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tratto da http://erroneo.org/

Un’estate drammatica per i migranti in Sicilia

A cura di Sergio Serraino (Coordinamento per la pace TP)

Stipati nei centri di permanenza, arrestati anche se lavorano da 10 anni in Italia, se hanno moglie e figli oltre le sbarre. Si moltiplicano i tentativi di suicidio e gli scioperi della fame nei lager per immigrati; il rimedio? psicofarmaci per tutti. Questa è l’estate per chi ha la sventura di fuggire dalle guerre e dalla fame.

Un’estate di sbarchi in numero inferiore agli anni precedenti, è vero, ma un’altra estate drammatica per chi cerca di passare a Nord della sponda mediterranea. I piccoli gruppi hanno sostituito almeno per ora i barconi con centinaia di passeggeri. Sono arrivati i profughi dalla guerra civile liberiana, le donne e i bambini dalla Somalia, la sempiterna colonia italo-americana dell’Africa Orientale. Sono arrivati i poveri del Sudan meridionale e dal solito Maghreb. E’ stato calcolato dalla Caritas che in Sicilia per ogni migrato “sanato” 4 sono stati rimpatriati, spesso dopo aver pagato dai 1000 ai 2000 euro a sedicenti associazioni o singoli, tra questi anche alcuni candidati alle passate elezioni amministrative di maggio, che promettevano in cambio del denaro un posto del lavoro e il tanto agognato permesso di soggiorno.

Sappiamo che centinaia di uomini e donne sono ora rinchiusi, talvolta ammassati, nelle prigioni chiamate CPT in attesa di una decisione da parte delle autorità italiane, attesa che quasi sempre si risolve con un rimpatrio coatto senza se e senza ma. Non importa se abbiano figli nati sul suolo italiano, se siano coniugati con un italiano, se lavorino e paghino le tasse da decenni per lo stato italiano. La legge Bossi-Fini in questo non lascia dubbi, è sufficiente aver ricevuto un foglio di via sette anni orsono, aver commesso un reato dieci anni fa, essere sprovvisti al momento della perquisizione di un documento di identità per finire rinchiusi a Trapani, Agrigento o a Caltanissetta e poi essere rispediti a casa.

Non importa nemmeno, come succede a Catania, essere schiave del racket della prostituzione gestito dalla mafia locale in accordo con le organizzazioni malavitose straniere. Per tutte e per tutti il destino, una volta arrivati sulla spiaggia o finiti nelle mani di qualche ottuso agente all’uscita dalla fabbrica dove si lavora, è la reclusione negli accoglienti lager di cemento armato, come quello di Agrigento, e il viaggio di ritorno a casa, dopo due mesi e più di agonia tra topi, percosse e psicofarmaci.

Di seguito pubblichiamo le notizie inviateci da Sergio Serraino e dal Coordinamento per la pace di Trapani, già raccolto anche su Indymedia, nella speranza che chiunque, leggendo, possa comprendere le atrocità commesse in nome di una legge razzista.
Le notizie sono in ordine cronologico e riguardano il mese di agosto.

(1)

In questi giorni abbiamo fatto il nostro ingresso settimanale al Centro.
Dai colloqui sono emerse una serie di situazioni che possiamo definire di razzismo burocratico.

Abbiamo incontrato un ragazzo rumeno, Curt, che viveva a Salerno con la figlia di 10 anni.
La bambina è rimasta da sola, fortunatamente Curt ha un amico a Bari che è andato a prenderla ed ora arriverà il fratello dalla Romania per riportarla dalla madre che è stata anche lei espulsa.

Un altro ragazzo rumeno è stato fermato dalla polizia a Roma dove viveva da dieci mesi e dove lavorava come muratore. E’ stato fermato insieme alla moglie che è stata separata dal marito e portata al CPT di Lecce.

Ci sono poi cinque persone a cui è stata rigettata la domanda di sanatoria solamente perché hanno avuto un foglio di via. Uno di loro, per la sanatoria, ha pagato 3000 euro.

C’è anche un ragazzo senegalese che viveva a Catania e che ha fatto anche lui la sanatoria e che non riesce a capire perché gli sia stata rigettata visto che non ha mai avuto neanche un foglio di via.

