolo 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ove si enuncia che “ogni persona […] ha diritto ad un ricorso effettivo davanti ad un’istanza nazionale”. La direttiva comunitaria sulla procedura di asilo, inoltre, definisce la possibilità di un “rimedio effettivo dinanzi a un giudice” come “principio fondamentale del diritto comunitario”.
La perversa logica sicuritaria che sottende al “pacchetto sicurezza” elimina i passi avanti che si erano da poco fatti in Italia con la ricezione della direttive europee (D. Lgs 251/2007 e 25/2008) che prevedevano la sospensione automatica dell’esecutività del provvedimento di diniego della protezione internazionale e della connessa espulsione nel caso della proposizione del ricorso. Si tratta inoltre di decreti legislativi la cui efficacia non è stata neppure ancora sperimentata; chiediamo perciò che si provveda a dare tempestiva emanazione del regolamento di attuazione di tale decreto piuttosto che dare priorità ad un “pacchetto sicurezza” che rende i diritti dei richiedenti asilo del tutto insicuri.
Unico paese, l’Italia, è bene ricordarlo, tra i 27 Stati membri dell’Unione a non avere ancora una legge organica sull’asilo che dia pienezza al dettato programmatico dell’art. 10 c.3 della nostra Costituzione. Ed è bene ricordare anche che in Italia vengono presentate ogni anno circa 15.000 domande d’asilo, numero di ridotte dimensioni se paragonato a quello di altri paesi dell’Unione ma che evidentemente basta a far urlare all’“invasione”. Delle domande presentate, oltre il 50% viene accolto in prima istanza e circa 1/3 di quelle rigettate viene accolto in sede giudiziaria: l’importanza della tutela giurisdizionale tramite l’impugnazione della decisione delle Commissioni è allora evidente.
Noi constatiamo come, in base ai procedimenti della magistratura competente, al cui giudizio sono portati i ricorsi dei rifugiati che hanno subìto un diniego opposto in prima istanza da dette Commissioni, non poche di tali decisioni siano state riformate. Si trattava, nei casi specifici, di nostri pazienti, da noi ricevuti in cura e diagnosticati e certificati come sofferenti di conseguenze di tortura patita nei loro paesi di origine, per gli stessi motivi politici per cui si trovano ora in esilio, fuggiti senza documenti.
Questi “clandestini” sono in realtà delle vittime di regimi oppressivi o di varie forme di guerra nonché di violenza esercitata dai pubblici poteri. Spesso sono oppositori politici che hanno pagato duramente per la loro libertà di pensiero e di testimonianza. Nella generalità dei casi, queste persone non hanno avuto, da parte degli organismi competenti del Ministero dell’Interno, la possibilità di ottenere un documento provvisorio che assicuri il soggiorno legale temporaneo in vista del riconoscimento del loro diritto di asilo a termini dell’art. 10, c.3 dei Principi Fondamentali della Costituzione della Repubblica. Perciò qualora la loro espulsione fosse intervenuta dopo un’errata decisione di diniego in prima istanza ed escludendo l’intervento riparatore della Magistratura, si sarebbero avute conseguenze gravi ed irreparabili. Queste persone in esilio da noi curate, espulse nel paese di origine, sarebbero ricadute nel pericolo di soffrire la tortura e perdere la vita.
Se affermiamo la posizione etica del diritto alla vita e alle cure, in specie per chi ha subìto violenze e abusi, trattamenti crudeli, inumani e degradanti, non possiamo non essere gravemente preoccupati per coloro che verrebbero misconosciuti e trascurati in tale loro diritto. Perciò, non escludendo nessuno straniero dal più ampio diritto di asilo (salvo l’accertamento delle circostanze previste dall’art. 10 c.3 della Costituzione) ci permettiamo, situandoci nell’esperienza della nostra volontaria professione umanitaria e dando così voce ai nostri pazienti, di chiedere che vengano riconsiderate le restrizioni introdotte nel “pacchetto sicurezza” concernenti l’effetto sospensivo del ricorso.
Non solo chiediamo che non sia respinto nessuno prima che abbia potuto formalizzare la sua la richiesta di asilo, ma anche che ogni persona richiedente asilo, prima di essere eventualmente espulsa, abbia, nei modi stabiliti dalle procedure vigenti nel diritto civile italiano, accesso ad un ricorso efficace, come previsto dal diritto europeo ed internazionale.
Inoltre, poiché il “pacchetto sicurezza” propone di trattenere nei Centri di Permanenza Temporanea (CPT) i richiedenti asilo che abbiano presentato la domanda di asilo dopo essere stati colpiti da un provvedimento di espulsione, facciamo osservare che in questo modo i richiedenti asilo sarebbero soggetti allo stesso trattamento riservato a tutti gli stranieri in attesa di espulsione e potrebbero essere trattenuti fino a 18 mesi. Persone in esilio, fuoriuscite dai loro paesi per salvarsi da persecuzioni, si ritroverebbero così non solo private della tutela loro dovuta, ma anche esposte al ripetersi delle sofferenze subite nelle precedenti detenzioni illegali.

Roma, 6 giugno 2008

Con l’adesione del Centro per i richiedenti asilo, rifugiati e vittime di tortura Naga-har di Milano

Il presidente
Dott. Carlo Bracci