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Zingari in guerra con il mondo intero

Intervista ad Antonio Moresco, autore del libro Zingari di Merda

Zingari di Merda racconta il viaggio verso la Romania di due italiani e un rom sgomberato dalla città di Pavia a bordo di una vecchia BMW per “andare a vedere da dove si mette in movimen­to tutta questa disperazione, l’origine di questa ferita”.

Con il suo autore, Antonio Moresco, abbiamo commentato le recenti misure che stigmatizzano i rom come più criminali di tutti i criminali, calamità naturale d’emergenza a cui far fronte con provvedimenti speciali.

Domanda: Zingari di Merda è il titolo del libro, un epiteto che si rivolge ad una popolazione che, pur non avendo mai dichiarato guerra a nessuno, è da secoli attaccata - come in una guerra – dal mondo intero. La discriminazione contro i rom negli ultimi mesi in Italia è diventata discorso pubblico, la loro persecuzione oggi è legittima. Dire “Zingari di merda” non è più un’offesa di matrice razzista, ma è considerata quasi un’affermazione oggettiva.

Risposta: Il titolo rappresenta la forza dei popoli perseguitati da secoli che utilizzano gli epiteti offensivi rovesciandoli con fierezza. Il nostro accompagnatore si rivolgeva a se stesso e agli altri rom usando queste parole, che aveva sentito dire contro di sè in Italia. E’ un titolo ambivalente perché rispecchia al contempo la situazione spaventosa dell’Italia di questi anni, dove un popolo dai comportamenti non omologati è di nuovo diventato capro espiatorio di paure ed insicurezze su cui forze politiche fanno leva per nascondere i gravi problemi dell’attualità, ma quando un paese imbocca le strade delle discriminazioni si sveglia poi con le ossa rotte...

D: L’istituzione di un Commissario straordinario per una presunta emergenza incarnata dai rom significa considerare la presenza di questo popolo alla pari di una calamità naturale. E’ forse l’errore macroscopico di un potere che, oggi come ieri, non sa rapportarsi con l’alterità?
Tutto il discorso e con esso le politiche prodotte sui popoli rom in Italia, anche quando si agisce in nome dell’integrazione, nascono dall’applicazione di categorie organizzative a loro estranee, si affronta la loro società partendo dal “noi” e dal “nostro” modo di vivere.

R: Si dà sempre per scontato che il nostro modo di vivere sia quello giusto, cosa evidentemente tutta da dimostrare. A volte anche chi accetta in termini generali gli zingari in realtà vorrebbe sempre ricondurli a dinamiche di vita simili alle proprie. In questi ultimi anni gli zingari incarnano l’irriducibilità e la differenza, io ho scelto di rappresentarli senza censure.
Non ho cercato di farne un santino edificante ma ho mostrato degli esseri umani con la loro forza, la loro diversità e il loro mistero. In genere ogni loro comportamento è letto attraverso la deformazione incredibile del paragone. Ad esempio la violenza nei confronti delle donne – che non mi sono sentito di censurare nel mio racconto - sembra maggiormente grave e criminale se compiuta da parte degli zingari, nonostante le cronache rivelino preoccupanti violenze domestiche contro le donne nelle case degli italiani. Nel momento in cui è stato stabilito che quello è il popolo che fa paura tutto viene visto in una maniera deformata. E’ il meccanismo spaventoso che spesso accade nella storia, coltivato e manipolato per coprire altre cose gravi.

D: La persecuzione contro i rom è oggi più che mai quotidiana, ma anche il tuo libro ha inizio con una persecuzione, ossia dopo gli sgomberi dell’ex Snia Viscosa a Pavia nell’agosto 2007, quando vengono lasciati per strada un centinaio di donne, uomini e bambini.

