Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza
/

Uomini-fantasma smascherati: respingimenti al confine croato-bosniaco

La video-inchiesta che fa luce sulle brutali violenze della rotta balcanica

Photo credit: Lighthouse Reports

Nella serata del 6 ottobre è stata pubblicata una video-inchiesta, frutto di un’indagine congiunta di giornalismo investigativo ad opera dell’emittente televisiva croata RTL Croazia, dell’associazione olandese Lighthouse Reports, dell’emittente radiotelevisiva svizzera Swiss SRF Rundschaud, dell’agenzia di stampa ARD Studio Vienna, e ancora di ARD Monitor, French Liberation, Dutch Pointer Novosti e Der Spiegel 1, cui hanno contribuito anche giornalisti freelance come Jack Sapoch, Andrea Popovici e Lamija Sabic.

Questo collettivo ha reso pubblico un video 2) ed altro materiale raccolto durante l’operazione investigativa, durata 8 mesi e articolatasi in varie località del confine croato-bosniaco. Oltre al violento respingimento documentato nel video, lo staff della rete giornalistica hanno registrato negli ultimi mesi 11 respingimenti di gruppo in cinque diverse località, per un totale di 148 i migranti respinti tra maggio e settembre 2021 e 38 poliziotti coinvolti. Il materiale mostra per la prima volta in maniera inequivocabile quello che per anni è stato denunciato da organizzazioni non governative e singoli che si sono occupati della rotta balcanica.

Quando siamo entrati nella zona del cosiddetto “confine verde”, vicino al fiume Korana, non lontano da Šturlić, in Bosnia-Erzegovina, abbiamo dovuto strisciare tra i cespugli e poi abbiamo sentito un’auto che passava dall’altra parte, sul pietrisco al lato croato del confine. Il veicolo si è fermato, ha aperto un furgone, immagino, perché non potevamo vederlo, ma sentivamo i pestaggi e le urla delle persone, era ovvio che stava succedendo un pestaggio. A circa 20 metri da noi, attraverso i cespugli abbiamo visto quattro uomini mascherati spingere le persone in un fiume profondo fino al petto. Spinti a forza nel Korana e giù in Bosnia“, ha dichiarato Klaas van Dijken, direttore di Lighthouse Reports 3.

I video sono agghiaccianti: degli uomini senza particolari distintivi colpiscono i migranti con manganelli, bastoni e altre armi. L’inquietante caratteristica è che gli uomini ripresi sono coperti fin sopra la testa con maschere di tessuto nero che lascia visibili soltanto gli occhi. Irriconoscibili. Eppure, numerose indagini e i frutti del lungo lavoro condotto in 8 mesi hanno dato motivo di credere che si tratti di poliziotti opportunamente mascherati. Come riportano le giornaliste Danka Derifaj e Karla Vidović in un articolo 4 su RTL Hrvatska, ci sono molti indizi riconducibili a elementi della polizia croata. Gli analisti coinvolti nella rete di ricerca hanno rilevato che l’arma che uno degli uomini mascherati ha vicino alla cintura è di produzione della HS Produkt, un’azienda di armi e pistole sportive che, stando a quanto dichiarato nell’articolo, fornisce usualmente armi alla polizia croata.

Un altro elemento analizzato nel video è un bastone tonfa (letteralmente tonfa-palica nell’articolo in croato), usato da tre degli uomini che sono stati filmati, e con il quale migranti e richiedenti asilo sono stati picchiati. ​​Sempre van Dijken ha dichiarato che questo tipo di bastone tradisce in pieno le unità operative della polizia croata, poiché viene utilizzato soltanto da queste. Nonostante sembra non vi siano distintivi specifici di unità poliziesche, sono riconoscibili uniformi e armi ufficiali.

Certo, è legittimo domandarsi se ci siano delle probabilità che dei civili si siano procurati questo materiale, usualmente impiegato dalle unità operative di polizia; ma Željko Cvrtila, ex consigliere per la sicurezza presso il ministero dell’Interno, ha risposto che questo non è probabile per due ragioni: “La prima è che non vedo un motivo per cui qualcuno possa entrare in quell’area ed espellere delle persone e occuparsi dei migranti in generale; la seconda è che la zona è sotto stretta sorveglianza della polizia, con unità tattiche e fisiche, e credo sia difficile immaginare la presenza di qualsiasi altro gruppo accanto alla polizia.”

Quel che turba è che, quando i giornalisti coinvolti nella ricerca si sono rivolti a membri della polizia croata in merito alle attività su questi confini, hanno trovato “un muro di silenzio”. Quanto alle responsabilità di queste azioni – ci si chiede se esista e chi sia il mandante di queste prassi – la questione è tuttora fumosa; una fonte anonima del ministero dell’Interno croato ha dichiarato: “Non esiste un ordine ufficialmente pubblicato dal Ministero dell’Interno, ma internamente c’è l’ordine che i migranti trovati in Croazia debbano essere rimpatriati attraverso il “confine verde”, quindi la polizia non è colpevole di questo. Fanno tutto quello che fa la polizia in questi casi per ordine dei loro superiori. Tutto viene dal Ministero degli Interni.”

