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“Zingaropoli”: condannati Lega e PDL per “molestia razziale”

Concluso positivamente il ricorso anti-discriminzione presentato dal NAGA

“Emerge con chiarezza la valenza gravemente offensiva e umiliante di tale espressione che ha l’effetto non solo di violare la dignità dei gruppi etnici sinti e rom, ma altresì di favorire un clima intimidatorio e ostile nei loro confronti”. Così si è espressa la Giudice del Tribunale di Milano, Dott.ssa Orietta Miccichè, dando ragione al Naga nella causa civile anti-discriminazione intentata nei confronti di Lega Nord e PDL per i manifesti affissi e l’utilizzo delle dichiarazioni fatte da Silvio Berlusconi e Umberto Bossi durante la scorsa campagna elettorale per il Sindaco di Milano, in cui si paventava il rischio che la città potesse diventare una “Zingaropoli” in caso di vittoria di Pisapia.

“Per la prima volta in Italia viene depositato un provvedimento giudiziario che condanna dei partiti politici per discriminazione” dichiara l’avv. Pietro Massarotto, Presidente del Naga, “è per noi una vittoria molto importante e vorremmo fosse intesa come un messaggio molto chiaro contro la normalizzazione dell’emarginazione e delle pratiche di esclusione sociale a cui purtroppo siamo stati abituati”.

Si sosteneva nel ricorso che non fosse possibile né legittimo per un partito politico utilizzare slogan e dichiarazioni manifestamente discriminatorie nei confronti di alcune comunità e gruppi sociali – nello specifico, nei confronti di una minoranza protetta ex lege (i Rom) – utilizzando l’esistenza stessa di detti gruppi e comunità come fattore di paura sociale nonché utilizzando termini apertamente denigratori e dispregiativi come “zingaropoli”.
La Giudice ha accolto tale impostazione.
Il giudice di Milano, infatti, ha concluso che “il neologismo “zingaropoli”, adottato quale slogan durante la campagna elettorale dei due partiti, ha valenza chiaramente dispregiativa, in quanto i gruppi etnici zingari (rom e sinti) vengono utilizzati come emblema di negatività e pericolo da rifuggire”, (…) “ veicolando l’idea negativa che le collettività rom e sinti costituiscano una minaccia in quanto tali”. Né può ritenersi – prosegue il giudice di Milano – che le espressioni siano legittime manifestazioni del pensiero, protette dall’art. 21 Cost., in quanto la libertà di manifestazione del pensiero non è assoluta, ma l’incontra il limite derivante dall’esigenza di bilanciamento con valori ugualmente di rango costituzionale quali la tutela della pari dignità, nonché dell’eguaglianza delle persone.

Ne consegue che la cartellonistica elettorale della Lega Nord e l”appello per Milano” pronunciato da Berlusconi e diffuso sul sito web del PDL hanno configurato la fattispecie della molestia a sfondo razziale vietata dall’art. 3 del d.lgs. n. 215/2003, di recepimento della direttiva 2000/43/CE contro le discriminazioni etnico razziali e definita come “ogni comportamento indesiderato posto in essere per motivi di razza o di origine etnica, avente lo scopo o l’effetto di volare la dignità di una persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo”.

D’altra parte, anche il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa Thomas Hammarberg, a seguito della visita da lui effettuata in Italia durante la campagna elettorale milanese dell’anno scorso, aveva affermato di essere rimasto scioccato dai manifesti visti in città, rilevando come questi incidessero direttamente sui diritti delle popolazioni rom e sinti nonché sulle concrete possibilità di integrazione/interazione nella società.

Il giudice di Milano ha ordinato la pubblicazione dell’intestazione e del dispositivo dell’ordinanza a cura e a spese della Lega Nord e del PDL sul quotidiano “Il Corriere della Sera”, nonché ha condannato i due partiti al pagamento delle spese legali.

Conclude Massarotto: “Speriamo che questo rappresenti un passo verso l’effettiva tutela delle minoranze nel nostro Paese, ma quello che più speriamo è di non dover mai più intervenire per questo genere di discriminazioni ‘istituzionali’”.