Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da Il Manifesto del 29 marzo 2006

Usa – Due destre sui clandestini

MARCO D’ERAMO

Lunedì a Washington la Commissione Giustizia del Senato ha approvato con 12 voti contro 6 un disegno di legge che facilita la legalizzazione di 11 milioni di immigrati clandestini. Ma questo voto è solo uno dei primi passi di un aspro scontro politico che dominerà la scena in quest’anno di elezioni (a novembre si rinnova tutta la Camera e un terzo del Senato). Non a caso in commissione hanno votato a favore solo 4 repubblicani su 10 (gli altri 6 hanno votato contro). Questo testo si scontra infatti con quello approvato a dicembre alla Camera dai deputati dell’estrema destra repubblicana che invece era persecutorio nei confronti dei clandestini, al punto da punire come crimine anche prestar loro cure mediche. È così risultato chiaro il conflitto interno alle due anime del partito repubblicano. Da un lato vi è il grande e piccolo padronato (di cui il presidente Gorge W. Bush si fa portavoce) che auspica sempre più immigrati, clandestini o no, per tenere basso il costo del lavoro. Fu la presidenza Reagan ad aprire le dighe per la grande onda migratoria che da 25 anni si riversa negli Usa: da allora sono entrati più di 30 milioni di stranieri, e neanche la retorica xenofoba del dopo 11 settembre 2001 è riuscita a frenare il flusso di clandestini. Interi rami dell’economia Usa, dall’agricoltura californiana a tutto il terziario arretrato, si reggono solo sul lavoro di questi immigrati, come ha dimostrato lo scandalo del colosso della grande distribuzione Wal Mart che usava clandestini per le pulizie dei suoi grandi magazzini. Dall’altro lato vi sono le falangi della destra fondamentalista cristiana la cui retorica ricalca quella dei nostri leghisti, soprattutto negli stati, politicamente decisivi, sulla frontiera meridionale (Texas, Arizona, New Mexico, California). La xenofobia anti-immigrati fa parte da sempre dell’arsenale ideologico della destra, ma negli Usa era finora restata in sordina, un po’ per l’egemonia che il gran padronato esercita sull’opinione pubblica, e un po’ per la retorica degli Usa come «nazione di immigrati». Ma da almeno 12 anni, cioè dalla cosiddetta «rivoluzione repubblicana» di Newt Gingrich, tutta la politica si è incattivita, è diventata più feroce, e tanto più sotto la presidenza Bush, grazie anche alla «guerra al terrore» che ha coperto ogni nefandezza in politica estera e interna. Il nuovo clima ha portato alla luce del sole la xenofobia e ha dato libero corso a uno scontro fino ad allora imbrigliato. Significativa è la posizione della Chiesa: i fondamentalisti cattolici e protestanti sono d’accordo su temi come aborto e «lotta per la vita» (Terry Schiavo); da qui il voto cattolico per Bush nel 2000 e nel 2004; ma questa sintonia non viene a capo dell’odio secolare, rinfocolato dalla campagna a matrice protestante sulla pedofilia dei preti, come se fosse puro appannaggio papista, mentre invece coinvolge tutte le denominazioni, e riattizzato dal tema dell’immigrazione: in questi giorni è la chiesa cattolica ad aver contribuito a organizzare le colossali manifestazioni di solidarietà ai clandestini (500.000 a Los Angeles, 300.000 a Chicago, decine di migliaia in città minori come Denver). È in grande quel che in piccolo avviene in Italia, dove il papato e la destra flirtano contro aborto e Pacs, ma si dividono sull’immigrazione. L’unica differenza tra Italia e Stati uniti è che qui non abbiamo mai visto una manifestazione di massa a favore dei clandestini e nessun senatore del centrodestra ha mai votato per legalizzare (fatte le debite proporzioni) un milione di immigrati indocumentados.