Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Ventimiglia – Rosarno – SoloAndata

Prove di Ri/Esistenza all'esternalizzazione delle frontiere e alle espansioni territoriali frontaliere

Photo credit: Andrea Panico

Ci sono delle estati che per forza di cose rimangono dentro, destinate a sancire passaggi storici all’interno dei quali vengono a consumarsi fatti e misfatti più o meno importanti ma sicuramente determinanti.

Sono estati molto calde e non solo per le temperature. Temperature che rendono poi, tra l’altro, gli stessi passaggi ancor più “caldi”, senza ARIA. Sono estati che sembrano non poter lasciare spazio alle vacanze ma solo ad azioni e riflessioni, a sconfinamenti di corpi e di pensieri.

Ecco l’estate 2017 potrà sicuramente essere ricordata come una estate di passaggio.

Con umiltà ma determinazione, ecco allora questo piccolo racconto che cerca di raccogliere narrazioni spazio, temporali e geografiche che vedono coinvolto politicamente il “bel paese”.

Un bel paese alla servitù della Fortezza Europa e che trova nelle “persone” di Minniti e Orlando cavalieri allineati e obbedienti. Cavalieri che riescono a trovare consensi senza senso un po’ in tutta la penisola tra sindaci “di capitale” e di grandi città, gruppi xenofobi, cittadini di ogni estrazione.
Il tutto supportato da megafoni di una certa stampa compiacente.

Ecco le premesse per l’estate 2017. Un’estate che per la nostra penisola sarà raccontata nei libri di storia dai quali non potremmo dire – se narreranno la storia e non una storia rideclinata e ritarata al presentabile, al raccontabile, al notiziabile – che non c’eravamo, non sapevamo, non potevamo fare nulla:
SIAMO TUTTI COINVOLTI.

Le narrazioni in questo scritto non hanno la presunzione di essere un reportage tecnico e nemmeno di essere una denuncia. Si pongono soltanto come raccolta di storie e vissuti che nascono dalle interazioni con e tra persone.

Ventimiglia. Ai confini dell’inumano!

arton22007.jpg

Nel corso della primavera e con ormai l’estate alle porte, parte a Ventimiglia un progetto di presenza territoriale e solidale volto a sostenere le persone provenienti da diversi paesi del mondo che per diverse ragioni (guerre, calamità, povertà, persecuzioni) fuggono dalle proprie terre. Eufemia, l’info point di Ventimiglia, nasce con l’esigenza di creare uno spazio fisico all’interno del quale poter supportare con diverse azioni e diverse competenze, le persone che “stazionano” nella città di confine nell’attesa di poter attraversare la fatidica frontiera e transitare in Francia, in Europa.

Al progetto aderiscono da subito in molti cittadini ma anche reti ed organizzazioni come Meltingpot, e legali dell’ASGI (questi ultimi in particolare per facilitare l’attivazione dello sportello Legal Aid for All).

Il progetto riesce inoltre a tessere relazioni importanti con il territorio (gruppo scout, la parrocchia e ancora la Caritas) e con organizzazioni ormai storicamente presenti (Medici Senza Frontiere e InterSOS). Le persone nel limbo di Ventimiglia provengono per lo più da Eritrea, Somalia e Sudan, ma sono rappresentati tanti altri paesi non solo dell’Africa, anche del medio e vicino Oriente.

Staziona, quindi, in quel di Ventimiglia gran parte del mondo. Quelle parti di mondo che sono sconvolte da guerre o conflitti interni per motivi economici, religiosi e chissà cos’altro, i cui cittadini non sono responsabili ma meri spettatori, e ai quali cui non rimane che fuggire per garantirsi la vita a sé e ai propri cari e familiari.

In questa cornice vi è un fazzoletto di territorio, una strada in particolare, che costeggia una sopraelevata, attraversata dalla linea del treno e vicino alla quale scorre un fiume, dove è possibile fare la conoscenza di tante persone, fermarsi a parlare e cercare di comprendere quel che sta accadendo. Molti sono minori che vorrebbero provare a raggiungere i propri familiari disseminati in tutto il nord Europa.

Tutti sono lì per un motivo: andare oltre la frontiera con ogni mezzo possibile. Pronti a tutto!
Ma per comprendere al meglio il fenomeno è importante osservare i tentativi di passaggio della frontiera.
Si assiste inermi a veri e propri “blocchi umani” sul treno che da Ventimiglia va verso la Francia.
E dopo il blocco? Dopo il blocco c’è il trasferimento, anzi la deportazione in quel di Taranto per prendere parte a quel dannato, offensivo, disumano “gioco dell’oca” di cui altri hanno già detto e scritto con competenza e capacità narrativa di reportistica politico-legale (ASGI, WelcomeTaranto, DinamoPress, Stamp, Meltingpot). Altri tentano la via montana per passare.

