Riceviamo e, volentieri, pubblichiamo questo articolo.
Molti consolati italiani nel mondo presentano atavici problemi di comunicazione con l’utente. Negli ultimi tempi tre di questi consolati (a Kiev, a Mosca ed a Bucarest) hanno istituito un “esclusivo” servizio di comunicazione a pagamento. Si tratta di call-center telefonici atti a fornire informazioni, prenotare appuntamenti, svolgere colloqui preliminari. Questo sistema, però, presenta quattro grossi difetti:
1) non è possibile comunicare con il Consolato in altro modo o, almeno, è estremamente difficile;
2) questi servizi hanno un costo che si aggira intorno ai 2,00 euro al minuto (lire 4.000 del vecchio conio circa al minuto);
3) gli addetti a questo servizio sono persone del posto, capiscono e parlano male la lingua italiana (ove serva) e male o poco conoscono la normativa nostrana, per cui finiscono spesso per fornire informazioni errate, o non fornirle affatto, ai quesiti non usuali, e, come da molteplici segnalazioni, non brillano certo per cortesia;
4) il servizio è molto lento (centralino automatico iniziale, con preselezione a tastiera dei servizi) e gli addetti, spesso, volutamente o no, perdono tempo.
Se si prova a telefonare dall’Italia, il telefono è sempre occupato o non risponde nessuno. Nelle rare volte in cui si riesce a prendere la linea, si viene invitati a chiamare dal posto il call-center o a scrivere. Insomma, per telefono dall’Italia, nessuna informazione.
L’iniziativa di un call-center a pagamento è nata dal consolato italiano a Kiev, si è estesa al consolato di Mosca e poi a Bucarest (non sono noti altri casi). Nel sito web del consolato di Mosca viene segnalato che gli introiti delle telefonate non sono incassati assolutamente dalla istituzione italiana, ma dall’impresa locale che gestisce il servizio ed il fatto è molto grave, per due motivi:
1) l’Italia appalta parte dei propri servizi burocratici di competenza statale ad una ditta privata straniera;
2) è noto che in posti come l’Ucraina, la Russia, la Romania, attività in nero e corruzione sono all’ordine del giorno e, non apparendo credibile che l’attribuzione di una attività così redditizia, come quella di un call-center a pagamento, avvenga senza il pagamento di una qualsiasi “tangente”, non ci si può non domandare chi potrebbe intascare “commissioni” da questo affare.
Due conti in tasca, allora. Sembra che la media delle pratiche (visti in prevalenza, ma anche legalizzazione di documenti o altro) richieste per questi consolati si aggiri complessivamente intorno alle 80.000 unità all’anno (i visti poi concessi sono circa un 25% o anche meno). Se si somma a questo numero un 25% di telefonate a cui non fa seguito un appuntamento o una procedura, si raggiunge uno stimato numero di 100.000 chiamate ai call-center ogni anno.
Una telefonata sembra avere in media una durata di circa 15 minuti, con un introito della ditta che gestisce il servizio di circa 30,00 euro.
I costi locali sono, ovviamente bassissimi. Si tenga conto che uno stipendio medio locale si aggira intorno ai 60 euro mensili. E’ come se in Italia, per fare un certificato di nascita al comune, dovessimo prenotare telefonicamente, spendendo per la telefonata circa 1.000 euro (metà di uno stipendio medio)!!!
Il personale viene dunque a costare tra i 50 ed i 100 euro al mese e le telefonate hanno un costo unità di centesimi. Si può, quindi, valutare un costo imprenditoriale di 0,50 centesimi per telefonata. Calcolando un ricarico per l’impresa del 100%, una telefonata dovrebbe procurare ad una ditta locale l’introito di circa 1,00 euro per 15 minuti affinché possa ritenersi remunerativa dal punto di vista imprenditoriale.
Se i dati ed i conti stimati sono verosimili (in parte sono desunti da una e-mail del M.A.E.), come già detto, non ci si può non chiedere dove finiscono, allora, i circa 29,00 euro di differenza per telefonata?
Dove finiscono i circa 2.900.000 euro (circa sei miliardi delle vecchie lire) ogni anno di introiti extra-remuneratività imprenditoriale (si tenga conto che il potere d’acquisto di questi soldi in quei paesi va moltiplicato per un fattore dieci – 60 miliardi delle vecchie lire). Sono un gentile omaggio fatto all’impresa locale o, magari, ad essere mal pensanti, vanno a costituire forse dei fondi per i Consolati da gestire in nero?
La domanda non appare certo di poco conto!!!
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Note
Fonte parziale dati: e-mail del M.A.E. ad un utente (noto) che chiedeva informazioni per il ricongiungimento dei suoceri.
Omissis La normativa vigente in materia di diritto alla coesione familiare – da lei richiamata - è ben nota a questa Amministrazione, chiamata quotidianamente alla sua puntuale applicazione (i nostri Uffici hanno concesso 87 mila visti per ricongiungimento nell’anno appena concluso). Omissis
Se sono 87.000 i visti per ricongiungimento, quanti sono gli altri (turismo, lavoro, ecc.)?
Oltre ai visti vi sono le pratiche di cittadinanza, affari, riconoscimento titoli di studio, ecc..
Quante sono? Se si valutano complessivamente, in tutto il mondo 1.000.000 di pratiche varie, appare congrua la stima di 80.000 per i tre consolati (molto utilizzati)?
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