Vanno alla manifestazione per chiedere il rispetto dei loro diritti e, quando tornano, vengono licenziate: è accaduto a 15 immigrate di Detroit, che lavoravano, alcune da anni, in un’azienda d’imballaggio. La vicenda di 15 dipendenti della Wolverine Packing, avvenuta il mese scorso, acquista oggi rilievo sulla stampa, forse perché le proteste degli immigrati in tutta l’Unione hanno ieri conosciuto un nuovo apice. Lunedì, centinaia di migliaia di dimostranti hanno invaso le strade di Washington e di numerose altre città – da New York alla California – per chiedere uno statuto legale per gli immigranti clandestini.
Circa 200 mila persone sono passate vicino alla Casa Bianca, sventolando bandiere americane e portando cartelli con scritto “Questa è una nazione di emigranti” prima di radunarsi sul Mall, la spianata dei monumenti della capitale federale. Tra gli oratori c’era anche il cardinale di Washington Theodore McCarrick, che ha detto alla folla, parlando in spagnolo: “Dobbiamo ancora combattere contro la discriminazione razziale in questo Paese”.
Manifestazione analoghe sono state tenute a New York, a San Diego, Los Angeles, e a Phoenix, in Arizona. Proteste sono state organizzate da Atlanta a Houston, dalla Nord Carolina al New Jersey, dove gli oratori hanno parlato con la Statua della Libertà sullo sfondo: “Noi siamo l’America”, “Bisogna legalizzare, non criminalizzare” affermavano alcuni degli slogan.
I clandestini protestano contro una bozza di legge approvata dalla Camera che criminalizza gli immigrati che sono negli Usa a lavorare senza permesso, mentre un progetto sullo stesso tema in discussione al Senato prevede misure più favorevoli ai quasi 12 milioni di clandestini stimati negli Stati Uniti.
Il giro di vite ha i suoi sostenitori nell’opinione pubblica americana. Peter Lanteri, uno dei responsabili dei Minutemen, i vigilantes volontari che, richiamandosi a una figura mitica della Guerra d’Indipendenza, mandano pattuglie a sorvegliare le frontiere e intercettare i clandestini, trova “ridicolo” che gli immigrati illegali reclamino il rispetto di diritti “che non hanno”: “Bisognerebbe bloccarli alle frontiere”, dice. Ed è proprio quello che la sua organizzazione si ripromette di fare, talora sostituendosi alla polizia.
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