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da La Repubblica del 3 febbraio 2006

Immigrati, allarme Sisde "Centri in Libia disumani"

Forse le strutture d’accoglienza costruite anche con soldi italiani

ROMA - «I clandestini vengono accalappiati come cani, messi su furgoncini pick-up e liberati in centri di accoglienza dove i sorveglianti per entrare devono mettere i fazzoletti intorno alla bocca per gli odori nauseabondi...». A parlare non è il solito parlamentare di sinistra pacifista che chiede l’abolizione dei Cpt. Il racconto è del direttore del Sisde, il prefetto Mario Mori, durante l’audizione del Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti. Il centro di accoglienza è in Libia, località Seba, al confine con il deserto, uno di quei posti dove vengono trasferiti anche i clandestini respinti dai centri italiani. «Il centro - continua Mori - prevede di ospitare cento persone ma ce ne sono 650, una ammassata sull’altra senza il rispetto di alcuna norma igienica e in condizioni terribili». Il direttore del Sisde non usa la parola lager ma quella è l’immagine che viene in mente ai parlamentari membri del Comitato a cominciare dal presidente Enzo Bianco (Margherita).
Mori ha fatto il sopralluogo nel Centro di Seba intorno alla metà di gennaio, cinque giorni prima dell’incontro del ministro Giuseppe Pisanu con il colonnello Gheddafi. Non è chiaro se i soldi con cui l’Italia finanzia i progetti sulla sicurezza libica per contenere i flussi dei clandestini in arrivo dal cuore dell’Africa servono anche per questi campi. Il protocollo Italia-Libia prevede comunque che andiamo a vedere quello che succede lì. In questi campi, ha spiegato il prefetto, «è alto il rischio di infiltrazione terroristica. Prima di Natale un gruppo ha confessato un progetto di attentato in un hotel di Bengasi frequentato da occidentali».

Partendo da questo racconto, Mori ha poi tratteggiato i confini di una grave emergenza clandestini. «Nelle ultime due settimane (dopo il viaggio di Pisanu ndr) i libici hanno fermato sulle loro spiagge almeno cinquemila persone già pronte per partire» e infatti nonostante le buone condizioni del tempo gli arrivi sono stati quasi azzerati. «Ma tra poco ci sarà una nuova emergenza», in primavera. In questi ultimi mesi, rispetto all’anno scorso, gli sbarchi sono aumentati del 30 per cento. I motivi sono sotto gli occhi di tutti: carestia e siccità nel Sael, Niger e Ghana, spingono centinaia di migliaia di persone verso le coste del Mediterraneo. La frontiera marocchina è quasi chiusa dopo i morti di Ceuta. «E in Libia le organizzazioni criminali sono sempre più strutturate e organizzate». Una situazione che Mori definisce «esplosiva».

CLAUDIA FUSANI

[ 3 febbraio 2006 ]
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