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da Il Manifesto del 19 novembre 2007

Viareggio, l’odissea dei rom che in città non vuole nessuno

Un gruppo di famiglie di origine rumena spostate di zona in zona per le proteste dei residenti. Mentre il sindaco cerca di trovare un posto dove ospitarli

Cacciati senza colpa gli zingari van via. Nella canzone originale erano gli anarchici, oggi sono i rumeni usciti dalle pinete tra Viareggio e Vecchiano che il sindaco Marco Marcucci si è testardamente messo in testa di accogliere contro tutto e quasi tutti. Compreso il primo cittadino di Camaiore, comune confinante, che per 18 rumeni ospitati in un albergo – pagato da Viareggio con i finanziamenti ricevuti da Regione Toscana e ministero dell’interno proprio per il progetto di accoglienza – riuscito a far chiudere, in questi ultimi giorni, un altro hotel dove Marcucci aveva collocato 28 sfrattati tra italiani e stranieri residenti nel comune. Albergo inagibile, è stata la sentenza dei tecnici del sindaco Giampaolo Bertola (Forza Italia) e sgombero immediato.
E’ finita che i 18 rumeni hanno lasciato Lido di Camaiore, facendo posto agli sfrattati dell’albergo chiuso, per trasferirsi in campeggio. Dove potranno stare fino a quando non ricomincerà a suonare il tam tam della paura nei confronti di quelli che – si leggeva nei giorni scorsi nel comunicato di un gruppo di cittadini – «vestono diversamente».
La storia dei cento rumeni, quasi tutti ex braccianti agricoli o manovali arrivati dalla città portuale di Drobeta Turnu-Severin, contea di Mehedinti, e in Italia già da qualche anno comincia a fine agosto. Quando parte di quel popolo che vive negli accampamenti delle pinete di Viareggio e Vecchiano (Parco naturale di Migliarino San Rossore) ha deciso che era arrivato il momento di non essere più invisibile. Dietro la stazione di Viareggio, abbandonata e fatiscente, c’è la palazzina che fu sede della Telecom. Niente bagni, niente vetri, sporcizia che si accumula a mucchi. I rumeni, con una trentina di bambini molto piccoli al seguito e alcune donne incinte, puliscono, arredano, si piazzano. Il tempo di arrivare ed esplode la protesta del quartiere Migliarina, mentre il sindaco Marcucci cerca di prendere tempo, la proprietà (c’è anche un ex consigliere comunale Ds) procede con la denuncia per l’occupazione, la città assiste in silenzio. Se si esclude la solidarietà di un comitato che vede insieme sinistra antagonista, Rifondazione, associazioni di volontariato. Il 16 settembre, giorno in cu si festeggia la Liberazione della città, è il senatore Milziade Caprili ad avventurarsi fino alla palazzina occupata per incontrare i rumeni e i loro rappresentanti. In un clima che non lascia immaginare cosa accadrà qualche mese dopo a Roma con l’aggressione a Giovanna Reggiani, padre Graziano, cattolico anglicano oltre che Rom, stringe la mano al vice presidente del Senato con gli occhi pieni di lacrime: «Ma che abbiamo mai fatto – chiede – per avere addosso tutti quanti siamo il bollino degli ultimi della terra?».

Con Graziano c’è Felix Antonescu che diventerà la figura chiave del progetto di accoglienza. Pronto ad accompagnare i più piccoli al Centro diurno della Misericordia, a mediare con il Comune, ad organizzare lo sgombero della palazzina quando l’ordine di intervento da parte della forza pubblica ormai scotta sul tavolo della Procura. E’ il 21 ottobre: per quasi tutti i 25 capifamiglia è stato trovato un contratto di lavoro, mentre più ardua è l’impresa di reperire un tetto sulla testa ora che il freddo morde. Il sindaco, nei giorni precedenti, ha provato anche a mettere insieme gli altri Comuni della provincia di Lucca, chiedendo aiuto e sostegno. Il risultato è stato deludente. Anzi, quando sulle colline lucchesi si è sparsa incontrollata la voce del possibile arrivo di un gruppo di rumeni in una villa diroccata di proprietà del Comune di Viareggio, tra i boschi di castagni della Brancolerai è stata organizzata una due giorni di blocchi stradali al grido di «i rumeni non li vogliamo». Così, dall’ex Telecom, qualcuno è tornato in pineta, bambini compresi.

Ed eccoci di nuovo agli ultimi giorni, in quel di Lido di Camaiore, mare e spiaggia confinanti con quelli di Viareggio.
I rumeni dell’ex Telecom hanno cominciato a lavorare, non sono più la comunità accampata tutta intera, qualcuno ha già trovato casa e il progetto di accoglienza sarà finanziato per un anno.
Eppure ancora una volta sono stati costretti a fare i bagagli in un’assurda «guerra» tra senzatetto, stritolati dentro la politica locale a caccia di voti su paura e sicurezza. «Se il pregiudizio nei confronti dei rumeni ha origini razziali – così alla fine ha tuonato Marco Marcucci, sindaco di centro sinistra in assoluta controtendenza rispetto ai colleghi di tutta Italia – allora è bene dire che gli illegali siamo noi. Che violiamo l’articolo 3 della nostra costituzione».