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Visita al CAS di Conflenti (Cz) della Campagna LasciateCIEntrare

Un altro lampante caso di accoglienza indegna

Conflenti è un piccolissimo comune del catanzarese ubicato sui fianchi del monte Reventino. Una strada lunga e tortuosa porta fino al paese dove all’arrivo abbiamo incontrato una processione di migranti carichi di bottiglie e fiaschi di acqua raccolta alla fonte principale, ed è qui che abbiamo incrociato i profondi occhi neri di P., una minore di tre anni in braccio al suo papà la quale ci guarda con un misto di curiosità e di timore prima di regalarci uno splendido sorriso. La piccola respira a fatica, gli occhietti lucidi testimoniano lo stato influenzale, così come ci conferma più tardi il padre.
È nel Centro di Accoglienza Straordinaria di Conflenti che il 15 aprile del 2015 sono stati trasferiti oltre 30 migranti di nazionalità nigeriana, ghanese, maliana. Le due strutture in cui gli ospiti sono “accolti” sono di proprietà dell’ASL e del comune, secondo quanto riferito da un operatore del centro. La gestione, ci dice, è stata affidata alla cooperativa “Malgrado Tutto”, tristemente nota per avere gestito fino al 2012 quello che è stato definito da più parti il Cie peggiore di Italia (quello di Lamezia Terme), chiuso definitivamente in seguito a ripetute denunce, ultima in ordine temporale quella di MEDU (Medici per i Diritti Umani) che, durante una visita all’interno, aveva denunciato una serie di gravi criticità, tali da renderlo del tutto inadeguato a garantire una permanenza dignitosa dei migranti trattenuti.
E così, la “Malgrado Tutto”, secondo quanto riferitoci dall’operatore che incontriamo, alla ricerca di una realtà locale che potesse gestire fattivamente il centro per proprio conto, ha contattato la sedicente ONLUS “Amici per la pelle”, di cui pochi in paese hanno sentito parlare.
Attualmente, nello stabile di proprietà dell’A.S.L. (ex casa-famiglia) sono ospitate 21 persone, tra cui due minori, la piccola P. e un ragazzo di 17 anni: in tutto i minori incontrati all’interno di entrambe le strutture sono 4, in barba a tutte le convenzioni e regolamenti europei a tutela dei diritti dei minori (Art. 2, 3, 29, 30, 31, 37 della Costituzione; Convenzione ONU sui diritti del fanciullo 1989; Direttiva 2003/9/CE del Consiglio dell’Unione europea del 27 gennaio 2003;Art. 403 del Codice Civile; T.U 286/89 e rego. Att. D.P.R. 394/99;D.P.C.M. 535/99; Art. 10 l.n. 184/83).
In tale struttura, le camere sono umide e, mentre alcune hanno il bagno all’interno, per 8 persone lavarsi diventa difficile in considerazione della mancanza di una doccia nel bagno comune che devono utilizzare.
La struttura di proprietà del comune, invece, a una decina di metri di distanza, sorge su un mattonificio tuttora funzionante, esponendo le persone accolte nel centro a rischio inalatorio di polveri contenenti silice con gravissime conseguenze per la salute. Secondo quanto riferito dall’operatore con il quale abbiamo parlato, prima dell’apertura della struttura di accoglienza, numerosi controlli sono stati effettuati da A.S.L., Questura, Prefettura, Vigili del Fuoco, Carabinieri. Evidentemente nessuno ha pensato al fatto che un ex centro per l’artigianato, quindi non pensato come struttura residenziale, non potesse essere idoneo all’accoglienza di esseri umani. E così, si sono creati dei piccoli bagni e delle stanze entro cui dormono le 13 persone accolte, senza alcun impianto di riscaldamento.
La ONLUS locale, secondo quanto riferito dall’operatore, senza ancora ricevere alcun rimborso dalla “Malgrado Tutto”, ha cercato di rimediare a tale inconveniente comprando delle piccolissime stufe elettriche che risultano assolutamente inutili a riscaldare un ambiente umido e freddo come quello in cui si ritrovano a vivere.
Le persone con le quali abbiamo parlato lamentano, dunque, una serie di mancanze: dall’abbigliamento per proteggersi dal freddo (l’operatore ci conferma che vestiti e coperte sono stati donati dagli abitanti del paese, mentre la “Malgrado Tutto” avrebbe fornito solo il kit di prima accoglienza che include sapone, dentifricio, rasoio, spazzolino, ciabatte etc), alla mancanza dei corsi di italiano, al cibo insufficiente. Ci mostrano le dispense, desolatamente vuote, se non per la presenza di alcuni pacchi di pasta e biscotti del banco alimentare.
All’interno delle strutture mediatore culturale e assistente sociale fanno la loro apparizione solo 2 volte a settimana per un’ora al giorno, racconta ancora l’operatore. Uno psicologo non ha mai varcato la soglia dei due stabili, secondo quanto riferito dai richiedenti asilo e dalla persona con la quale abbiamo parlato. Gli unici che si vedono sono gli operatori dell’associazione “Amici per la pelle” che portano loro il cibo una volta al giorno.
Il pocket-money non viene erogato ormai da 4 mesi ed è stata data loro una sola scheda telefonica di 15 euro per chiamate internazionali al momento dell’arrivo.
La Prefettura pare abbia fatto tre controlli all’interno delle strutture senza, però, ravvisare l’inadeguatezza delle stesse, delle condizioni in cui le persone ospitate vivono e la presenza dei quattro minori di cui abbiamo raccontato (e di cui, riferisce l’operatore sono informati anche O.I.M. e Save the Children).
Tutte le persone ospitate lamentano il senso di abbandono, di solitudine, lo sfinimento di lunghe giornate che si susseguono le une uguali alle altre passate all’ombra di un mattonificio, persone trafitte dal dramma della migrazione forzata, incastrate all’interno di un sistema di protezione che da un lato controlla, regolamenta e decide delle vite dei richiedenti asilo e dall’altro li sottopone a una sofferenza “straordinaria”, confinando la loro quotidianità all’interno di strutture “ombra”, legittimando forme di violenza psicologica, strutturale e istituzionale.
Nell’assurdo contesto appena descritto, l’unico barlume di speranza ci viene offerto dall’intervento dell’On. Intrieri, la quale, dopo la nostra immediata segnalazione, ha fatto in modo che in data 15.02.2016 la piccola P. e suo padre venissero trasferiti nel programma SPRAR di Riace.

Campagna LasciateCIEntrare

La campagna LasciateCIEntrare è nata nel 2011 per contrastare una circolare del Ministero dell’Interno che vietava l’accesso agli organi di stampa nei CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione) e nei C.A.R.A. (Centri di accoglienza per richiedenti asilo): appellandosi al diritto/dovere di esercitare l’art. 21 della Costituzione, ovvero la libertà di stampa, LasciateCIEntrare ha ottenuto l’abrogazione della circolare e oggi si batte contro la detenzione amministrativa dei migranti continua »