Bisognerà dunque passare in rassegna i documenti relativi a queste tematiche per vagliare fino a che punto le azioni di queste forze di polizia siano legittimate da qualche organo superiore. Di fronte a questi video, l’ex ministro della polizia Ranko Ostojić ritiene necessario aprire delle indagini, soprattutto se queste prassi non vengono autorizzate dall’alto ma sono il frutto di scelte autonome di singoli membri della polizia. In ogni caso, dal momento che le forme di respingimento mostrate nei video coincidono perfettamente con report di ONG e associazioni riguardo le violenze subite lungo la rotta balcanica 5 le testimonianze documentate non si riferirebbero a casi isolati, ma a prassi sistematiche 6.

In merito alla veridicità di queste dichiarazioni si era pronunciato già il capo della polizia di frontiera croata Zoran Niceno, affermando che le violenze e il sangue sui corpi dei migranti farebbero parte di una messinscena costruita dai migranti stessi in Bosnia, dove le percosse sono autoinflitte e vi sono luoghi opportuni in cui comprare succo di ciliegia per simulare il sangue.

Lo staff di Medici senza Frontiere che opera in Bosnia ha dato una versione molto diversa al team di giornalisti: le ferite visibili sui corpi dei migranti e i lividi, prevalentemente sulla parte superiore del busto, sembrano provocati da colpi alla schiena mentre le vittime sono in ginocchio. Nella stessa occasione, il medico Daniel Song aveva dichiarato di aver curato ferite analoghe anche a bambini molto piccoli, e che dunque categorie da tutelare come i minori presentano le stesse ferite degli adulti.

I risultati di queste indagini mediche coincidono anche con i rapporti che arrivano all’Ufficio dell’Ombudsman for Children, secondo i quali anche i gruppi più vulnerabili, le famiglie con bambini e le donne incinte, subiscono trattamenti violenti.

Con l’inchiesta di questi mesi risulta confermato un altro tassello ricorrente nelle storie dei rifugiati: la confisca degli effetti personali da parte della polizia croata prima del respingimento in Bosnia. La rete di ricerca è stata in grado di confermare che questo è accaduto nei pressi di una discarica locale vicino a Donji Lapac, un paesino croato sul confine nord-occidentale della Bosnia; dal confronto con la popolazione locale, la rete dei giornalisti ha evinto che in questa discarica, chiamata colloquialmente “Bare”, dall’estate del 2020 avviene l’incenerimento di effetti personali dei migranti intercettati dalla polizia e poi respinti; in essa sono stati trovati residui di batterie, telefoni cellulari, e un documento appartenente a una persona del Pakistan.

Penso che la Commissione europea sappia cosa sta succedendo, ci sono molte testimonianze e segnalazioni di azioni violente da parte della polizia croata, ma anche in altre parti d’Europa. Ma finora non c’erano prove visive che potessero confermare. Tuttavia, la cosa potrebbe ancora essere negata dal momento che non ci sono tracce di distintivi ufficiali e i loro volti sono coperti da una maschera, molto probabilmente parte di un’operazione coordinata di polizia“, ha dichiarato van Dijken.

L’articolo di RTL Hrvatska conclude affermando che la diffusione di questo materiale solleverà un grande dibattito sulla violazione dei diritti fondamentali lungo questo pezzo di rotta, e si domanda, alla luce della progettualità dell’Unione sui respingimenti e alla politica della non-accoglienza, su chi ricadranno le conseguenze di tali violazioni.

Certo, questa volta non si tratta più soltanto di narrazioni postume, confutabili dall’implacabile macchina del cinismo; ci sono dei corpi e ci sono delle persone vere, che picchiano e usano violenza. Per una non casuale ironia, in croato le maschere di questi uomini sono state chiamate fantom: fantasma; perché sono irriconoscibili, senza volto. E probabilmente resteranno tali. A poche ore dalla pubblicazione del materiale giornalistico, questa inchiesta sembra dimostrare una cosa su tutte: che sulla rotta balcanica non ci sono identità, né da una parte né dall’altra. Gli uni ne vengono privati per essere respinti, gli altri se ne privano per respingere.

  1. Europe’s Violent Shadow Army Unmasked“, Spiegel (7 ottobre 2021)
  2. Unmasking Europe’s Shadow Armies“, Lighthouse Reports (7 ottobre 2021
  3. https://twitter.com/LHreports/status/1445811911816323073
  4. https://bit.ly/3ajsK1k
  5. Launch Event: The Black Book of Pushbacks“, Border Violence Monitoring Network (dicembre 2020)
  6. Raccolta report mensili: https://www.meltingpot.org/+-Border-Violence-Monitoring-Network-BVMN-+.html

Rossella Marvulli

Ho conseguito un master in comunicazione della scienza. Sono stata a lungo attivista e operatrice nelle realtà migratorie triestine. Su Melting Pot scrivo soprattutto di tecnologie biometriche di controllo delle migrazioni sui confini europei.