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Via Anelli – Ultimi traslochi. Un bilancio della vicenda

Via Anelli svuotata tra muri, retate e nuovi allarmi in città

Chiude via Anelli, perlomeno si chiude il capitolo relativo agli spostamenti dei residenti regolari che in questi anni hanno vissuto in condizioni drammatiche nella via più famosa di Padova.
Ieri il Ministro per la Solidarietà sociale, Paolo Ferrero, ha fatto la sua seconda visita all’interno del complesso.
Un decennio di politiche folli messe in atto dalle diverse giunte che si sono susseguite, sembrerebbe oggi trovare un epilogo.
Così sembra certo. Ma come spesso accade il prezzo da pagare è stato altissimo.
In primo luogo per quanti in questi anni hanno vissuto nei palazzoni di quello che è stato definito “Bronx padovano”, chiedendo di venire ascoltati.
C’è da dire che lo svuotamento a cui stiamo assistendo è in primo luogo frutto dei percorsi e delle pressioni operate dal Comitato per il superamento del Ghetto e dall’Associazione Razzismo Stop, che non hanno mai smesso di chiedere che venisse trovata una sistemazione dignitosa a chi viveva nell’area.
Nei primi mesi del 2005 le operazioni di trasferimento cominciarono proprio dopo le iniziative di auto-assegnazione di case vuote da parte degli stessi migranti, ormai decisi a dare una svolta materiale alle tante promesse ricevute.
L’attuale Giunta comunale ha raccolto le pressioni di una situazione ormai divenuta insostenibile. Il risultato?
La vicenda di via Anelli consegna alla città una delle pagine più dure e crudeli della sua recente storia.
Perchè?
Se l’operazione di svuotamento del ghetto era necessaria oltre che auspicabile, una iniziativa assolutamente doverosa per poter affrontare le contraddizioni del nostro tempo, il quadro del discorso dentro il quale è stata inserita ne ha stravolto il segno positivo.
La questione della sicurezza, l’emergenza criminalità, la politica della tolleranza zero, la vicenda del muro, hanno travolto il dibattito intorno alla questione. Oggi, a distanza di tempo, la realtà cittadina è impregnata della retorica dell’allarme, della diffusione di paura, e sembra aver perso di vista i nodi cruciali del discorso.
Inoltre, se lo svuotamento ha avuto il suo corso, è stato anche accompagnato dall’esodo forzato di centinaia di “non regolari” e di quanti, pur in possesso del permesso di soggiorno, pagavano affitti esorbitanti “in nero”, non inseriti nel piano dei trasferimenti. Per questi il problema dell’accoglienza rimane più che mai aperto.
Intanto lo spaccio è ancora lì, mentre il muro è diventato un preoccupante simbolo delle modalità con le quale affrontare la questione migrazioni. “Una scelta necessaria” ha detto il Ministro Ferrero, ma spesso ciò che è necessario in un dato momento, lo è perchè così richiede il pensiero dominante.
In questi giorni altre emergenze, altri quartieri, sono entrati nell’occhio del ciclone di politica, mass media e forze dell’ordine. Incessantemente si ripete il ritornello di una musica che non sembra allietare la vita in città.
Il prezzo pagato per lo svuotamento è altissimo. Ci parlano dei suoi costi anche i numeri forniti dalla Questura sulle operazioni effettuate negli ultimi 15 mesi: 34 operazioni per 1.571 persone accompagnate in Questura, 225 arresti per violazione della legge sull’immigrazione, contro i soli 80 per stupefacenti, 304 invece i decreti di esplusione eseguiti.
Criminalità e migranti, spaccio e proibizionismo, accoglienza e repressione vengono confusi in un vortice preoccupante.
I confini della declamata guerra alla criminalità sfumano in operazioni che sempre più spesso coinvolgono le posizioni di chi è vittima di una legge, la Bossi-Fini, che non abbiamo mai esitato di definire ingiusta.
La discussione sulla sicurezza sembra però travolgere ogni possibilità di entrare nei veri nodi dei problemi che abbiamo davanti. E questo, nessuno svuotamento potrà ripagarlo.
Il pensiero nostro va a chi finalmente troverà una sistemazione diversa da quella insostenibili a cui è stato costretto, e soprattutto a quanti hanno dovuto subire le vessazioni di un muro costruito intorno alla loro diversità. Presto speriamo, di poterlo abbattere, ovunque esso rincorra le loro esistenze.

Nicola Grigion, Melting Pot Europa