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Voci dal Sud – Quando le parole diventano pregiudizi

rubrica a cura di Riccardo Bottazzo

Partiamo da qualche perla. La prima ce la regala la Nuova Venezia. Un articolo del 16 novembre parla di episodi di violenza all’interno dei supermercati. Leggiamo: “La tensione sale nelle ore pasto, verso le 12, ma soprattutto alle 19.30, quando gli extracomunitari sono tanti e il pericolo è tangibile”. Qualche riga più in basso, il giornalista tira le somme di una retata della polizia in questo covo di pericolosissimi extracomunitari: due individui “sono stati individuati e denunciati per ubriacatura molesta, si tratta di un tedesco e un uomo di Marghera”. Non vale neppure la pena di farci dell’ironia. Ancora dalla Nuova. Il 14 febbraio titola “Rc auto scadute da mesi. Decine di auto sequestrate”. Di primo acchito vien da pensare che in un articolo del genere non dovrebbero starci razzismi o pregiudizi neppure a volerceli ficcare di forza, vero? Sbagliato. La Nuova non ci delude mai in quando a xenofobie gratuite. “Tra gli automobilisti finiti nella rete dei controlli ci sono anche persone del posto, e invece ben pochi extracomunitari, il contrario dunque di quello che viene detto e sussurrato”. Capito che rigor di logica? I controlli dimostrano che la grande maggioranza dei migranti è a posto con l’assicurazione e che ti fa l’articolista (non chiamiamolo giornalista, per carità)? Si stupisce perché quello che “si sussurra” è che un “extracomunitario”, per definizione evidentemente, non può essere in regola con la legge! Di sicuro i controllori non hanno verificato a sufficienza! Due giorni dopo, sempre la Nuova riprende il discorso. Evidentemente che siano solo gli italiani a non pagare l’assicurazione non gli va proprio giù, e scrive “Quello che stupisce è che non sono extracomunitari i trasgressori trovati e sanzionati. Nella stragrande maggioranza, eccetto un paio di casi, uno di Gorizia e un extracomunitario, ma sposato con una del posto, sono italiani, anzi sandonatesi”. Quello che stupisce me invece, è come si possano scrivere certe fesserie e farla franca!

Un alto capolavoro di idiozia che meriterebbe di venir citato nel dizionario delle figure retoriche come perfetto esempio di “ossimoro”, lo troviamo sempre… indovinate dove? Bravi. Ancora nella Nuova. L’articolo è dell‘8 settembre e si legge la notizia di cronaca: “Una quarantacinquenne nomade ma residente nel padovano è stata fermata”. Anche in questo caso l’ironia sarebbe troppo facile. Questa la mettiamo a fare il paio con il bel titolone sparato dal Gazzettino al tempo delle polemiche sui sinti di via Vallenari: “Il Comune ‘regala’ la villette ai nomadi”. Dove “regala” era virgolettato perché, come si leggeva nel testo sotto, non le regalava affatto. I lettori che si soffermavano sul titolo stavano là come dei fessi a domandarsi quale era il senso dell’operazione dell’amministrazione comunale che va a dare case (pardon, villette) a gente che non le abiteranno mai perché sono nomadi!

Sul Gazzettino c’è da dire che offre il meglio sui titoli. Apertura di cronaca del 14 ottobre: “Caccia ai covi dei clandestini”. Ma non glielo hanno mai detto che i loro “clandestini” sono persone come me e come voi che camminano per strada alla luce del sole, abitano in case e non in “covi”, e ogni giorno si arrabattano, proprio come me e come voi, col problema del lavoro con la sola differenza che, essendo per l’appunto privi di documenti validi, sono sfruttati di più e meglio? In quanto ad accostamenti pregiudiziali, la Nuova però, non la batte neppure Libero. Solo qualche esempio. 10 novembre: “Era un rifugio per senzatetto, clandestini e poco di buono”. 5 gennaio: “Lo stabile … diventato un rifugio per immigrati clandestini e sbandati, era diventata sede di spaccio”. 22 gennaio: “Chiuso il bar Centrale. Una serie di gestioni discutibili lo ha fatto conoscere come ritrovo di malviventi e clandestini”. Anche qui, non sprechiamo una sola parola di commento.
Per la Nuova clandestino = farabutto.