Un’altra situazione assurda è quella di Ben, tunisino, sposato con un’italiana e con un figlio appena nato, che dopo una lite con un poliziotto è stato portato in questura a Brescia, tenuto per 2 giorni in una cella e poi trasferito al Vulpitta.

Quasi tutti hanno già un avvocato che sta provvedendo a fare il ricorso, anche se questo non sospende il rimpatrio.

Poi c’è Aloui ( http://italy.indymedia.org/news/2003/07/341684.php) che continua lo sciopero della fame e da due giorni ha iniziato quello della sete.

Infine, abbiamo incontrato un ragazzo del Ghana, Emmanuel, che frequentava Santa Chiara, ma abbiamo potuto parlare solo un attimo attraverso le sbarre, perché il nostro tempo era scaduto.

Quando siamo usciti dal centro abbiamo visto che al primo piano, nell’ufficio identificazioni, c’era movimento: probabilmente hanno portato al centro le 22 persone sbarcate due giorni fa a Pantelleria.

(2)

Ben, il ragazzo tunisino sposato con un’italiana e con un figlio appena nato, è stato rimpatriato lunedì.

(3)

Dopo gli sbarchi a Lampedusa, Pozzallo, Pantelleria, Marettimo e Marsala il centro di Salinagrande ha riaperto i battenti. Abbiamo visto polizia, carabinieri e pompieri presidiare il centro.
E’ probabile che dentro ci siano richiedenti asilo provenienti da Lampedusa, mentre i maghrebini sbarcati sulle coste trapanesi sono stati portati al Vulpitta (ieri al 1° piano, nella “zona di transito”, sono state portate delle persone).

(4)

Trapani, 16/08/2003
Curt non ha più notizie di sua figlia, non riesce a rintracciare il suo amico di Bari e suo fratello verrà in Italia la prossima settimana. Lunedì farà la denuncia di scomparsa.

I ragazzi che avevano fatto la sanatoria sono stati rimpatriati, tranne Omar, il ragazzo senegalese di Catania.

Anche Emmanuel è stato rimpatriato.
Aloui, invece, è stato trasferito a Caltanissetta.

12 ragazzi sono stati picchiati da altri detenuti (abbiamo visto le ferite) ed i poliziotti stavano a guardare ci hanno detto.

(5)

Trapani, 23/08/2003

Il Vulpitta è sovraffollatissimo e dentro fa un caldo bestiale.
Tunisini, marocchini, algerini, libici, egiziani, rumeni, senegalesi.
C’è chi in Sicilia è arrivato tre giorni fa, chi un mese e chi ci vive da 12 o 16 anni ,a Marsala, Vittoria… C’è chi, come Farid, è arrivato due mesi fa, è stato preso appena sbarcato, portato al Vulpitta e rimpatriato in Tunisia dopo 52 giorni. Ma non si è arreso, è tornato, dopo appena tre giorni, ed ora, da dieci , è di nuovo al Vulpitta. Ieri Farid ha saputo che la moglie è morta in un incidente stradale, a Cannes, in Francia. Lascia un marito e un bambino che a settembre compirà cinque anni.
La moglie di Farid era anche lei sans-papier. Il bimbo non si sa che fine ha fatto e lui da là dentro non può fare nulla. E’ distrutto.
L’ ispettore di polizia che ieri era di turno al centro gli ha promesso che, se lunedì non sarà rimpatriato, chiederà, vista la situazione, di farlo mettere fuori col foglio di via per poter andare a cercare suo figlio. Anche noi romperemo i coglioni all’ufficio stranieri perché si trovi una soluzione.
Farid, nella disperazione, ci ha detto che se verrà rimpatriato andrà a raggiungere sua moglie.
Ma non può farlo, e lui lo sa, perché il suo bambino ora più che mai ha bisogno del papà.
A Farid ed al suo bambino auguriamo tutta la gioia e la fortuna che fino ad ora non hanno avuto.

Sergio Serraino

Alcune immagini del CPT Serraino Vulpitta a cura del Coordinamento per la pace di Trapani
tratte da http://www.italy.indymedia.org