R: Il libro parte dal lavoro di volontariato di Giovanni Giovannetti all’ex Snia Viscosa; dalla lotta e dalla vicinanza profonda con le persone che vivevano accampate lì è nata l’idea di rintracciare queste famiglie nel sud della Romania, dove molti di loro sono andati a ripararsi dopo la cacciata.
Siamo andati quindi fino a Listaeva, un paese dove gli zingari vivevano nelle buche sotto terra, abbiamo visto le condizioni in cui vivevano le persone, facendo a turno le guardie notturne per proteggere i propri bambini da topi di un metro. E’ allora evidente che queste persone non emigrano in Italia perché sono dei profittatori. Eppure a Pavia il Sindaco del Partito Democratico si è comportato in maniera indistinguibile dalle destre che siamo abituati a vedere come razziste e forcaiole. Se hanno creduto che inseguire questi comportamenti xenofobi avrebbe portato ad un incasso elettorale, la dimostrazione della mancanza di lungimiranza storica è stata plateale con il risultato delle elezioni.

D: Nel tuo viaggio in Romania ti soffermi a descrivere la posizione economica imposta a questo popolo dal sistema economico, che pretende che restino immobili a vivere delle briciole del mercato globalizzato basato proprio sugli scambi attraverso le frontiere. Tu sottolinei la contraddizione tra fissità economica imposta e spinta al movimento degli esseri umani, che si spostano per cercare di sfruttare le opportunità dello sviluppo, sottraendosi a ruoli previsti per loro da non si sa bene chi.

R: Il tentativo di ancorarli ad una posizione è una miopia e tradisce la mancanza di lungimiranza storica: i popoli si sono sempre spostati, anche nel recente passato i popoli hanno sempre migrato, è incredibile che l’Italia non riesca ad affrontare in termini equilibrati e giusti le migrazioni e il desiderio di migliorare la propria sorte.
Anche nelle baracchine di Slatina le televisioni scalcagnate delle giovani famiglie rom trasmettevano di continuo quanto è bella, ricca e luminosa la vita in Italia e negli altri paesi.
Queste persone giovani cercano giustamente di avere una piccola parte in questa ricchezza. Poi ci sono i meccanismi economici diseguali che fanno sì che in Italia con l’elemosina in una giornata una zingara possa guadagnare 20-30 euro, che in Romania non guadagna neanche un operaio. Questi meccanismi vanno molto bene quando sono le fabbriche italiane, ad esempio Pirelli, che sfruttano questi salari estremamente bassi ed impiantano in Romania le loro attività. Paradossalmente gli stessi meccanismi che portano le persone a migliorare la propria condizione sfruttando le differenze del valore della moneta romena rispetto a quella italiana e quindi immigrando in Italia, generano invece violenza ed ipocrisia. Le situazioni di vita che ho visto nel nostro viaggio sembravano quelle del Bangladesh post alluvione e non quelle di un luogo così vicino a casa nostra.

D: La schedatura, il tentativo di presidiare e censire i campi nomadi, la folle idea di rilevare le impronte digitali rappresentano forse l’illusione di bloccare e imbrigliare la determinazione degli uomini ed in particolare di questo popolo a partecipare al benessere negato?

R: Io ne sono convinto. Queste iniziative vengono gettate in pasto alle persone galvanizzate dalle campagne politiche e mediatiche, ma non hanno senso perché gli spostamenti umani non si possono fermare.
Persino all’epoca dei romani, che facevano guerre pazzesche ed erano sotto le armi per decenni per tenere fuori i cosiddetti barbari, per secoli e secoli poi quelle stesse popolazioni che loro volevano escludere sono passate sul territorio italiano.
A mio avviso più è determinata ed efficace la capacità di sigillare le frontiere più l’effetto boomerang è devastante. Quello che vediamo oggi è una politica miope oltre che criminale ed inaccettabile su molti piani.

Zingari di merda
di Antonio Moresco
Fotografie di Giovanni Giovannetti
Effigie Edizioni

Neva Cocchi, Progetto Melting Pot Europa

[ 16 luglio 2008 ]
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