Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da il Manifesto del 9 Aprile 2008

Verona, il laboratorio dell’antidemocrazia

Lega, integralisti cattolici e nazional-alleati. E' il cocktail politico con cui il centrodestra soffoca la città

E’ un luogo dove il centrodestra a forti tinte leghiste ha fatto tombola, dato che spadroneggia in Regione, Provincia e Comune. Per questo Verona, che già negli anni ’90 – con la sindaca Michela Sironi (Fi) e i suoi assessori nazional-alleati – si meritò il titolo di «laboratorio delle destre», è un interessante test non solo elettorale. Il modello sperimentale applicato qui, con l’inedita alleanza tra la Lega del sindaco Flavio Tosi (con supporto degli integralisti cattolici), la destra radicale e, con qualche mal di pancia, Forza Italia, è il sogno di molti e la tentazione di clonarlo potrebbe essere irresistibile.
Si vivrebbe così in città senza vu cumprà, mendicanti e accattoni, dove le panchine sarebbero divise a metà da sbarre di ferro che non permettono di sdraiarsi, le ronde dei vigili multerebbero, oltre ai clienti delle prostitute anche turisti a petto nudo, turiste in bikini e chiunque mangi panini fuori dalle aree attrezzate, dove i dissidenti dei centri sociali – a Verona l’unico che c’era è stato sgomberato e raso al suolo – sarebbero cacciati anche da pubbliche ricorrenze come la Giornata della Memoria, dove i migranti verrebbero ostacolati per legge, aumentati solo per loro gli anni di residenza per avere accesso alle case popolari, sciolta la loro Consulta, sgomberati i campi rom, dove le donne per festeggiare l’8 marzo andrebbero a sentire il vescovo (a Verona è stato lui ad aprire la cerimonia ufficiale per la festa della donna), dove verrebbe vietato il passaggio notturno nelle vie in cui si incontrano i gay, dove le strade e le sale comunali sarebbero intitolate a defunti deputati missini, in gioventù picchiatori di comunisti e rissosi anche in parlamento (leggi Nicola Pasetto), dove i rappresentanti delle istituzioni, nel caso specifico il sindaco, troverebbero non solo il tempo di presenziare personalmente ai raid contro phone center e agli sgomberi di edifici abbandonati ma anche di partecipare a cortei della destra radicale in amichevole conversazione con gli organizzatori.
Tutto questo nonostante la bagarre scatenata dall’elezione di Andrea Miglioranzi, capolista della lista del sindaco, militante della Fiamma, già chitarrista di una band nazirock, a rappresentante del Comune (poi dimessosi) al locale Istituto storico per la Resistenza.
Ma il Flavio «pigliatutto» tira dritto e se ne frega. Forte della percentuale di voti che lo ha fatto sindaco e delle 27mila preferenze con cui diventò assessore regionale alla Sanità, mette i suoi uomini in tutti i posti-chiave e impugna lo scettro della legalità a suo piacimento, come è accaduto sabato scorso in occasione di uno degli appuntamenti del festival dell’editoria e culture indipendenti «Brutti caratteri». La manifestazione, che negli anni scorsi si svolgeva al csoa La Chimica, prevedeva un incontro in piazza con letture e spuntini all’insegna della «desecurizzazione degli spazi pubblici». Il sindaco, avvalendosi del testo unico di una legge di pubblica sicurezza del 1931, ha chiesto (e ottenuto) dalla questura di vietare la piazza. Ma l’iniziativa, blindata, si è tenuta comunque: «Il sindaco – dice Filippo, portavoce del csoa la Chimica, che con la Biblioteca Domaschi e il collettivo Metropolis ha organizzato i Brutti Caratteri – ha costretto la questura a una sceneggiata imbarazzante ma accettare quanto ci veniva imposto voleva dire rassegnarsi alla totale sparizione di spazi di agibilità politica. Il rispetto della legalità è solo un pretesto per una resa dei conti personale».
Non è più dunque solo questione di sindaci sceriffi ossessionati dalla questione sicurezza, c’è dell’altro. Se nessuno (a parte i soliti noti) alza la voce, è perché il consenso raccolto da Tosi si fonda su un culto della personalità cresciuto nei bar di quartiere, nella curva dello stadio a tifare Hellas, nell’ossequio ai valori cardine dell’Italietta «Dio, patria (padana) e famiglia» e del Nordest che «tira» il Paese (anche se non risulta che il soggetto abbia mai svolto attività lavorative di un qualche rilievo).
«E’ stato allevato in batteria come un pollo, messo lì a far carriera grazie all’entusiasmo popolare – commenta tra il sarcastico e il preoccupato lo storico Nicola Tranfaglia, capolista della Sinistra Arcobaleno per il Senato nel collegio di Verona – con l’obiettivo di esaltare una nuova versione del fascismo. La situazione è abnorme anche a sinistra, con l’interruzione di qualsiasi rapporto tra il Pd e la Sinistra Arcobaleno. Verona è l’unica città italiana in cui, se la sinistra non vince, non avremo più nessuno che difende i valori democratici».
Detto, fatto. In una sorta di orgia teocon la giunta comunale, che ha tra i suoi consulenti Palmarino Zoccatelli, antesignano dell’integralismo cattolico locale, ha concesso per il 25 aprile la centralissima piazza Erbe non per la festa della Liberazione ma per una messa in rito antico in onore di San Marco, patrono della Serenissima. Di converso il Circolo Malacarne, da anni sede di prestigiosi laboratori di scrittura creativa, che andava a presentare l’iniziativa all’assessore alle Politiche giovanili – il cattolicissimo Benetti dell’Udc – e chiedere conferma del finanziamento erogato dal precedente assessore (di centrosinistra), si è sentito domandare se le iniziative proposte erano in linea con l’orientamento cristiano espresso dall’amministrazione. I laboratori di scrittura sono attualmente autogestiti.