Photo Credit: Stefano Rubini
Photo Credit: Stefano Rubini



Su Ventimiglia il quadro è a dir poco disarmante. Circa 700 persone presenti in un centro governativo, molti minori (su questo forti e legittime proteste della società civile) e famiglie, gestito da Croce Rossa (centro di “ellenica memoria” e per tale trattazione si rimanda ai report di ASGI volutamente denominati “Esperimento Grecia” in cui già si evidenziava – proprio in Grecia e correva l’anno 2015 – la direzione che l’Europa aveva fortemente intrapreso).

Un centro dove i servizi sono per lo più alla soglia della decenza e dove non è garantita alle persone una qualsiasi informazione della procedura per la richiesta legittima di protezione internazionale o che possa indirizzare verso forme di più umano supporto.

Parallelamente al centro governativo, era attiva un’accoglienza per nuclei familiari e minori con meno di 14 anni presso la parrocchia delle Gianchette presente sulla “strada dei transitanti” che dopo un periodo si è vista – suo malgrado – sollevata da questa responsabilità etica ed umana (i nuclei e i minori ospitati sono stati poi trasferiti nell’ormai noto centro governativo della CRI).

E poi c’è la Ri/Esistente ed informale vita di gruppi di persone (circa 200 ma non è facile fare una stima attendibile) che attendono il momento per passare e che, fuori dal circuito dell’accoglienza, vivono nei pressi del fiume in situazioni dormitorio estemporanee e precarie, quasi fossero guardiani di un passaggio a tutela, a garanzia di un diritto che piano piano sembra andare morendo inesorabilmente.

Sud tra Calabria, Puglia e Basilicata, passando per Roma

Photo credit: Vanna D'Ambrosio
Photo credit: Vanna D’Ambrosio


Il viaggio da Ventimiglia poi porta verso il SUD con tappa su Roma. Una Roma ormai lasciata a se stessa senza più storia e valori. La Roma degli sgomberi, la Roma di Piazza Indipendenza dove – InDipendenteMente da chi si sgombera (famiglie, cittadini, rifugiati, bambini…) – si passa sopratutto con getti d’acqua a ripulire “la monnezza umana” tra spruzzi di violenti idranti e manganelli fluttuanti. Anche qui però si prova a reagire e a resistere.

Ma troppe sono le brutture, troppe le grandi bruttezze, troppa la voglia di pensare che sia stato solo un terribile sogno e invece è il reale. Una delle pagine più brutte di quelle che sono le nuove disposizioni e posizioni di governo. Un esecutivo che viene seguito con servilismo dai referenti istituzionali del piano di sotto… un’altra Roma non solo è possibile ma necessAria!

Prove di Ri/Esistenza e partecipazione legate a buona accoglienza per agire un’altra Roma ce ne sono: WELL©HOME della coop. IdeaPrisma82, oppure AIDA dell’Arci ne sono una testimonianza “terrena, reale e solidale”.

Ma anche scendendo più a sud è possibile incontrare forme di Ri/Esistenza che promuovono accoglienza ed inclusione sociale grazie a modelli di sperimentazione: è il caso della cooperativa Alternata Silos che insieme ad altri soggetti – all’interno di una villa confiscata alla criminalità organizzata nel territorio di Formia – sta incentivando un percorso denominato la CaoSAGIUSTA. Una sperimentazione che un po’ alla volta si sta consolidando, andandosi a collocare come un’“interazione tra bisogni sociali e nuovi modelli di cooperazione con il territorio”.

Si va oltre, verso sud, un sud dai mille volti e dalle innumerevoli immagini. Un sud dove tra Basilicata, Calabria e Puglia emergono azioni di presidio e di tutela della dignità delle persone, della tutela del diritto alla salute, della tutela di un diritto ad una accoglienza – che possa essere tale – delle persone che si trovano costrette a fuggire per non incorrere nel malaugurato destino di vedersi privati della vita.

In quel sud dove forme di resistenza civile e passionale provano a dare senso ad un agire quotidiano supportando e affiancando persone prima ancora dei “colori”.
arton22200.jpg

È qui che tra Basilicata e Calabria, e ancora tra Basilicata e Puglia, si ha l’opportunità di incontrare il progetto di MeDU (Medici per i Diritti Umani) che attraverso un presidio mobile contatta le tante donne ed i tanti uomini preda di sistemi di caporalato, sfruttamento, tratta e violenza. Lungo strade diritte fiancheggiate da campi coltivati e casolari abbandonati, ormai riadattati ad informali abitazioni, si incontrano persone provenienti dal Burkina Faso, dalla Nigeria, dal Mali.
Si fa la loro conoscenza, si ascoltano le loro storie mentre si prepara un pasto e si recita una preghiera al tramonto. Un confronto su quel che accade e quello che potrebbe accadere. Tra aspettative, sogni e desideri con una unica sollecitazione: Restiamo Umani!

Ma le Ri/Esistenze non si fermano qui. Capita allora di incontrare SOS Rosarno e il collettivo Mamadou che insieme provano a supportare le tante persone presenti nel territorio.
Persone che vivono in una tendopoli per poter lavorare più o meno stagionalmente e dove le condizioni sanitarie, i diritti umani e la tutela sono al limite del sopportabile. Nasce cosi l’idea, anche con il supporto anche di Meltingpot, di Hospital(ity)School, un luogo per sostenere processi inclusivi attraverso l’insegnamento della lingua italiana e dare risposte di accoglienza e di umana solidarietà.

