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Usa. I repubblicani prendono tempo sulla riforma dell’immigrazione

Nel dibattito sulla riforma dell’immigrazione che da mesi infiamma la politica di Washington c’è spazio per una nuova sorpresa. Seppure sia la Camera dei Rappresentanti che il Senato abbiano votato e approvato due testi di legge distinti sull’argomento, il presidente della Camera Dennis Hastert ha annunciato che nel corso dell’estate si terranno consultazioni in tutto il Paese per chiarire cosa pensi della riforma l’opinione pubblica americana.
Le insolite udienze estive sono tutto fuorché un tentativo di spianare la strada alla riforma. In realtà si tratterebbe di uno stratagemma escogitato dai falchi del Congresso per insabbiare la delicata ipotesi di riforma, che è al contempo uno dei cavalli di battaglia del presidente George W. Bush e un vero e proprio tabù per la destra conservatrice, alla vigilia del voto politico del novembre prossimo.
L’idea delle consultazioni della Camera coincidono con il tentativo dei leader moderati del Senato di arrivare a un compromesso sulla riforma.
Bush (appoggiato in verità dai democratici più che dai repubblicani) preme per una riforma che preveda il rafforzamento dei controlli al confine con il Messico e, contestualmente, il varo di un piano di regolarizzazione dei clandestini. Negli Stati Uniti si stima che siano tra gli 11 e i 12 milioni. Su questo tema la Casa Bianca e i moderati del Senato devono fare i conti con la rabbia della base conservatrice che della “sanatoria” di Bush non vuole neppure sentir parlare.

Il Senato ha approvato una legge che recepisce le raccomandazioni di Bush ma la battaglia, in un clima da campagna elettorale, è solo al principio. La Camera dei Rappresentanti alla fine dell’anno scorso ha approvato un testo durissimo che farebbe della presenza illegale negli Stati Uniti un reato e qualora entrasse in vigore farebbe scattare una deportazione di massa. Di sanatoria per i clandestini, naturalmente, non c’è traccia.

Di fatto i repubblicani vogliono prendere tempo, discutendo la riforma solo dopo le elezioni, per non irritare troppo l’elettorato conservatore.
La Camera chiede che si cominci con la chiusura del confine con il Messico e poi, in un secondo tempo, ci sarà spazio per parlare di modifiche alle norme sull’immigrazione. Bush e il Senato vogliono che la sanatoria (ufficialmente un programma di lavoro temporaneo per regolarizzare i clandestini) sia discussa insieme al rafforzamento dei controlli di confine.

Sul tema dell’immigrazione la grande industria trova una insolita convergenza con il partito democratico. Il multiculturalismo e l’impegno sociale non c’entrano. Le valutazioni di Bush sono di ordine economico e molti osservatori politici di Washington suggeriscono come la carenza dei controlli al confine con il Messico non sia affatto una coincidenza. Potenti lobby industriali vedono nella presenza nel Paese di manodopera a basso costo una risorsa irrinunciabile e appoggiano la volontà del presidente di regolarizzare con un programma di lavoro temporaneo gli undici milioni di immigrati illegali presenti nel Paese.