Con questo crediamo di aver reso l’idea di come i media locali di Venezia non perdono certo il sonno nel cercare di usare le parole più adatte per descrivere il fatto di cronaca rispettando i fatti senza pregiudiziali verso alcune categorie di persone e senza scivolare in facili razzismi. Chi ha stomaco, può scaricarsi l’integrale dello studio che i ragazzi dell’osservatorio contro le discriminazioni Unar di Venezia hanno realizzato, monitorando ogni singola parola scritta nell’arco degli ultimi due mesi dal Corriere Veneto, dalla Nuova e dal Gazzettino. Ogni singola parola. Perché, come abbiamo visto, il razzismo si nasconde anche nel fondo di articoli potenzialmente neutri come quello delle Rc auto. Il lavoro è stato presentato nel corso di un incontro pubblico tenutosi il 24 marzo a Mestre, in cui è stato dichiarato che, dopo la fase di semplice monitoraggio, l’osservatorio di Venezia passerà alla fase di segnalazione di tutti quegli articoli che contrabbandano, con la scusa del “sentito dire” e dell’uso del “linguaggio comune”, pregiudizi razzisti e xenofobi. L’osservatorio inoltrerà tre lettere formali, una al giornalista, una al suo direttore e una ai probiviri dell’Ordine indicando l’uso scorretto di termini come clandestino, nomade e zingaro appellandosi, quando è il caso, alla Carta di Roma, il protocollo deontologico dell’Ordine che tutela richiedenti asilo e rifugiati. Questo farà l’osservatorio, ma questo lo possiamo fare tutti. Vi garantisco che qualche telefonata o mail di protesta dal tono “se continuate così non comperiamo più il giornale” sortisce più effetto che tante dichiarazioni di principi e studi statistici.

Una cosa però mi preme sottolineare. In tutto ciò non c’è nessuna pretesa di voler insegnare il proprio mestiere ai giornalisti e tantomeno di colpevolizzare una categoria troppo spesso chiamata a giustificarsi per peccati che non sono (solo) suoi. Scopro l’acqua calda scrivendo che ci sono forze politiche cha hanno costruito fortune elettorali sopra termini come “clandestino”. Le segnalazioni vogliono essere solo uno spunto di riflessione per chi lavora nei media e che tante volte deve scrivere in fretta, sintetizzare pensieri in poche frasi, occuparsi degli argomenti più disparati che spesso non conosce (tanto per farvi un esempio, a me è toccato scrivere di sfilate di moda e di pesca sportiva… chi mi conosce rida pure!). La malafede esiste ma, per mia esperienza, posso assicurare che si tratta di casi sporadici ed isolati. Il più delle volte, una chiacchierata amichevole risolve il problema. Basta solo voler ascoltare, un po’ di impegno e rispetto per la propria professione. Usare le parole che meglio restituiscono la verità sostanziale dei fatti osservati, è quanto chiede il secondo enunciato della legge istitutiva dell’Ordine, la Carta costituzionale dei giornalisti. In fondo, a scrivere “migrante” invece di “extracomunitario” non ci vuole niente. Ma, per chi legge, fa la differenza tra il cattivo e il buon giornalismo.

Riccardo Bottazzo

Sono un giornalista professionista.
La mia formazione scientifica mi ha portato a occuparmi di ambiente e, da qui, a questioni sociali che alle devastazioni dei territori sono intrinsecamente legate. Ho pubblicato una decina di libri tra i quali “Le isole dei sogni impossibili”, edito da Il Frangente, sulle micronazioni dei mari, e “Disarmati”, edito da Altreconomia, che racconta le vice de dei Paesi che hanno rinunciato alle forze armate. Attualmente collaboro a varie testate cartacee e online come Il Manifesto, Global Project, FrontiereNews e altro.
Per Melting Pot curo la  rubrica Voci dal Sud.