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Vissuti ed esiti della scolarizzazione dei minori di origine immigrata in Italia

Una ricerca dell'ONC-CNEL del gennaio 2008

Lo scorso 12 febbraio sono stati resi pubblici i risultati di una ricerca del CNEL e realizzata dal CENSIS relativa alla scolarizzazione dei minori migranti.

Nelle scuole italiane vi sono attualmente 500mila alunni stranieri, pari a quasi il 6% della popolazione scolastica, provenienti da 191 differenti paesi. La ricerca si poneva l’obiettivo di indagare il livello di inserimento di questi alunni nelle scuole italiane e quali i problemi percepiti da genitori ed insegnanti. Ne emerge un rapporto difficile, una situazione generalmente considerata positiva ma con ancora numerose criticità.

Il 75,9% degli insegnanti si confessano scarsamente preparati ad affrontare il rapporto con culture diverse, il 72,7% lamentano l’assenza di momenti di formazione e confronto con altri docenti, il 56,6% rimarcano le difficoltà che si incontrano a innovare il curriculum scolastico in funzione di una maggiore interculturalità. I documenti di indirizzo del Ministero non mancano ma, lamentano gli insegnanti, “mancano criteri condivisi che regolino la presenza e l’inserimento nelle classi degli alunni di origine immigrata” con l’effetto una totale mancanza di uniformità anche nello stesso territorio. Le linee guida secondo quanto dichiarato dagli intervistati sono rispettate ma l’intervista poi smentisce questa affermazione.

L’analisi effettuata nella ricerca è relativa alla scuola dell’obbligo, ed è stata condotta attraverso interviste a 608 genitori e 414 docenti e con otto casi di studio, di cui quattro aree metropolitane (Porta Palazzo/Torino, Rozzano/Milano, Pigneto/Roma, Quartieri Spagnoli/Napoli) e quattro contesti comunali (Treviso, Cremona, Prato, Mazara del Vallo).

Le scuole paiono ben attrezzate a gestire il momento dell’accoglienza ma “siamo ancora lontani, però, dall’aver realizzato una situazione diffusa di pari opportunità, per le differenze tra scuole e territori, per la solitudine di molti insegnanti, per l’assenza di rapporti funzionali con altri settori di intervento sociale sul territorio, per la limitatezza delle risorse a disposizione, che determinano anche nelle situazioni migliori la preponderanza di una “progettualità a termine” e la mancanza di continuità e solidità degli interventi.”, come rileva il CENSIS.

Dalle interviste emergono alcuni aspetti problematici:
– mancano criteri condivisi che regolino la presenza e l’inserimento nelle classi degli allievi di origine immigrata;
– scarso collegamento in rete con le altre scuole e con gli organismi del terzo settore;
– il rapporto con le famiglie di origine non è ricercato in maniera intenzionale e continuativa;
– carenza di supporto da parte di esperti/mediatori;
– Gli interventi rivolti agli alunni immigrati sono per lo più concentrati sulla dimensione dei saperi di tipo tradizionale, per cui risultano particolarmente praticati i corsi di recupero in materie specifiche e i corsi di lingua italiana.

La scuola ha un ruolo centrale per la costruzione di una società adatta al contesto di globalizzazione attuale per la formazione dei cittadini che l’abiteranno e per l’inserimento lavorativo che può contribuire a di influenzare, inserimento che se incanalato nelle ‘professioni per immigrati’, se caratterizzato da segmentazione e mancanza di mobilità può portare a ad insoddisfazione e conflitto sociale. La scuola dovrebbe quindi costituire un luogo fondamentale per le politiche di integrazione dei migranti. La sfida sembra colta, con fattori innovativi rispetto al resto d’Europa, infatti, come rileva il CNEL “Il modello di integrazione verso il quale è orientato l’ordinamento italiano, non è né quello inclusivo né quello multiculturale, che in Paesi europei di più antica storia immigratoria, come rispettivamente la Francia e il Regno Unito, stanno dimostrando, entrambi, drammaticamente i loro limiti a fronte della diversa natura delle migrazioni, delle ingiustizie ed emarginazioni degli assetti sociali, dei problemi, nuovi e gravi, del contesto internazionale.
Il modello italiano è diverso e più ambizioso, perseguendo un processo di conoscenza, di dialogo, di confronto, che tenga assieme il rispetto delle diverse culture, percepite come una risorsa che arricchisce gli uni e gli altri, con la condivisione dei valori costituzionali, fondamento indiscutibile della ordinata convivenza civile in Italia.”

Ma troppo è ancora lasciato alla buona volontà dei singoli insegnanti, troppa l’improvvisazione e scarso il rapporto con le famiglie degli alunni stranieri poco o niente partecipi alle decisioni relative ai percorsi didattici.
Inoltre, denuncia il documento della CNEL Osservazioni e proposte. Le seconde generazioni e le politiche per la scuola: “Mancano risorse di base fondamentali in termini di competenze linguistiche, di formazione in servizio dei docenti, di dotazione di laboratori linguistici, di utilizzo dei mediatori culturali, la cui presenza è considerata, nella esperienza, di grande utilità, (tutte carenze sottolineate dal 70-75 % dei docenti intervistati), di sostegno fattivo delle istituzioni locali, di utilizzo di risorse professionali che ottimizzino la sinergia della rete delle altre scuole e agenzie, anche per iniziative sulla conoscenza delle lingue e delle culture di origine, e di apporto dei servizi sociali nel territorio; spesso le progettualità attivate dipendono da finanziamenti a termine e si disperdono. E’ la condizione di “solitudine” denunciata nelle interviste da molti docenti.”

Rimane ancora molto lavoro da fare perché la scuola italiana possa costituire parte di un percorso efficace di inserimento nella società italiana per gli alunni stranieri.

Elisabetta Ferri, progetto Melting pot