Photo credit: Guillermo Laurin
Photo credit: Guillermo Laurin

Nel contempo la tendopoli-ghetto con operazioni di “sgombero decorativo” viene smantellata e poco vicino viene allestito un campo-tendopoli “governativo”. Non c’è dubbio che le condizioni del campo garantiscono un miglioramento delle condizioni umane “degli ospiti” in quel fazzoletto di territorio, ed è possibile incontrare operatori che con impegno e passione provano a dare un senso all’illogico.
Ma la domanda resta sempre la stessa. Sono necessarie queste tendopoli? Quanto sono temporanee? Con tutti gli edifici (inutilizzati, confiscati…) è possibile che non si riesca a garantire un’accoglienza altra? E’ possibile che non le istituzioni non abbiano la volontà di promuovere processi inclusivi e solidali piuttosto che programmare “ruspe decorose e indecorosamente disumane”?

Tra una visita e l’altra, tra un tratto di strada ed un altro ancora, tra mezzi di trasporto che sembrerebbero essere più o meno di fortuna, ti capita di impattare piazze come quella di Palmi, piccolo calabro paesino, in cui si trova spazio – cosa ormai desueta – per scambiare idee, opinioni, vissuti e simbolizzazioni. E allora va bene anche una schitarrata per poter condividere il senso di una presenza straniera (la mia) all’interno di una località sperduta e dimenticata. Tutto fa interazione, molto fa partecipazione. E intravedi forme di Ri/Esistenza.
A spaccati e situazioni che lacerano, bagliori di resistenza emergono.

Da una piccola cittadina della Basilicata – Tito – ecco che con forza prende forma e sostanza “AccoglienzaCoastToCoast”, una sperimentazione in cantiere promossa da La Mimosa e Pegaso SIT con il supporto di IndieWatch, IdeaPrisma82 e AlternataSilos. Una sperimentazione da tenere in stretta osservazione e di cui avere attenzione e cura.
Risposte di Ri/Esistenza in controtendenza alle politiche Securitarie, inDecorose e di Chiusura che l’Europa e la Serva Italia propongono e incentivano.
arton22138.jpg

C’è un’ultima parte del viaggio da raccontare, anche se si lascia il “bel paese”. Dopo l’Esperimento Grecia, le politiche governative italiane, cosa fa la Spagna?
Si parte allora con i partecipanti al corso ASGI per la pensiola iberica e per le sue enclave, Ceuta e Melilla, in terra africana.
Non solo la Spagna si allinea alle politiche di chiusura della Fortezza Europa, ma sperimenta qualcosa di più e il tutto sembra inesorabilmente inviare un messaggio univoco: “Qui non si passa, non sussiste il bisogno di protezione, tornate da dove siete partiti!” (presto il report di indagine legale).

E in tutto questo delirio, in cui forme di Ri/Esistenza tentano un radicamento nel palcoscenico-scenario caratterizzato da ordinamenti, direttive, regolamenti, decreti, accordi sotto e sopra banco, le politiche europee e nazionali giocano con i confini, estendono a piacimento frontiere e loro affini, controllano e contengono le azioni di soccorso nel Mediterraneo, dietro finte pretese di regolamentizzare, mentre finanziano e invitano “guardiani di costiere dirimpettaie” a contrastare i salvataggi fino al punto di attuare forme di violenza, sino al punto di aprire il fuoco e scoraggiare le “BoatSaveMan”.

La frontiera non è qui è un po’ più in là, se riesci ad arrivare vinci altrimenti niente, hai perso, ricomincia da dove sei venuto, anzi no riparti dalla prigione, dalla detenzione, e si e no, attenzione la frontiera è ancora un po’ più in là, è un po’ più spessa, prima era più sottile ma l’abbiamo allargata, è meglio.
Come dici? Ieri non era così? Si è vero ieri era qui ma stamattina l’abbiamo spostata, ora la frontiera è sulla punta del mio manganello, fai attenzione, le regole del gioco le dettiamo noi mica voi
”. E’ il nuovo gioco “ConfinoPoli” distribuito da EuroMed produzioni Fortezza Europa.

Già ma purtroppo non è un gioco, ma la realtà giocata sulla pelle di donne, uomini e bambini. Tra “esternalizzazione delle frontiere”, “espansione territoriale degli spazi frontalieri” e “porti sicuri chiusi” guardiamo morire persone e la cosa più tragica è che ci stiamo abituando, sta diventando tutto ciò una colonna sonora funebre e mentre dai palazzi si sperimentano “nuove forme di colonizzazione di territori” con la scusa del controllo e del contenimento delle migrazioni, le persone trovano paura, detenzione e morte.
Questo sembra essere “l’Ordine delle Cose” (per dirla con le immagini e le parole di Segre).
A questo ordine che mano a mano va consolidandosi un’Altra Italia è NecessAria, un’Altra Europa è NecessAria, la Ri/Esistenza è Obbligat@ria!