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dal Piccolo di Trieste del 25 maggio 2005

Una «Guantanamo italiana» di Gianfranco Bettin

La rivolta di Milano
Ogni tanto le cronache, e l’opinione pubblica tutta, si ricordano che esistono in Italia dei luoghi strani chiamati cipitì, cioè Cpt: Centri di permanenza temporanea. Vagamente, la gente sa che lì dentro vengono trattenuti, o detenuti non si sa bene, degli immigrati. I quali, magari, avranno fatto qualcosa di sbagliato, commesso qualche crimine o che altro. Ieri, appunto, è stata una di quelle giornate in cui i Cpt tornano visibili.
C’è stata una rivolta in uno dei più grandi centri d’Italia, in via Corelli a Milano, finita con arresti e ferimenti. E ci sono state le buste esplosive, inviate a Modena, proprio a un responsabile di un Cpt, e a Torino, ai vigili urbani: buste messe in relazione dagli inquirenti con una presunta campagna di gruppi «anarco-insurrezionalisti» contro questi Cpt.
Sarà il caso di distinguere bene le due cose, la rivolta, cioè, e le buste. Chiunque abbia mandato queste ultime non ha con tutta evidenza niente a che fare con quanto accaduto in via Corelli. Le condizioni di detenzione nei Cpt sono tali che ci si dovrebbe piuttosto stupire del fatto che queste rivolte non siano più frequenti e più disperate. Istituiti durante l’ultimo governo di Centrosinistra (con la legge Turco-Napolitano), la natura del Cpt e le condizioni reali esistenti al loro interno sono ulteriormente peggiorate con la legge Bossi-Fini. Di recente, lo stesso Romano Prodi ha usato parole molto forti di critica verso questi centri, di cui viene auspicata da molte parti l’abolizione.
L’aspetto più aberrante è che la detenzione nei Cpt non è collegata ad alcun reato, ma alla sola presenza in Italia senza permesso di soggiorno. Se, infatti, non si è ancora giunti a istituire il reato di presenza clandestina sul territorio nazionale, si è però inventato il reato di «inottemperanza alla diffida a lasciare il territorio italiano».
Questa diffida, il più delle volte, viene usata, di fatto, per impedire allo straniero l’esercizio di ogni diritto, come l’accesso a prestazioni di assistenza, tanto è vero che, come ha denunciato «Medici senza frontiere», spesso al termine del periodo di detenzione nei Cpt (60 giorni) la grande maggioranza viene rimessa in libertà, senza diritti appunto, pronta a ricominciare, se non avrà fortuna, il ciclo infernale che la riporterà in un altro Cpt, se non peggio.
I Cpt, insomma, oltre che ingiusti sono anche inutili. È da questa situazione che nascono le rivolte, che nascono le proteste, anche radicali, contro i Cpt, chiedendone la chiusura e, con essa, la fine di uno scandalo che ha fatto parlare di «Guantanamo italiana».
Perché tale è la sospensione del diritto a carico di persone che non hanno commesso reati, se non quello di essere nella situazione narrata, prima che dall’omonimo film di Giordana molto apprezzato a Cannes, dal bellissimo libro da cui il flim è tratto, «Quando sei nato non puoi più nasconderti» di Maria Pace Ottieri.
Anche l’opinione pubblica, si potrebbe dire, quando viene a sapere una cosa come questa, non dovrebbe poter più nascondersi. Purtroppo, è facile che invece continui, fino al prossimo drammatico ed effimero ritorno d’attualità.