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#nohatespeech: giornalisti e lettori contro la diffusione del razzismo nel media

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Il razzismo non è una opinione come tutte le altre e la xenofobia non è una “notizia giornalistica”. Chi lavora nella comunicazione ha il dovere di non fare da amplificatore a discorsi che fomentano l’odio e, già che ci siamo, dovrebbe anche smetterla di far girare notizie false al solo scopo di aumentare la tiratura del proprio giornale, l’audience della propria trasmissione tv e i “click” del proprio sito web. Scopo che, tra l’altro, non si raggiunge con questi sistemi tra il furbetto ed il vigliacco. Perché se si manda a puttane la deontologia va a puttane la stessa credibilità dei giornalisti e il motivo per cui i lettori ci leggono.

Questo è il motivo per il quale l’Associazione Carta di Roma e la Federazione Europea dei Giornalisti ha lanciato l’appello #nohatespeech (non incitiamo l’odio) volto a contrastare il proliferare di notizie false e xenofobe, con contorno di commenti o dichiarazioni palesemente razzisti e violenti, nei media tutti, dalla carta stampata alle televisioni, dai blog ai social media.
L’appello parte dai giornalisti ma si rivolge anche agli editori, agli amministratori dei social network ed ai lettori (finalmente visti non solo come fruitori del prodotto editoriale ma anche come parte integrante del sistema comunicativo).

Ai giornalisti #nohatespeech chiede di recuperare un ruolo di “filtro” delle notizie. Il che non vuol dire “censura”. Mi spiego con un esempio. Se il sindaco leghista di Bondeno, quattro case in croce in provincia della civilissima Ferrara, convoca una conferenza stampa in cui sostiene che aumenterà l’Imu a chi accoglie i profughi, l’operatore dell’informazione che gli sta davanti deve avere chiaro in testa che questa non è una notizia ma una cagata. E’ una cagata, non perché il sindaco di Bondeno sia un imbecille e la sua opinione non vada rispettata, ma perché, semplicemente, non rientra nei poteri di un primo cittadino aumentare l’Imu secondo criteri del cavolo, come le persone che io, libero cittadino, mi tiro in casa. La “verità putativa dei fatti”, come ti spiegano nei corsi, è che questo signore ci ha convocato soltanto per avere un suo spazio – e gratis – nei giornali in cui amplificare e far rimbalzare il suo poco riverito nome in quel fognaio di urla razziste che ammorbano l’informazione e le menti dei lettori più… deboli. Onde per cui, non c’è nessuna notizia da scrivere, se non che il sindaco di Bondeno è quel mentecatto che tutti conoscevamo. Il giornalista a questo punto, deve fare una sola cosa. Chiudere il taccuino, salutare il signor sindaco (ma questo è facoltativo) e andarsi a cercare qualcosa di più interessante da scrivere.

Adesso, sono il primo a riconoscere che non sempre è così facile. Come comportarsi quando è un eurodeputato a vomitare razzismo? Non sempre è possibile chiudergli il microfono in faccia. Interrogazioni, proposte di legge chiaramente xenofobe sono notizie che non si possono non dare. In questo caso, è importante non amplificarle (ce lo ha detto il dottore di invitare Salvini in ogni trasmissione?), ricollocarle nel giusto contesto, e segnalarle alla magistratura se violano leggi come l’istigazione all’odio razziale o l’apologia del fascismo.

Tutte cose queste, che non possono fare solo i giornalisti. Categoria sempre più ai margini del sistema comunicativo. #nohatespeech si rivolge anche ai lettori, perché segnalino alle redazioni articoli e commenti razzisti o fomentatori d’odio. L’appello chiede a tutti coloro che usufruiscono del mezzo comunicativo di “isolare chi esprime discorsi di odio, di non intavolare con loro alcun dialogo, nemmeno attraverso risposte indignate, e di evitare qualunque atto che possa anche parzialmente legittimarli come soggetti di un confronto”.
E questo è un punto molto, molto importante. Se cade il muro che ci impedisce di legittimare il razzismo come una opinione tra le tante, cadono i presupposti della nostra democrazia. E stiamo bene attenti, perché questo muro può cadere anche nelle nostre stesse teste. Ricordiamoci sempre, quando ci viene la baldracca idea di provare a far ragionare un nazista, che il razzismo non è una opinione ma un reato. Come il diritto di stupro.

L’appello dell’associazione Carta di Roma si rivolge anche alle testate giornalistiche, chiedendo loro di bannare quei feroci commenti che si trovano sotto gli articoli di cronaca e scritti per di più da persone malate ma non per questo meno pericolose. Qualche giornale lo ha fatto. Un bel po’ di cortesi ma determinate segnalazioni alle testate on line che non lo hanno ancora fatto potrebbe risultare vincente.

Più difficile sarà convincere i proprietari o gli amministratori dei social network a fare altrettanto ed a bannare pagine razziste o fasciste. I vari signori Zuckerberg sembrano più interessati a contare soldi che ad intervenire con dei provvedimenti che, alla fin fine, gli fanno solo perdere clienti. Preferiscono trincerarsi dietro ad una ipocrita difesa di una democrazia e di una libertà di pensiero che è proprio lo scudo di chi sparge violenza per sopprimere democrazia e libertà di pensiero.
Qui potete leggere, a magari anche sottoscrivere, l’appello #nohatespeech. Se lo facciamo in tanti, forse riusciremo a convincere anche i vari signori Zuckerberg.

Riccardo Bottazzo

Sono un giornalista professionista.
La mia formazione scientifica mi ha portato a occuparmi di ambiente e, da qui, a questioni sociali che alle devastazioni dei territori sono intrinsecamente legate. Ho pubblicato una decina di libri tra i quali “Le isole dei sogni impossibili”, edito da Il Frangente, sulle micronazioni dei mari, e “Disarmati”, edito da Altreconomia, che racconta le vice de dei Paesi che hanno rinunciato alle forze armate. Attualmente collaboro a varie testate cartacee e online come Il Manifesto, Global Project, FrontiereNews e altro.
Per Melting Pot curo la  rubrica Voci dal Sud.