Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da Il Manifesto del 9 febbraio 2004

Una lotteria made in Italy per l’ingresso regolare di Cinzia Gubbini

Ormai far entrare in Italia un cittadino straniero – visto che teoricamente non ci può entrare da solo, se non per turismo, ma deve essere chiamato – è una lotteria. Come la «green card lottery» americana. A quindici giorni dall’avvio della corsa alle prenotazioni delle «quote d’ingresso» stabilite dal decreto flussi di quest’anno, le cose stanno così: file interminabili hanno accerchiato le direzioni provinciali del lavoro, con numerosi casi di persone che ha dovuto passare la notte all’addiaccio; ovunque le quote accessibili sono terminate in una settimana.
Per accessibili intendiamo quelle per lavoro stagionale (che si trova sempre) oppure le 6 mila unità non ingabbiate in stitici criteri di nazionalità. Per il resto infatti (20.500 posti) il ministero dell’interno ha pensato bene di fare dell’ingresso di persone in carne e ossa un manganello da usare nei confronti dei paesi che si rifiutano di stringere accordi bilaterali con l’Italia (utili per le espulsioni). Quindi 20.500 posti sono stati ripartiti per nazionalità (ad esempio Albania, Tunisia, Marocco, Sri Lanka). Sei ghanese? Arrangiati. Devi arrangiarti persino se sei australiano…

All’inizio di questa settimana la gente ancora si accalcava alla Direzione provinciale del lavoro di Roma. Fuori dagli sportelli un cartello faceva presente che le quote rimaste a disposizione riguardavano solo otto paesi in rapporti diplomatici con l’Italia. All’appello mancava la Nigeria, evidentemente già esaurita. Niente da fare per le decine di persone (italiane) venute ad informarsi per la regolarizzazione. Un consulente del lavoro, che voleva provare ad accaparrarsi due quote per due distinti clienti, se ne va sconsolato: «Per preparare i documenti ci ho messo almeno una settimana, ma d’altronde i miei clienti lo sapevano già. Sono venuto solo per scrupolo. La verità è che la gente non ci prova neanche più». Surreale la risposta standard riservata dall’addetta allo sportello informazioni a tutte le persone che si presentano dicendo: «Ma che dobbiamo fare per la prossima volta? Magari per saperlo in tempo?». «Noi stiamo messi come voi, che le devo dire: legga i giornali e si tenga pronta».

A cinque anni dalla «sperimentazione» delle quote di ingresso è sempre più evidente che si tratta di un sistema fallimentare. Complice l’utilizzo strumentale che viene fatto del decreto flussi dal ceto politico (di qualsiasi orientamento). Il centrodestra sta però sta dando il meglio. All’inizio del 2004 sono stati emanati dalla Presidenza del consiglio due decreti flussi cosiddetti «transitori», perché teoricamente si tratta di anticipazioni: durante l’anno dovrebbe esserne emesso un terzo. Per legge il decreto «transitorio» non può superare il numero di posti stabilito l’anno precedente. L’anno scorso i posti a disposizione furono 79.500 di cui ben 68.500 per lavoro stagionale. Quest’anno le cose sono state ripartite leggermente meglio: 50 mila gli stagionali e 29.500 ripartiti tra lavoro subordinato e autonomo. Del subordinato abbiamo già detto. Per i lavoratori autonomi (già esclusi dalla regolarizzazione) sono stati riservati 2.500 posti, di questi 1.250 sono a disposizione soltanto per chi risiede già in Italia e vuole cambiare il proprio permesso di soggiorno per studio o per formazione professionale in uno per lavoro autonomo. Dei mille e rotti che rimangono, la lotteria è riservata a: ricercatori, liberi professionisti, soci e amministrazioni di società ma, attenzione, non cooperative, artisti di chiara fama internazionale (?) ingaggiati da enti pubblici e privati, e per finire imprenditori che svolgono attività di interesse per l’economia nazionale. Che vuol dire? Un idraulico svolge un’attività di interesse nazionale? E una parrucchiera? Giuseppe Bea, della Confederazione nazionale artigiani: «Per i piccoli artigiani le porte dell’Italia sono sbarrate».

A tutto questo vanno aggiunti 400 posti riservati agli italiani all’estero, e soprattutto 2.500 quote «congelate» e dedicate ad altri paesi che concluderanno nel corso dell’anno accordi bilaterali con l’Italia (per un commento più approfondito del decreto, consultare il sito www.meltingpot.org).

E’ evidente che il decreto flussi è utilizzato come una carta politica da giocare a vari livelli, altro che gestione «razionale» dell’immigrazione. Basti pensare che è persino difficile sapere quali siano le amministrazioni che si devono occupare di stilare il decreto. Il ministero del Welfare, primo protagonista, sostiene che, da parte loro, si limita a presentare il bilancio del fabbisogno nazionale, puntualmente disatteso. Per quest’anno era di 135.500 persone, 73 mila stagionali e 62.500 per lavoro subordinato. Chiaramente l’autonomo non può essere monitorato. Dopodiché non sanno chi altro ci metta bocca, a parte il ministero dell’interno. Alla presidenza del consiglio, però, sostengono che è il ministero del Welfare che chiede i pareri, e loro non ne sanno nulla.

Ma la poca trasparenza non alberga soltanto nell’amministrazione centrale. A Padova, per esempio – dove lo Sportello degli invisibili si è trovato di mezzo a una brutta storia – le porte della Direzione sono state aperte lunedì scorso, ma sul suo tavolo c’erano già 140 domande protocollate. Qualcuno già sapeva dell’arrivo del decreto flussi? La Direzione sostiene di aver fatto riferimento a una circolare del ministero, uscita pochi giorni prima del decreto, in cui si dà il nullaosta per ricevere le domande dal giorno di pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale. Ma se il decreto è stato pubblicato la sera del venerdì, e il sabato la Direzione è chiusa – si chiedono gli Invisibili – com’è che il lunedì mattina la quarta persone entrata si è trovata al 144esimo posto?