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Università – Commento sulle modifiche all’art. 39 del Testo Unico sull’immigrazione

A cura di Massimiliano Vrenna del CICS (Centro informazioni e consulenza per stranieri) Comune di Pisa-Usl5 Pisa

Art. 39 – Accesso ai corsi all’università

Nei diversi commenti alla Bossi-Fini, apparsi sulla stampa e sui siti internet specializzati, si sorvola, salvo una breve descrizione della nuova norma, sulla modifica dell’art. 39 comma 5. del Testo Unico dell’immigrazione. Anche alcuni recenti seminari che si sono tenuti sull’argomento “università ed immigrazione” non hanno colto la portata potenzialmente molto restrittiva della norma. Propongo allora alcune brevi riflessioni sperando di ricevere commenti o critiche o qualunque tipo di risposta. La posta in gioco è davvero alta: la progressiva eliminazione del nostro Paese come meta universitaria, la barriera vessatoria posta all’accrescimento culturale degli immigrati presenti in Italia ed in definitiva al loro diritto all’istruzione ecc.
Tutto ciò mentre altri paesi dell’Unione Europea spingono per l’ingresso di immigrati istruiti o da formare nelle proprie università.
Vediamo l’art. 39 Testo Unico prima e dopo la modifica.

Art. 39 comma 5vecchia formulazione
E’ comunque consentito l’accesso ai corsi universitari, a parità di condizioni con gli studenti italiani, agli stranieri titolari di carta di soggiorno, ovvero di permesso di soggiorno per lavoro subordinato o per lavoro autonomo, per motivi familiari, per asilo politico, per asilo umanitario, o per motivi religiosi, ovvero agli stranieri regolarmente soggiornanti in possesso di titolo di studio superiore conseguito in Italia o, se conseguito all’estero, equipollente.

Art. 39 comma 5 nuova formulazione in grassetto
È comunque consentito l’accesso ai corsi universitari, a parità di condizioni con gli studenti italiani, agli stranieri titolari di carta di soggiorno, ovvero di permesso di soggiorno per lavoro subordinato o per lavoro autonomo, per motivi familiari, per asilo politico, per asilo umanitario, o per motivi religiosi, ovvero agli stranieri regolarmente soggiornanti da almeno un anno in possesso di titolo di studio superiore conseguito in Italia, nonché agli stranieri, ovunque residenti, che sono titolari dei diplomi finali delle scuole italiane all’estero o delle scuole straniere o internazionali, funzionanti in Italia o all’estero, oggetto di intese bilaterali o di normative speciali per il riconoscimento dei titoli di studio e soddisfino le condizioni generali richieste per l’ingresso per studio.

La formulazione della norma è senza dubbio confusa ed è suscettibile di diverse interpretazioni. Si potrebbe sostenere che il legislatore si sia limitato a restringere i requisiti di una sola categoria di possessori di permesso di soggiorno. (In altri termini, se nella vecchia formulazione potevano accedere, come ultima categoria individuata, tutti gli stranieri regolarmente soggiornanti in possesso di titolo di studio superiore conseguito in Italia, secondo la nuova formulazione possono accedere all’università gli stranieri regolarmente soggiornanti da almeno un anno in possesso di titolo di studio superiore conseguito in Italia. Si potrebbe dunque sostenere che la modifica (in senso restrittivo) riguarda solo l’ultima categoria di persone individuate dalla norma. Tuttavia resta da spiegare perché sia stato eliminato il riferimento dei titoli di studio esteri ed equipollenti. Il nuovo articolo 39 delinea due categorie di persone che possono accedere all’università:

1. Titolari di carta di soggiorno, permesso di soggiorno per lavoro subordinato ecc nonché stranieri regolarmente soggiornati da almeno un anno in possesso di titolo di studio superiore conseguito in Italia.

2. Stranieri che hanno conseguito il titolo di studio di scuola superiore nel variegato arcipelago di scuole speciali, scuole italiane all’estero ecc. (Si tratta naturalmente di una esigua minoranza).

Concentriamoci sul primo gruppo

La formulazione della norma impedisce di sostenere con certezza che il titolo di studio conseguito in Italia deve riferirsi solo all’ultima categoria individuata (gli stranieri regolarmente soggiornanti da almeno un anno) o a tutte le categorie individuate. Sebbene quest’ultima ipotesi sia davvero incredibilmente restrittiva dell’accesso all’università tuttavia vi sono argomenti per sostenerla:

1. se si fosse voluto richiedere il possesso del titolo di studio conseguito in Italia solo agli stranieri regolarmente soggiornanti da almeno un anno, perché si è eliminato integralmente il riferimento ai titoli di studio esteri ed equipollenti?

2. Tale riferimento era esplicito nella precedente formulazione: “o, se conseguito all’estero, equipollente”. Non solo. Anche nella precedente formulazione il requisito era posto in coda all’elenco dei permessi di soggiorno senza alcun segno di interpunzione e nessuno ha dubitato che il suddetto requisito del titolo di studio si riferisse a tutte le categorie di persone. (a tutte le categorie di permesso di soggiorno)

Le disposizioni relative alle immatricolazioni per l’anno accademico 2003/2004 non chiariscono i dubbi. In esse si legge infatti che: “I candidati comunitari ovunque residenti e quelli non comunitari in possesso dei requisiti di cui all’art. 39, comma 5, del decreto legislativo 25.07.98, n. 286, come modificato dall’art. 26 della legge 30 luglio 2002, n. 189 “Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo”. Possono accedere alla formazione universitaria in Italia senza limitazioni di contingente purché abbiano conseguito un titolo di studio valido (allegati n.1 e n.2) e superino le eventuali prove di ammissione stabilite per il corso universitario prescelto.
Gli allegati si riferiscono appunto ai titoli di studio esteri che consentono l’accesso all’università.
Si potrebbe sostenere allora che non avrebbe senso prevedere esplicitamente, negli allegati, i titoli di studio esteri validi per l’accesso all’università italiana se il nuovo articolo 39 T.U. davvero vietasse l’iscrizione.
In realtà gli allegati prevedono solo la regola generale da applicare per percorsi di studio superiori o inferiori ai 12 anni più altre regole relative a diplomi di scuola superiore britannici, greci e statunitensi.

Infine un breve cenno ai lavori parlamentari
Va premesso che dai lavori parlamentari emerge in continuazione (con riferimento a tutto il testo del disegno di legge della Bossi-Fini) una grande confusione terminologica.
Tuttavia nella discussione relativa all’esame dell’art. 23 AC 2454 si dice espressamente in sede di proposta emendativa non riconoscendo il sistema dell’equipollenza che governa la libera circolazione dei saperi e delle culture in tutto il mondo…” oppure Si elimina tutto il sistema dell’equipollenza, già normato dal nostro paese, mentre possono iscriversi solo coloro che hanno frequentato scuole italiane all’estero…”. Inoltre tra gli emendamenti presentati all’art. 23 del disegno di legge (Accesso ai corsi delle università)e respinti vi era anche il seguente:
23.5 “Al comma 1, capoverso, dopo le parole: titolo di studio superiore conseguito in Italia aggiungere le seguenti: o, se conseguito all’estero, equipollente”.

Dunque sembrerebbe che il legislatore abbia avuto ben presente la portata restrittiva della norma. Resta tuttavia il dubbio se le proposte emendative si riferissero ad un solo tipo di permesso di soggiorno o a tutti.
Dunque queste brevi riflessioni vogliono soltanto porre delle domande alla vasta community degli operatori del diritto dell’immigrazione ed in particolare agli uffici per l’estero delle università.